Gesù ci salva, lo sappiamo, ma, da cosa ci salva? L’angelo Gabriele annunciò Gesù dicendo: “Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è Lui che salverà il suo popolo dai loro peccati”. (Matteo 1:21) Come? Salvati dai nostri peccati? Cosa significa? Quando affrontiamo il concetto di Gesù come Salvatore intendiamo che noi dobbiamo essere salvati da qualcosa e che siamo degli individui a cui Dio tiene ed ha deciso di riscattare. Lui si prende cura di noi. Non è possibile essere più precisi di così; se andiamo a scavare nelle nostre radici scopriamo che siamo stati creati a immagine di Dio.

In Luca 15 Gesù raccontò delle storie di come Dio andò alla ricerca di diverse cose smarrite. Una donna perse la sua moneta e la cercava perchè era preziosa per lei; il pastore perse la sua pecora e l’andò a cercare. Nel caso del padre che perse un figlio, entrambi portatori dell’immagine di Dio, il padre non andò a cercarlo, nè lo costrinse a tornare. Ciò che è messo in evidenza in questa storia è l’interesse e il desiderio struggente del padre di salvare il figlio. Noi siamo preziosi per Dio ma siamo mancanti, distanti da Lui.

Precedentemente abbiamo discusso che Dio è amore, della relazione con Dio e che siamo fatti a Sua immagine. Si è letto nella prima lettera di Giovanni capitolo 4 i passi che dicono: “Nessuno ha mai visto Dio;”  “Se ci amiamo gli uni gli altri…”  “Dio è invisibile”,  lo Spirito invisibile che non riusciamo a vedere. In questo passi scopriamo che Lui ci incoraggia a sperimentarLo in un modo sorprendente. “Nessuno ha mai visto Dio…”, il concetto non finisce qui, questa non è la fine della frase e continua: ” se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il Suo amore diventa perfetto in noi”. Quando ci amiamo gli uni gli altri non è che all’improvviso si riesca a vedere Dio fisicamente ma si inizia a sperimentare il Suo amore tramite l’amore che ci scambiamo a vicenda.

La chiesa, il corpo di Cristo, diventa la nostra famiglia di fede; è il luogo dove ci alleniamo e cerchiamo di mettere in pratica questi principi non solo insieme a persone con cui ci troviamo d’accordo ma si include e si lavora insieme a coloro che magari non la pensano esattamente come noi. La sfida si trova nel fatto che uno deve avvicinarsi ad altri individui, e sappiamo bene che noi esseri umani rappresentiamo una dura prova. Siamo fatti ad immagine del glorioso Dio che amiamo e come tali dovremmo essere in grado di stare bene insieme ad altri ma siamo consapevoli che la realtà non è proprio così.

Cos’è ciò che ci rende umani? Cos’è ciò che ci fa essere degli individui così sbilanciati che spesso vanno a finire fuori strada? Voglio dire, l’essere umano è a volte paradossale. Si potrebbe illustrare il concetto facendo un gioco insieme, quindi, giochiamo a “Descrivere l’essere umano”! Di seguito elencherò delle caratteristiche e voi dovrete dirmi se descrivono o no il genere umano, va bene?

Cominciamo! “Razionale” (Pubblico: si!), bene. “Irrazionale” (Pubblico: si!). “Civile” (Pubblico: si!). “Selvaggio” (Pubblico: si!). “Socievole” (Pubblico: si!). “Ostile” (Pubblico: si!) bene. “Pacifico” (Pubblico: si!) “Violento” (Pubblico: si!”). Vi rendete conto che questi termini sono degli opposti, vero? Ok, “creativo” (Pubblico: si!) “Distruttivo” (Pubblico: si). “Onesto” (Pubblico: si), “disonesto” (Pubblico: si).

Iniziate a capire ora? Sembra che l’umanità sia una specie capace di donarci sia un Hitler che un Handel, Allelluia! Ci dona sia una madre Teresa che un Jack lo Squarciatore. La maggior parte di noi si trova nel mezzo di questi due estremi e diciamo che possediamo dentro di noi questo strano miscuglio di entrambe l’essenze. C’è qualcosa di affascinante nella natura della nostra umanità. Cerchiamo di ricordare però che soltanto tramite l’interazione che abbiamo l’uno con l’altro si potrà arrivare veramente a sperimentare l’amore di Dio di cui parla la prima lettera di Giovanni 4.

Uno dei punti che abbiamo affrontato al Meeting House è l’importanza di continuare a capire cosa significhi contemplare il volto di un’altro essere umano e tenere presente che quella persona è un glorioso portatore dell’immagine del Dio che amiamo. Dovremmo considerare che abbiamo l’opportunità d’interagire e di coinvolgerci con qualcuno che in piccola o grande misura rappresenta Dio per noi e ci mostra parte del Dio che amiamo. Capiamo anche che siamo dei portatori imperfetti della Sua immagine, siamo dei peccatori, quindi l’immagine che trasmetteremo agli altri non sarà sempre un riflesso accurato di Dio, ciò nonostante, desideriamo scoprirla in ogni persona. Desideriamo vedere il valore della moneta che è andata persa, della pecora perduta, del figliolo perduto. Vorrei tenere presente nella mia mente il pensiero: “Cristo diede la Sua vita per questa persona”. Cosa accadrebbe nella nostra comunità se ognuno di noi si sforzasse ogni volta che contemplasse il volto di un’altro e tenesse quel pensiero in mente? Se afferrassimo quel pensiero invece di giudicarci gli uni l’altri come facciamo spesso nella nostra mente pensando cose del tipo: “Non posso credere ai miei occhi che si sia vestito in quel modo!” “Ma che ha detto quello?” “Lei dovrebbe prendersi meglio cura dei suoi figli.” “Ma che maleducati!” “Come osa..?” “Hai dei problemi caratteriali…vero?” “Non mi guardare in quel modo!” “Come mai…?”  “tu hai il cuore ferito, ecco perchè parli così di me”…E così via, pensieri del genere girano di continuo nella nostra mente, giudichiamo tutti intorno a noi e tutte le persone che incontriamo.

Nella nostra chiesa ci siamo esercitati cercando di guardare bene ogni persona che incontriamo e di tenere fermo un pensiero positivo in mente mentre lo facciamo e di bloccare pensieri del tipo: “Lei dovrebbe raccogliere i bisogni del suo cane!” “Non lo ha ancora raccolto del tutto!” “Signora, stia attento a suo figlio!” “Quello che fa non è molto sicuro.” “Attenzione!” “Voi dovreste…!” Il pensiero che dovremmo tener presente invece è: “Questa persona ha un valore inestimabile per Dio!” Come sarebbe bello se lo facessimo diventare veramente il nostro primo pensiero appena iniziamo a relazionarci con qualcuno. Possiamo cominciare a farlo diventare una realtà all’interno della nostra comunità.

Cerchiamo di proiettare delle immagini di volti nella nostra mente, magari guardando una rivista cercando di osservarli bene. Questo esercizio ci aiuterà a  metterlo in pratica nella realtà quando ci troveremo faccia a faccia con qualcun’altro. A cosa pensiamo? Siamo grati di trovarci nella privilegiata presenza di un altro essere umano? Guardiamo bene questi volti e diciamo nella nostra mente: “Ecco una persona per la quale Cristo diede la Sua vita”. “Ecco un’essere di valore inestimabile per Dio”. “Qui si vede qualcuno che Dio ama e che anch’io desidero amare”. “Questa è una persona che desidero servire”. “Ecco qualcuno fatto ad immagine di Dio capace di rivelarmi una parte di Dio stesso, anche se sono cosciente che lo farà in modo imperfetto”.

Prendiamo qualche momento per cercare di mettere in pratica questo concetto. Una di quelle persone alle quali abbiamo pensato, potrebbe avere un grande futuro davanti a se, magari andrà incontro a dolori, delusioni, gioie e piaceri. Preghiera: “Dio, insegnaci tramite quella persona, dimostraci il Tuo amore, aiutaci a renderle onore e rispetto.” Mentre osserviamo i volti delle diverse persone; giovani e anziani, maschi e femmine, persone di diverse razze, età e fasi nella vita, possiamo dichiarare: “Essi sono preziosi agli occhi di Dio e quindi saranno preziosi anche a me!”

Qual’è l’idea centrale di oggi? Siamo tutti quanti un misto: ciò che Dio ha creato, ciò che Satana ci ha tentato a diventare e ciò che lo Spirito Santo è riuscito a plasmare in noi. Osservando i volti di queste persone siamo coscienti del fatto che se facciamo il passo di avvicinarci ad essi, potrebbero farci del male, deluderci, qualcosa potrebbe andare storto nella loro vita, cosa che mi fa riflettere sulla mia persona. Peraltro, questo è anche il motivo per il quale considero cattiva teologia dichiarare: “Beh, Dio mi ha fatto così, sono di natura una persona introversa ed è per questo che non parlo con gli altri”! Di solito sto attento a non limitarmi ai profili di personalità perché è facile confinarci a ciò che viene scritto su di noi. Siamo un misto di ciò che siamo, di ciò che dovremmo essere e di ciò che non dovremmo essere. Non possiamo limitarci a dire che siamo fatti in un certo modo e basta perché magari non è così, forse Dio ha in mente qualcosa di meglio o di diverso per noi.

Daremo uno sguardo a due passaggi delle Scritture; il primo si trova nel libro della Genesi e l’altro nella lettera ai Romani. Il tema che affronteremo fa parte della teologia antropologica cioè, lo studio di ciò che significa essere umani e anche della hamartiologia che è basata sulla parola “hamartia”. “Hamartia” è un altro termine per la parola “peccato” nel Nuovo Testamento. Approfondiremo ciò che vuol dire essere umani ma anche ciò che significa essere un portatore imperfetto dell’immagine di Dio; un peccatore.

Nella Genesi nel capitolo 1:26-28 troviamo la creazione dell’umanità: “Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».” “Che abbiano dominio”, ci è stato consegnato un tipo d’autorità e di padronanza, qualcosa che definisce la razza umana. Siamo stati dotati di un potere creativo, di un’autorità e di una padronanza che gli animali non possiedono. Il regno animale non crea culture o società che si estendono, dominano e condizionano la vita di tutti. Noi possediamo l’abilità di dominare, di spingere e d’introdurre la nostra cultura e società nel mondo, a differenza delle altre speci.

Nessuno si pone la domanda se noi siamo la specie dominante o no, la vera domanda è: “Come dovremmo agire a riguardo?” Prenderemo questo fatto come un privilegio per far si che il mondo sia al servizio dei nostri bisogni o lo interpreteremo attribuendone un senso biblico? Il senso biblico è che questa padronanza ci è stata concessa da Dio per amministrare e per prenderci cura della terra e che il nostro compito consiste nell’aiutare il pianeta a raggiungere il suo massimo potenziale. Il libro della Genesi 1:27, 28 dice: “ Dio creò l’uomo a Sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra».

“L’immagine di Dio”, in latino “Imago Dei” è una frase che sentiamo menzionare spesso all’interno dei cerchi teologici; si riferisce ad una parte sostanziale della nostra essenza, è parte di quello che siamo e di come siamo stati creati; siamo dei gloriosi portatori dell’immagine del divino. 

L’immagine di Dio ci è stata conferita, come viene evidenziato in questo passaggio di scrittura, e continua ad essere parte di noi anche dopo la caduta quando il peccato si insinuo’ all’interno dell’equazione. Nelle Scritture siamo chiamati ripetutamente ad essere portatori dell’immagine di Dio. Ciò nonostante, l’immagine di Dio in noi subisce un brutto colpo, noi la corrompiamo, la Sua immagine è sempre presente ma in noi è corrotta.

Nel Nuovo Testamento troviamo dei passi dove lo Spirito Santo si adopera a rinnovare, rifare e ristabilire l’immagine di Dio in noi. La scomparsa della Sua immagine nella nostra persona non viene mai menzionata nelle Scritture. Non cessiamo mai d’essere portatori dell’immagine di Dio, ogni persona lo è, ma è un’immagine piuttosto danneggiata, guasta, frantumata finché lo Spirito Santo non si adopera a guarirla e ripararla. Mentre lo Spirito Santo è al lavoro su di noi ci viene chiesto di tenere i nostri occhi fissi su Gesù perchè Lui è un esempio concreto dell’immagine di Dio. Gesù personifica l’immagine di Dio senza difetti rivelata attraverso la sua umanità e guardando Gesù siamo in grado di percepire ciò che questo significa. Allo stesso tempo lo Spirito Santo lavora dentro di noi per aiutarci a diventare ciò che dovremmo essere, ed entrambi collaborano insieme, assistendoci a personificare la Sua immagine perfetta.

I teologi hanno discusso a lungo attraverso i secoli sul significato dell’ immagine di Dio”. Si sono fatti domande del tipo:

“Si riferisce ai nostri corpi fisici?”

“Si parla invece del nostro intelletto, delle nostre emozioni e creatività?”

Alcuni dei primi teologi appartenenti alla chiesa primitiva rimarcarono la differenza tra i termini “immagine” e “somiglianza” e discussero che forse “immagine” si riferisse a una cosa e “somiglianza” ad un altra. Ma il passaggio di Scrittura che abbiamo appena letto è un esempio di parallelismo ebraico, cioè, dice la stessa cosa in diversi modi e quindi i termini “immagine” e “somiglianza” in questo caso vengono utilizzati come concetti paralleli. In questo caso ci troviamo in dissacordo con alcuni dei primi teologi.

Il fatto di separare “immagine” e “somiglianza” in due concetti diversi fu al centro della discussione teologica per un periodo . Cosa significa essere fatti a immagine e somiglianza di Dio? Alcuni dei punti dove i teologi si trovarono d’accordo furono tre:

– il punto di vista sostanziale sostiene che la nostra essenza si trova nell’immagine di Dio e non possiamo sbarazzarci di essa. Se si è un essere umano si è fatti ad immagine di Dio; è ciò che siamo, non si tratta di qualcosa che ci può appartenere o no o di qualcosa che facciamo ma di una parte intrinseca del nostro essere.

– Il punto di vista relazionale sostiene che la Sua immagine è chi siamo e noi siamo fatti all’immagine di Dio che è di natura relazionale, comunitaria e unitaria. Noi siamo stati creati per stare in relazione e non possiamo sfuggire alla nostra natura. Viviamo pienamente l’immagine di Dio quando siamo in relazione con gli altri. La prima volta che il termine “immagine” viene menzionato nelle Scritture è nel contesto della relazione tra Adamo ed Eva. Leggiamo che non è buono che le persone siano da sole.

– Il punto di vista funzionale o reale sostiene che l’immagine esiste per un proposito al di là di noi stessi. Incarnare l’immagine di Dio è qualcosa che semplicemente siamo, l’immagine di Dio ci guida a vivere in relazione nel modo giusto e tutti noi siamo chiamati insieme a rappresentare il nostro Re al resto del pianeta. Lui ci ha concesso l’autorità di prenderci cura della terra.

Facciamo un quiz!

Vediamo se riuscite a ricordare cosa è stato creato in ciascun giorno della creazione: Primo giorno: separò la luce dalle tenebre. Secondo giorno: Acqua, aria e cielo. Terzo giorno: la terra. Quarto giorno: Sole e luna. Quinto giorno: Pesci e uccelli. Sesto giorno: animali e al di sopra di tutte le creature ci siamo noi, gli esseri umani. Diversi teologi, critici testuali e antropologi di culture antiche hanno evidenziato che questo capitolo della Genesi tocca diversi temi su diversi livelli. La struttura stessa del capitolo dichiara la sovranità di Dio al di sopra delle divinità pagane. Il libro della Genesi fu scritto nel periodo in cui esistevano diverse culture che adoravano il sole, la luna, le stelle, gli elementi, la natura, insomma una serie di dei diversi perciò, avere un testo che dichiarava che Dio aveva creato tutto sottolineava il fatto che l’autorità di Dio è al di sopra di tutte le altre religioni. La struttura presentata nel primo capitolo della Genesi menziona per primo il regno e poi coloro che lo governano. Il tutto è presentato in un linguaggio poetico sottolineando un concetto teologico. Il tema centrale è l’autorità, parla di chi governa; il sole e la luna governano il giorno e la notte. I pesci e gli uccelli hanno autorità sull’acqua e il cielo e gli animali l’hanno sulla terra. Dopo tutto questo elenco ci siamo noi, fatti secondo l’immagine di Dio, l’immagine del Creatore di tutto quanto. Noi siamo i portatori della Sua immagine e come tali abbiamo la responsabilità di prenderci cura della Sua creazione. L’intero capitolo sottolinea l’autorità che abbiamo.

I teologi sono divisi in diversi campi tra quelli che sostengono il punto di vista sostanziale, relazionale , reale e vocazionale. Nonostante queste diverse vedute è possibile essere d’accordo con tutte perché l’essere creati secondo l’immagine di Dio ci permette di fare questo e tanto altro.

Nel primo capitolo della Genesi, ciò che è bello è chiamato “buono”, anzi “molto buono”. Pochi capitoli dopo  in Genesi 4 troviamo Caino che uccide Abele. Ciò che era iniziato come “molto buono” diventò “molto cattivo”. Ci è voluto soltanto una generazione per passare dal “molto buono” al “molto cattivo”. Cosa succede a questo glorioso privilegio e responsabilità di ciò che vuol dire essere un essere umano se viene corrotto? La Bibbia lo chiama “peccato”. Il peccato è la forza che corrompe; composto sia dalle diverse azioni sbagliate che mettiamo in atto o dalle cose che trascuriamo. Oggi giorno è una sfida parlare di peccato con le persone perché da una parte viene banalizzato, utilizzato nelle strategie commerciali, promosso come qualcosa di birichino ma divertente, tipo: “mamma mia, questo è peccaminosamente delizioso, proviamolo”! Altri invece quando si parla loro di peccato hanno una reazione linguistica che si oppone alla parola “peccato” come se volessero dire: “Io non pecco, non siamo dei peccatori, siamo soltanto delle persone e basta!” Il teologo Michael F. Bird ha detto che spesso affrontando questo tema con gli altri si trova un muro. Le persone sono coscienti di non essere perfette; basta leggere il giornale e guardarci intorno per accorgercene. Per qualche motivo  molti sono allergici alla parola “peccato”. Può darsi che sia dovuto al fatto che il mondo religioso abbia utilizzato questo termine in modo sbagliato per tanto tempo per martellare le persone. Il teologo si è reso conto che appena utilizzava un altro termine per esprimere la parola“peccato”, le persone riuscivano ad affrontare il tema più apertamente. Così lui suggerisce di sostituire la parola “peccato” con la parola “male” e di porre la domanda: “Pensate che esista il cosidetto “male” nel mondo?” “C’è per caso del male in atto in questo momento?” Un approccio del genere potrebbe aiutare le persone ad essere più aperte a dialogare su questo tema.

Da dove proviene il male? Che influenza ha il male sugli altri? Pensate che le persone siano divise tra malvagie e buone o che ci sia un po’ di entrambe queste qualità dentro ognuno di noi? 

Faccio una parentesi interessante. Dopo l’era dell’ Illuminismo e Napoleone nella società occidentale ci fu un periodo relativamente libero da grandi conflitti armati e c’è da dire che molta teologia è stata ideata dai bianchi per i bianchi, vero? Quindi, molto di quel pensiero nacque durante quell’ epoca. La teologia liberale di allora ipotizzava che il peccato originale fosse ereditario e perciò non si applicasse più alle persone in quanto la situazione del mondo era in costante miglioria. Molti sostengono quel pensiero tutt’oggi. I teologi di quel tempo sostenevano quel pensiero perché vivevano in un periodo di relativa pace fino all’ inizio della prima guerra mondiale che fece cambiare idea a tanti. Quella guerra fu chiamata “la guerra per mettere fine a tutte le guerre” ma dopo iniziò la seconda guerra mondiale e la teologia iniziò a porsi delle domande. Oggi giorno la maggior parte dei filosofi sia atei che credenti e dei teologi hanno abbandonato quel pensiero da tempo e tra loro ci sono dei post-illuministi che cercano di spiegare tutto attraverso lo studio pensando che il bene intrinseco dell’ essere umano verrà fuori.

Avete mai guardato il film “La notte del giudizio” diretto da James DeMonaco? E’ un film abbastanza violento ma trovo il concetto piuttosto affascinante. Cosa accadrebbe se tutti i limiti esterni imposti dalla società venissero rimossi? Cioè, se si potesse vivere in modo anarchico per 24 ore senza forze dell’ordine o servizi d’emergenza? Cosa accadrebbe se durante quel lasso di tempo le persone fossero libere di fare quello che vorrebbero? Cosa fareste in una situazione del genere?

Siamo coscienti che c’è qualcosa di sbagliato in tutti noi, perciò i film di questo genere potrebbero essere plausibili. Cosa accadrebbe se i limiti fossero rimossi? Ci verrebbe da aiutare il vicino? ”Non posso assicurarvi nulla ma questo film mette in dubbio tante cose. Il 17 Ottobre del 1969 nella città di Montreal in Canada i servizi pubblici di emergenza (polizia e pompieri) durante i negoziati per un rialzo dello stipendio scioperarono per 16 ore.  Lo sciopero ebbe inizio alle 8 del mattino e sembrava che tutto andasse bene ma la situazione peggiorò velocemente. Ci furono numerose rapine nelle banche, faide personali eseguite in piena luce e in aumento con il calare del giorno. Ci fu un caso in cui una compagnia di taxi che era in brutti rapporti con la compagnia delle limousine per motivi di contratto si organizzò e andò a bruciare le macchine dei loro concorrenti dove una persona perse la vita. La gente che abitava in centro città iniziò a spaccare le vetrine e a rubare degli oggetti…tanti scusavano il loro comportamento pensando che poiche’ non stavano uccidendo nessuno ne appiccando un incendio ma cercavano solo di prendere un televisore gratis o qualcos’altro, cio’ non fosse così sbagliato. Ci fu un tipo di follia collettiva dove persone che non avrebbero mai fatto una cosa del genere la fecero. Gli unici negozi a non essere derubati furono quelli dove i propietari difesero il loro territorio con in mano un’arma da fuoco. Quando non ci sono dei limiti qualcosa scatta dentro di noi, qualcosa di non bello che dovremmo riconoscere come peccato. Se non ce la sentiamo di chiamarlo “peccato” allora chiamiamolo “male”; è reale.

Un altro passo da leggere è Romani 5:12: “Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo…” Sappiamo bene che il peccato è stato introdotto nel mondo sia per mezzo di Adamo che di Eva, ma qui fa riferimento specificamente ad Adamo perché si serve di lui per fare un paragone con Gesù durante tutto il passo. Oggi leggeremo soltanto questo passo ma vi suggerisco di leggere tutto il capitolo. Ripeto: “Perciò come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo”; noi abbiamo ricevuto il peccato a braccia aperte. C’è chi dice che non è colpa nostra perché non siamo stati noi di persona ad introdurre il peccato nel mondo e si chiede come mai ci venga attribuita la colpa. Questo è un pensiero molto occidentale, individualista per nulla societario o comunitario. Nel mondo, nel percorso della storia c’è stata la consapevolezza che quando il popolo fa qualcosa sia nel bene o nel male coloro che fanno parte di quel gruppo di persone si prendono le loro responsabilità. Diverse nazioni europee hanno dovuto pagare riparazioni o indennizzi ad altre nazioni per coprire i danni causati durante una guerra. Magari vi chiederete come mai le vostre tasse dovrebbero coprire quelle spese, dato che non ci entrate nulla con cio’ che e’accaduto nel passato. Nel nostro caso c’è da riconoscere che come popolo abbiamo ereditato dei privilegi, ricchezze e terre, quindi ereditiamo tutto ciò che è buono e lo chiamiamo nostro, ma ci sono anche delle responsabilità vincolanti; la responsabilità societaria è un’esperienza umana vera perché siamo stati creati per stare insieme. Tornando al passo di prima: “Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato”. La conclusione è che non siamo delle semplici vittime perché alla fine abbiamo peccato tutti, e tutti noi abbiamo fatto la stessa scelta e perciò abbiamo bisogno di essere perdonati e in un certo senso liberati.

Se tiriamo una riga qui, se iniziamo con il nostro peccato, quale sarebbe la cura? Quale sarebbe l’antidoto? Cosa ci aiuterebbe a tornare nella strada giusta? Dal punto di vista di Dio la Sua grazia ci guida verso il Suo perdono e anche verso ciò di cui parlano le Scritture; una purificazione per avere una nuova vita. Noi rispondiamo alla suddetta grazia con la fede e anche con qualcos’altro che non è per niente popolare come nel caso della parola “peccato” e cioè: il “pentimento”! Pentirsi significa cambiare opinione, cambiare prospettiva, cambiare il nostro modo di pensare su qualcosa e poi metterlo in atto. Significa smettere di fare finta dichiarando d’essere a posto quando non è così. Il primo passo consiste nel riconoscere che abbiamo bisogno di cambiare il nostro modo di pensare. Dopo aver capito saremo poi in grado di pensare in modo diverso e di comprendere meglio il nostro bisogno d’aiuto. Se ammettessimo di avere un problema ci renderemmo conto che la via verso la guarigione non consite soltanto in dire a Dio che ci dispiace ma anche in comunicarlo ai nostri fratelli e sorelle chiedendo loro di aiutarci. C’è bisogno di parlare in modo onesto ed aperto con qualcuno riguardo alle nostre debolezze.

Ogni volto che guardiamo o persona che incontriamo dovrebbe ricordarci che ognuno di loro è prezioso agli occhi di Dio e che Cristo donò la Sua vita per loro. Ogni persona che incontriamo è anche qualcuno che potrebbe aiutarci a diventare più come Gesù. Ogni persona che incontreremo sarà o un modello positivo dell’immagine di Dio da cui potremmo imparare, trovare incoraggiamento ed essere influenzati se fosse possibile a diventare più come Cristo oppure l’opposto, se finiamo per interagire con qualcuno che è un cretino allora ci darà l’opportunità di rispondere nello stesso modo in cui Gesù rispondeva a persone come loro.

Sapete cosa? Noi vediamo molto del carattere di Cristo non solo nel modo in cui Lui andava d’accordo con i Suoi discepoli ma su come interagiva con le persone che lo aggredivano, con i veri cretini. Nelle scritture possiamo constatare che la Sua grazia non è finta ma qualcosa di bello come la Sua compassione, come quando perdonò coloro che lo stavano uccidendo. Perciò, se incontriamo qualcuno di quella categoria possiamo vederlo come un’opportunità per rinforzare i nostri muscoli sotto quell’aspetto della nostra vita spirituale e anche come una mano per aiutarci a diventare più come Gesù. E’ questo ciò che lo Spirito Santo vuole operare in te. Ecco dove l’esempio di Gesù ci guida, il Suo Spirito cambia proprio il nostro modo di vedere gli altri e anche il nostro punto di vista sulle persone che a noi sembrano cretine o cattive; che privilegio: essi sono preziose agli occhi di Dio e ci aiutano a diventare più come Gesù!

Nessuna interazione con qualcuno sarà sprecata per noi e saremo sempre su “suolo sacro” in ogni conversazione. Preghiamo e chediamo a Dio: “ Sto rifiutando di pentirmi?” “Mi sto rifiutando di ripensare in qualche area della mia vita?” “Sto in qualche modo aggrappandomi alla mia propria cretinaggine?” Poiche’ tutti noi conosciamo delle persone spiacevoli nessuno vuole ammettere di esserlo, ma la verità è che tutti quanti noi siamo dei cretini di tanto in tanto e abbiamo bisogno del perdono. Il cretino dentro di noi ha bisogno di essere perdonato. Quindi dobbiamo perdonare i cretini intorno a noi e chiedere a Dio di aiutarci a crescere. Se essi non volessero cambiare, ringrazieremo sempre Dio per l’immagine di Lui che loro rappresentano. Nel frattempo cerchiamo di mettere in pratica e vivere questi principi. Questa chiesa crescerà, fiorirà e si fonderà come una comunità che non nasconde il suo peccato,  semplicemente onesta e lo sottometterà a Gesù. Conformiamoci alla Sua immagine, io vorrei tanto essere parte di una comunità di persone così.

Preghiamo: “Padre, grazie per ciò che il tuo Spirito Santo sta operando dentro di noi. Tu ce lo hai promesso. Conformarci all’immagine di Cristo che è l’immagine della perfezione, l’essere umano perfetto. Padre, grazie per l’esempio di Cristo verso il quale ci possiamo ispirare e da cui possiamo imparare. Ti ringrazio per come Tu utilizzerai tutte le persone nella nostra vita in modo positivo e negativo per aiutarci a conformarci a Gesù. Prego che oggi possiamo vivere questo concetto, questa mentalità questo grande valore su ogni conversazione, ogni interazione che avremo con gli altri. Desideriamo diventare più come Te. Nel nome di Gesù, preghiamo, Amen.

traduzione dall’inglese all’italiano Daniela Francy Giannelli