Il nostro essere creativo corrotto, raggiunge la sua piena creatività quando cerchiamo di giustificare le nostre azioni sbagliate al punto di auto ingannarci. Spesso ci si travia così tanto che non ci rendiamo neanche conto del pericolo. La nostra creatività in quel caso raggiunge il suo pieno potenziale e siamo capaci di inventarci e di immaginare un sacco di scuse e di motivazioni false sul perché delle nostre azioni fino al punto di allontanarci totalmente, cadere e dopo tutto, sentirci perfino delle vittime. Agire in quel modo permette alla nostra peccaminosità di aprire le porte e di portarci dove desidera incamminarsi in modo tale da non coinvolgere la nostra coscienza. E’ curioso, perché quando si segue quella via e si sbaglia alla grande, uno si sente vittima ignorando il fatto che si siano fatte tante scelte sbagliate, testarde e ribelli che ci hanno portato fuori strada. Spesso quando si guarda un film di solito ci identifichiamo con l’eroe e non con il personaggio cattivo, vero? Nessuno vuole essere il colpevole ma la vittima. Dobbiamo stare attenti alla creatività della nostra natura peccaminosa. Siamo degli esseri potenti creati a immagine di Dio, ci è stato donato il dominio sulla creazione per governarla come Dio avrebbe fatto. Lui utilizzò il Suo potere per creare nuova vita. Dovremmo collaborare con Dio, essere in comunione con il Suo Spirito aiutando a portare nuova vita e il meglio per la creazione, non a distruggerla. Qual è l’aspetto del potere utilizzato in modo sbagliato? L’essere umano ha il potenziale di corrompere la creazione, le vite, le relazioni e perfino se stesso. Il potere corrotto dal peccato ha un potenziale distruttivo enorme ferendo gli altri, noi stessi e Dio. “Poi DIO disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza…” (Genesi 1:26). La pluralità di Dio è meravigliosa, Lui comunica con Se stesso, in Lui c’è comunità e unità. Dio è di natura relazionale, Lui è amore! Dio ci ha creato a Sua immagine e abbiamo un sentire innato di relazionalità. Ci relazioniamo con il nostro proprio essere, con gli altri e con Dio. La versione corrotta della relazionalità sarà una versione di noi che causerà dei danni enormi alle nostre relazioni. Il peccato rappresenta una corrosione delle nostre relazioni con noi stessi, con gli altri e con Dio. La sessualità vissuta nel modo giusto diventa un’espressione del meglio di noi. La Bibbia dice che siamo degli esseri creativi, potenti e relazionali. La sessualità esprime tutte queste qualità. Tramite la sessualità c’è il potenziale di creare vita nuova! La versione corrotta della sessualità è un area dove la manifestazione della corruzione del peccato si manifesta più chiaramente. E’ triste che la cultura di chiesa tenda a non voler parlare apertamente di questo tema ma la sessualità è l’area dove la manifestazione della nostra peccaminosità è più tumultuosa e quindi dovremmo contrastarla. La cultura secolare ne parla apertamente ma senza dare l’esempio di come viverla in modo sano quindi, sta a noi farlo.”Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sostene, alla chiesa di Dio che è in Corinto…” (1 Corinzi 1:1,2). E’ interessante notare che l’apostolo Paolo fece riferimento alla “chiesa” di Corinto in modo singolare anche se erano tante piccole chiese per rimarcare che fossero uno in Cristo. Quindi è giusto avere una grande varietà di chiese essendo consapevoli che facciamo tutti parte della stessa squadra, tutti lavorando insieme per raggiungere diversi obbiettivi tramite diversi modi e punti di forza. Ovunque ci troviamo, è importante ricordare che siamo parte del corpo di Cristo. Le denominazioni possono rappresentare la nostra maggiore debolezza se il nostro cuore è controverso e competitivo. Dall’altra parte, le denominazioni possono rappresentare la nostra forza se abbiamo presente che siamo parte della stessa famiglia, ognuno manifestando diversi punti di forza. Dovremmo incoraggiarci a vicenda e utilizzare le nostre differenze per raggiungere quante più persone possibili. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per cambiare la situazione da negativa a positiva dal punto di vista denominazionale è cambiare il nostro cuore e l’atteggiamento che abbiamo verso la diversità esistente nel corpo di Cristo. “…alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Gesù Cristo, chiamati ad essere santi…” (1 Corinzii 1:2). La radice della parola “santificati” e “santi”, significa essere “messi da parte per un utilizzo particolare”. Un esempio pratico di questo principio è il mio completo da uomo, sono dei vestiti che indosso soltanto saltuariamente per certe occasioni speciali particolari come i matrimoni o i funerali. Perciò potrei dire che il mio completo da uomo è stato santificato, cioè, messo da parte per un proposito specifico, è santo. Nello stesso modo noi siamo santificati ma non per un proposito così particolare da essere classificato come un evento raro. Noi attraversiamo il processo di santificazione ogni giorno. Tanti devono indossare delle uniformi per andare a lavorare e l’uniforme va indossata solo durante il lavoro. Anche l’uniforme in quel caso è “santificata” perché è qualcosa che si indossa per un proposito specifico. La nostra vita intera è santificata per un proposito specifico; per manifestare il cuore di Cristo al mondo, per vivere la vita che Dio aveva originariamente creato per gli esseri umani. I nostri amici cattolici attribuiscono un significato diverso alla parola “santo”, per loro è un nome che si conferisce a qualcuno che ha vissuto una vita esemplare di vicinanza a Dio e lo ha manifestato. Di solito il titolo viene assegnato dopo la morte. Il termine santo nella cultura occidentale laica viene utilizzato in riferimento a persone di natura gentile e paziente, per esempio: “la mia mamma è una santa!”. La Bibbia invece utilizza il termine “santo” assegnandolo a tutti i credenti per rimarcare che abbiamo una chiamata e che siamo stati messi da parte per un proposito specifico. Forse non siamo all’altezza della nostra chiamata ma ciò non toglie la nostra santità, quindi dovremmo iniziare a vivere nel modo che Dio ha sempre inteso per noi. L’apostolo Paolo chiamò santi persone che sembravano tutt’altro. I credenti di Corinto erano molto confusi, erano persone che si erano dedicate a Cristo e che avevano accolto il Vangelo ma tristemente lo avevano utilizzato come un via libera per peccare. Nella loro comunità di fede stavano avendo problemi di natura sessuale come l’incesto, unioni con delle prostitute del tempio locale, divorzi e tanto altro. Avevano abbracciato anche l’ubriachezza come se rappresentasse la loro nuova libertà. Infatti, intrecciavano la religione insieme all’ubriacarsi al punto tale che durante la Comunione o Santa Cena c’erano perfino delle risse per il cibo e per il vino. La chiesa per loro era quello. Litigavano, erano divisi, competitivi, si denunciavano a vicenda alle autorità giudiziarie seguendo le vie del mondo. Diversi di loro diedero inizio a delle sette o denominazioni attorno a dei leader carismatici non vedendo la loro diversità come una forza all’interno del corpo di Cristo ma per fomentare la divisione. La questione del denominazionalismo viene affrontata più avanti nel primo capitolo della prima lettera ai Corinzi. Le loro azioni erano intrecciate con atti sessuali e la religione locale. Il sesso secondo la cultura pagana era un’esperienza gioiosa e intima straordinaria. Raggiungere l’orgasmo era un modo di gettare un ponte tra il regno fisico e quello divino e in quel modo collegarsi e connettersi spiritualmente a qualcosa di più grande. Le prostitute del tempio venivano assunte dalla religione locale per fare sesso con gli uomini come un atto di adorazione al loro dio. Una religione creata da uomini per uomini. I credenti della chiesa di Corinto dedussero che siccome Dio aveva creato il sesso, e il sesso è qualcosa di meraviglioso che non dovevano rifiutarlo…la creatività peccaminosa era proprio attiva come si evidenzia. Cosicché iniziarono a vivere la loro sessualità in modo sbagliato come se fosse qualcosa di normale e nobile. L’apostolo Paolo li chiamò santi, non aveva perso la fede in loro. Non ha detto che fossero persi e non affrontò l’eresia in modo frontale da subito ma scelse di attenersi a dire che avessero perso la via ma che fossero dei santi e santificati. Cercò di ricordare la loro vera identità e quanto Gesù avesse pagato per far di loro parte del Suo popolo. In seguito affrontò il modo in cui stavano vivendo. Cercò di inseguirli senza perdere fede in loro. Nel libro della Genesi dove si racconta la storia di Abele e di Caino, dopo la morte di Abele per mano di suo fratello Dio disse: “…il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri sono volti a te; ma tu lo devi dominare” (Genesi 4:7). Dio diede perfino a Caino della speranza, non considerò spacciato neanche il primo omicida. Dio lo incoraggiò a cambiare direzione e a migliorare. Dall’inizio si evidenzia che Dio non molla la Sua creazione credendo che valga la pena combattere per la Sua immagine in noi. Sotto il Nuovo Patto Dio non perde la fede in noi e l’apostolo Paolo ricorda ai credenti di Corinto di essere santi. Riflettiamo, quali sarebbero i termini che potremmo utilizzare se venissimo a sapere di una chiesa che utilizzasse la prostituzione o il sesso come loro espressione di adorazione ogni domenica mattina? Quale sarebbe la nostra reazione? …Chi ha un senso morale probabilmente utilizzerebbe tutti i tipi di termini diffamatori e critici. L’apostolo Paolo invece dimostrò con le sue parole di credere che nel loro cuore i corinzi desiderassero ciò che fosse meglio offrendo loro il suo aiuto e predicando la grazia donata loro in Cristo Gesù. E’ affascinante perché questo gruppo particolare di credenti giustificava il loro peccato sotto la bandiera dello Spirito Santo; si erano così persi nei doni dello Spirito dimenticando di seguire Cristo nella loro vita quotidiana. L’apostolo Paolo diresse il suo messaggio a chi era ubriaco dello Spirito Santo cercando di riportarli a Gesù ricordando loro che il compito dello Spirito Santo consiste nel guidare le persone a Cristo. Il messaggio della prima lettera ai Corinzi è cristocentrico.Molto probabilmente anche l’apostolo Paolo fu tentato di mettere da parte il Vangelo della grazia quando testimoniò il pericolo che comporta e come i credenti di Corinto l’avevano abusata. Forse considerò anche lui di riportare tutti i credenti di quella città sotto la legge per un po’, la tentazione c’era ma lui non lo fece. L’apostolo Paolo decise di rimanere fermo sul Vangelo. Anche ora sento situazioni del genere dove le chiese tornano sulla legge. Invece dovremmo rimanere fermi anche noi sul Vangelo della grazia. Chiediamoci, come potremmo arrivare al punto dove i nostri cuori possano essere in genuina comunione con Dio?”Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione di suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Corinzi 1:9). Dio ci ha chiamati ad avere un’unione, fratellanza e ad essere in collaborazione con Gesù nei nostri cuori. Solo in quel modo potremo vivere il Nuovo Patto. Se non riusciamo a visualizzare che siamo santi e metterlo in pratica, se non si riesce a comprendere il proposito nell’avere comunione con Dio allora il messaggio contenuto nel vangelo per noi non avrebbe senso.La grazia è il dono di libertà dal peccato che Dio ci dà, non il dono di libertà per peccare. Il concetto della grazia non rappresenta un via libera per peccare nello stesso modo in cui la patente della macchina non rappresenta un permesso per avere un incidente. Il fatto che si possa avere un incidente al volante non significa che si dovrebbe fare; può accadere ma ciò non vuol dire che sia nella norma o accettabile. La patente della macchina ci dà la libertà di poterci spostare, trasportarci a nuovi luoghi e a compiere tante cose. Quando uno guida deve essere cosciente anche della dinamica relazionale con gli altri autisti sulla strada. Non sarebbe il caso di guidare in maniera spericolata e causare degli incidenti per divertimento. Direi che è arrivato il giorno di rinunciare al concetto che la grazia sia un via libera per peccare. Domanda e risposte: Domanda: Come si fa a sapere se il nostro cuore collabora ed è in comunione con Gesù? Come si fa a sapere se il desiderio che abbiamo nel cuore sia un peccato in contrasto con la grazia di Dio? Risposta: “…tenendo gli occhi su Gesù…” (Ebrei 12:2). Ritengo che focalizzarci su Gesù sia la migliore cartina tornasole che abbiamo. Quando consideriamo se fare qualcosa o meno, chiediamoci: “questo che sto per fare sembra qualcosa che Gesù farebbe? dimostra il Suo cuore o il Suo atteggiamento?”. Abbiamo tra le mani molta informazione che ci aiuta a comprendere come il cuore di Gesù era e come si relazionava con i legalisti religiosi, gli squattrinati, i peccatori, gli ipocriti e tanti altri. Possiamo costatare l’approccio che Gesù aveva in una grande varietà di modi. L’apostolo Paolo consigliava di tenere i nostri occhi su Gesù anche se riconosceva che lo Spirito Santo aiuta e che Dio il Padre ci ama. Domanda: Il perdono divino ci viene concesso solo sulla base di un vero pentimento da parte del peccatore? Risposta: Direi di sì. Questo è vero di ogni relazione. Il perdono è una transazione che viene data e che si riceve. Dio è pronto a perdonarci ma sta a noi decidere se desideriamo ricevere il Suo perdono o no, un fatto che accade quotidianamente anche tra le persone, c’è chi non ritiene di aver sbagliato e quindi non accetta il perdono. In quel caso il perdono non sarebbe un’azione relazionale. Il cuore di Dio è pieno di perdono e desidera donarcelo ma se non siamo pronti ad ammettere di aver sbagliato o di essere un santo che ha perso la via, allora non si è in grado di ricevere il perdono che Dio ha da darci. In quel caso siamo noi a porre dei blocchi. Il cuore di Dio verso di noi è pieno di grazia e perché ci ama ed è generoso non permetterà che la scampiamo con i nostri modi autodistruttivi, danneggianti o corruttivi, e ci sfiderà. Il mio desiderio è che tutti possiamo decidere di essere onesti da adesso in poi riguardo di come ci auto sabotiamo in modi creativi e brutalmente onesti su come utilizziamo l’immagine di Dio in noi ed il potere che esso ha nel raggiungere obbiettivi non salutari. Siamo coscienti che all’interno di ognuno di noi esistono due versioni di noi stessi che spesso sono in guerra ma non sono coeguali. Secondo la visione cristiana, non esiste il me cattivo ed il me buono anche se ci sentiamo così. Esiste un io dentro di noi che veramente desidera migliorare ed è quell’aspetto che dovremmo nutrire e incoraggiare ad emergere e a collaborare in comunione con lo Spirito di Dio. Di seguito suggerisco una dichiarazione da fare nostra:”Io sono un santo, ho una chiamata particolare da Dio per riflettere la Sua immagine su questo mondo e su tutto quello che sono e che faccio. Essere in collaborazione con Dio per essere più come Gesù è il mio obbiettivo, chiamata, proposito nella vita e la ragione per vivere. Si tratta di una vita piena di gioia e amore che desidero al di sopra di tutte le altre forme minori di vivere. Comprendo che qualsiasi cosa che vada contro ciò che desidero veramente, è peccato. Con l’aiuto di Dio, scelgo di rifiutare ogni via secondaria di vivere”. Ogni seguace di Cristo dovrebbe essere in grado di dichiarare le parole appena lette. Comprendo anche che tutti noi abbiamo dentro anche un’altra volontà nostra che ci spinge a non voler rinunciare al peccato. Quindi, prendiamo dei momenti ora per pregare che la nostra volontà si pieghi di più alla volontà di Dio. Preghiera: Padre Celeste, dedichiamo le nostre vite di nuovo a Te. Prego che possiamo collaborare con ciò che il Tuo Spirito sta operando in noi. Aiutaci ad essere in comunione con Te mentre andiamo avanti e manifestiamo la santità e la grazia che ci hai donato. Amen.
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