PRIMO STUDIO:

LA NOSTRA MISSIONE DI AMORE

Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

~ Gesù (Matteo 18:20)

IL NUCLEO: (Il cuore del messaggio)

Parlando con persone sia cristiane che non, quando parliamo della parola chiesa, spesso notiamo che la maggioranza di queste, fanno riferimento ad un edificio, ad un’istituzione con a capo dei leader religiosi. Di solito per gli atei chiesa è anche sinonimo di bigottismo, di intransigenza e di ipocrisia. Purtroppo quest’immagine è il frutto di tanti secoli nei quali spesso la chiesa di Cristo è andata fuori strada. E’ nostro desiderio non solo riscoprire gli insegnamenti originari di Gesù, ma soprattutto cercare di viverli.

Gesù usa la parola “chiesa” in due modi: a) il corpo universale dei credenti (Matteo 16:18), e (in questo diretto contesto), b) una piccola e locale espressione di quella realtà più grande e globale (Matteo 18:17). Quindi, quell’unione di due o tre persone sono una chiesa locale e un’espressione della chiesa universale. 

Come è chiaro dal contesto del nostro verso (Matteo18:20), questa adunanza di due o tre persone (il gruppo più piccolo che possa esistere) nel nome di Gesù (vale a dire a causa sua, per compiere l’opera e la volontà di Gesù, per onorare Gesù) non è solo per stare insieme, crescere, adorare, essere confortati o incoraggiati, ma per la missione di riconciliazione.

La famiglia è una delle metafore più utilizzate nel Nuovo Testamento per illustrare il concetto di chiesa. Cosa significa essere famiglia in modo pratico?

Un’altra idea sbagliata del concetto chiesa, è che quando si pensa che dato che ognuno di noi è parte della chiesa, che si sia chiesa anche quando si è da soli. Tecnicamente non è giusto perché la parola “chiesa” significa “l’unione delle persone con un proposito”. Ognuno di noi sarà sempre (se siamo dedicati a Cristo) un seguace e discepolo di Gesù, un cristiano ed un credente ovunque ci troviamo, ma non siamo sempre chiesa ovunque andiamo perché ciò accade solo quando i credenti si riuniscono. Nel Nuovo Testamento l’unità, è qualcosa di prioritario. Senza il ritrovarsi insieme regolarmente come chiesa, non sviluppiamo in modo completo la nostra spiritualità, non raggiungiamo il nostro potenziale e non cresciamo come potremmo. Avere una comprensione solida della nostra teologia riguardo alla chiesa e alle sue diverse sfaccettature e di come mettere in pratica tutto ciò, è molto importante se desideriamo maturare sia a livello individuale che come gruppo.

Abbiamo detto che il termine biblico “chiesa” significa il ritrovo delle persone che vogliono seguire Gesù. E’ qualcosa di organico, è il radunarsi come famiglia spirituale. Paolo li perseguitava e Gesù gli disse: “Queste persone sono Me. La loro identità sono Io.” Forse questa fu una delle occasioni in cui Paolo realizzò che la chiesa fosse il corpo di Cristo. Lui lo disse anni dopo in 1 Corinzi 12:27 “Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua.” L’insieme di tutti i credenti forma il singolo corpo di Gesù.

Se il corpo di Cristo è la Chiesa allora Gesù è la testa di detto corpo. Colossessi 1:18 “Egli stesso (Cristo) è il capo del corpo, cioè della chiesa.

I primi cristiani dichiararono qualcosa di molto forte: “come corpo di Cristo, crediamo che le persone dovrebbero essere in grado di vedere in noi in modo fisico, tangibile e dimostrabile a livello comunitario ciò che la vita di Gesù dovrebbe rappresentare”. Come corpo di Cristo siamo una manifestazione fisica del nostro Dio spirituale. Se uno osserva la nostra comunità, nel senso del nostro essere il corpo di Cristo in azione allora come corpo dovremmo manifestare il tipo di comportamento che Gesù ci ha insegnato. La prima Chiesa sosteneva che l’insieme dei credenti fosse la continuazione della manifestazione fisica di Gesù sulla terra.
Siamo onesti, chi di noi può dopo aver osservato diverse comunità cristiane all’opera sostenere che esse agiscono e manifestano il cuore di Gesù? Le prime comunità cristiane sono riuscite per un po’ ma poi tutto iniziò a cambiare. 

La famiglia è una delle metafore più utilizzate nel Nuovo Testamento per illustrare il concetto di chiesa. Cosa significa essere famiglia in modo pratico?

Comprenderla bene ci è utile perché influenzerà le nostre relazioni. Gesù una volta stava insegnando in una casa e la gente si era affollata intorno ad essa. Tra le persone radunate in quell’occasione c’erano diversi gruppi, uno di questi era la folla, un termine collettivo che si riferisce a tutti i presenti ma anche utilizzato per contrastare la figura dei discepoli; quindi chi apparteneva alla folla, di solito era un individuo che partecipava all’incontro con il proposito di ascoltare ed imparare e dimostrava un certo interesse. Chi apparteneva alla folla non si era impegnato a diventare un discepolo. Questa descrizione magari descrive qualcuno che ci frequenta, che dimostra interesse e ascolta ed è nel processo di decidere, almeno lo spero, perché non penso che si partecipi ai nostri incontri per godere dell’intrattenimento e basta visto che ci sono tantissime altre attività più divertenti da fare. Se si desideri imparare e crescere bisogna comprendere che essere parte di una famiglia di fede implica un cambiamento di vita. Significa collaborare con ciò che Dio desidera compiere in noi, così che il cambiamento possa generare dei risultati positivi e aiutarci a fare il passo da membro della folla, a discepolo.

Un discepolo è uno studente, un seguace di Cristo; qualcuno che ha preso l’impegno di sottomettere la sua vita ad imparare a seguire e vivere come Gesù. Tra i diversi gruppi che si radunavano intorno Gesù vi erano anche dei religiosi conservatori, persone che non erano sicure che Gesù fosse un personaggio affidabile che avrebbe rigato dritto e che si sarebbe adattato ai loro modi, quindi erano presenti con lo scopo di discernere, di provocare e di criticare. Anche quel tipo di personaggio è presente tra di noi nei nostri incontri. “Ora, mentre egli parlava ancora alle folle, ecco sua madre e i suoi fratelli i quali, fermatosi fuori, cercavano di parlargli” (Matteo 12:46). Nelle Scritture viene menzionato che Gesù avesse dei fratelli; il vangelo di Marco menziona che Gesù avesse dei fratelli e delle sorelle. “E qualcuno gli disse: «Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e cercano di parlarti». Ma egli rispondendo, disse a colui che lo aveva informato: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». E, distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre»” (Matteo 12:47-50).

La persona che prova a vivere ciò che Gesù ha insegnato e non si limita solo a pensare o a teorizzare sulle cose, rappresenta per me ciò che significa essere famiglia; quella persona diventa mia madre, mio padre, mio fratello o mia sorella. Nella cultura ebraica rabbinica del primo secolo, le sorelle di Gesù sarebbero dovute rimanere a casa e quindi è probabile che fossero presenti soltanto i Suoi fratelli e Sua madre; tuttavia Gesù volle menzionare la parola “sorelle” per includere anche le donne che lo seguivano, le discepole, femmine. Un concetto contro culturale e fuori dal comune sia nel contesto storico ebraico come in quello pagano dei greci e dei romani.

Gesù ci ha chiamati a vivere l’espressione di ciò che significhi essere famiglia insieme, dicendo che siamo fratelli e sorelle. Questa unione, trascende quella fisica e carnale, tant’è vero che quando qualcuno viene allontanato dalla sua famiglia biologica (come nel caso di tanti cristiani perseguitati per causa del Vangelo), Gesù parla di un compenso in questa vita e in Paradiso, grazie all’appartenenza ad una famiglia spirituale. Quando sperimentiamo l’amore, l’unità, la fratellanza, è come se noi vivessimo già il Regno dei Cieli sulla terra. Infatti Gesù ci dice che il Regno dei cieli è già qui, dentro di noi ed in mezzo a noi. Questa è la visione di Gesù per la chiesa. E’ nostro desiderio che questi studi ci aiutino a chiederci: “come possiamo vivere questi principi? In quale modo ciò che leggiamo e impariamo può cambiare il nostro modo di agire?” 

Da considerare in questo cammino che non sempre nelle famiglie concordiamo su tutto.

Cosa significa essere famiglia quando non siamo d’accordo e non affrontiamo la vita nello stesso modo? In una famiglia c’è diversità, come possiamo vivere questa diversità in modo che promuova l’unità nonostante le differenze? La risposta a questa domanda rappresenta un punto decisivo. Qui di seguito approfondiremo dei temi che hanno il potenziale di diventare motivo di dispute. Molto spesso quando una chiesa prende una certa posizione riguardo un tema specifico, chi non è d’accordo si divide dalla chiesa principale e forma un altro gruppo o si unisce ad un’altra chiesa, cioè, la chiesa sceglie di dividersi stabilendo che non ci sia modo di andare d’accordo l’uno con l’altro accusandosi, a volte dichiarandosi a vicenda di essere degli eretici. Esiste un modo per affrontare temi caldi, senza che nessuno debba compromettere le sue convinzioni personali e allo stesso tempo, trovare un modo per accogliere chi non la pensa come noi. Penso che questa sia un’abilità che tutti i cristiani dovrebbero acquisire perché è la chiave che ci aiuterebbe a manifestare l’unità del corpo di Cristo. La preghiera di Gesù alla fine della Sua vita si focalizzò sull’importanza dell’unità della chiesa. “Or io non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola, affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te; siano anch’essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Giovanni 17:20, 21). Gesù ha pregato per noi e in questa preghiera c’è una natura apologetica che mette in evidenza l’unità che dovrebbe essere, del corpo di Cristo. Gesù ha affermato che l’unità della chiesa sarebbe stata la manifestazione, che avrebbe aiutato le persone, a riconoscerLo come il Messia. “E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno, come noi siamo uno. Io sono in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me” (Giovanni 17:22, 23). Che stupenda visione per la chiesa, quella di avere un senso di unità, di famiglia, di unità nella diversità! Nel mondo le persone spesso vanno d’accordo quando la pensano nello stesso modo, come quando tifano la stessa squadra di calcio, lo stesso partito politico, quando combattono sotto la stessa bandiera o quando fanno parte dello stesso gruppo religioso. C’è qualcosa di miracoloso nell’unità di Cristo che mette insieme delle persone che non sono d’accordo su tanti temi, ma che vivono insieme quel senso di famiglia. E’ un’unità che testimonia la natura miracolosa di chi Gesù è perché va oltre il tipo di unità che si sperimenta nel mondo. Come possiamo collaborare con ciò che lo Spirito Santo desidera operare in noi?

Se dovessimo verbalizzare il Vangelo in una parola sarebbe: “Gesù”; tutta la Sua storia dall’inizio alla fine. L’evento di Gesù dovrebbe essere metabolizzato da noi e poi tramandato agli altri. Il Vangelo in tre parole sarebbe “Gesù è Signore”. “Poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” (Romani 10:9). Gesù è Colui che ha il diritto di dirci come vivere, Lui è il nostro Maestro e diviene il nostro Salvatore mentre lo seguiamo. Lui è il Re di un nuovo Regno e ci chiama ad un altro modo di vivere. Il Vangelo in trenta parole potrebbe essere: “La Buona novella è che Dio è venuto a noi tramite Cristo per dimostrarci il Suo grande amore, salvarci dal peccato, stabilire il Suo Regno e chiudere con la religione”. Questi sono quattro diversi aspetti del Vangelo che possiamo vedere riflessi una volta dopo l’altra nelle Scritture. Esiste una frase nel libro dell’Apocalisse che descrive i quattro aspetti del concetto e descrive Dio così: “…A lui, che ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue, e ci ha fatti re e sacerdoti per Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen” (Apocalisse 1:5,6). Il sacerdozio dopo l’avvento di Gesù, non c’è più e non dobbiamo più rivolgerci ad un’istituzione religiosa. Siamo tutti dei sacerdoti di un nuovo Regno con un nuovo Re, possiamo comunicare con Dio direttamente, attraverso Gesù. Siamo dei sacerdoti l’uno verso l’altro in questa famiglia di fede, il sistema religioso per noi non c’è più. Il Vangelo contiene la buona notizia, davvero! 

Possiamo fare esperienza della presenza di Gesù attraverso piccole espressioni di chiesa, specialmente quando siamo in una missione di grazia, riconciliazione, e restauro. Ti invitiamo dovunque ti trovi a cercare una o più persone (possono anche essere di più) ed cominciare a fare un cammino insieme. Nel caso tu facessi già parte di una chiesa organizzata, hai la nostra benedizione e puoi usare il materiale per ulteriori riflessioni.

Un saluto ed un abbraccio fraterno.