Nel 1989 uscì nelle sale cinematografiche un film classificato nel genere “Fantascienza”. Imperniato su episodi subacquei, presentava una sequenza particolare nella quale si vedevano dei ratti ed un sub in immersione che, per raggiungere profondità elevatissime, respiravano un liquido invece di particolari miscele di gas. L’idea apparve di per sé originale e degna appunto di un film di fantascienza. Molti rimarrebbero sorpresi nell’apprendere che l’idea di James Cameron, regista di “The Abyss” possiede aderenti similitudini con ricerche scientifiche reali. Ok, lo so che vi state chiedendo come mai ho scelto di parlare di una scena tale all’inizio di questo studio e cosa c’entra con la fede. Ve lo spiegherò tra un po’. La prospettiva della respirazione liquida non è stata considerata attivamente fino al 1961 ed anche se è difficile prevedere gli sviluppi di tali ricerche, è interessante osservare i progressi ottenuti sia sugli animali che sull’uomo. In alcuni esperimenti effettuati su ratti e cani completamente immersi in soluzioni saline equilibrate e perfuse di ossigeno iperbarico, sono state registrate tutte le normali funzioni vitali per tempi fino a 18 ore. Quelle immagini sono un quadro perfetto della complessità delle metafore bibliche riguardo lo Spirito Santo quando viene rappresentato sia come liquido che come aria.
Noi ingeriamo lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, di Dio, lo beviamo, lo riceviamo dentro di noi e così fiumi di acqua viva sgorgano dall’interno del nostro cuore. Allo stesso tempo la Bibbia parla di Dio regolarmente paragonandolo con l’aria, il respiro e l’ossigeno di cui i nostri spiriti hanno bisogno per vivere. In un certo senso anche noi aspiriamo l’acqua vivente nel nostro essere.
Ovviamente nessuna metafora potrà mai essere all’altezza di una descrizione perfetta di un Essere infinito difficile da comprendere. Le metafore ci aiutano ad illustrarlo e capirlo meglio. Ogni metafora utilizzata dalla Bibbia possiede dei punti forti diversi. Il rinfresco che le anime assettate, seccate e prosciugate trovano nell’Acqua che poi diventa una fonte viva all’interno dell’essere umano è un’illustrazione bellissima! Invece il paragone di Dio all’aria che respiriamo e all’atmosfera che ci circonda ci fa ricordare che non dobbiamo dirigerci in un certo luogo per sperimentarlo. La metafora dell’acqua in un certo senso è limitante perché chi ne ha bisogno deve dirigersi ad una certa fonte o in un luogo specifico tipo ad una chiesa, organizzazione, istituzione o luogo sacro dove l’Acqua rinfrescante si trova. Quando la metafora biblica ci parla di Dio paragonandolo al nostro respiro o all’aria, ci ricorda che Dio è dappertutto, ci circonda che tutto ciò che dobbiamo fare è semplicemente fidarci di quella realtà è credere. Se lo facciamo, scopriremo di poter respirare e che l’aria è buonissima. L’aria del Suo Spirito ci riempirà di vita permettendoci di raggiungere degli obbiettivi mai raggiunti prima.
Il libro degli Atti 17:28 dice: “Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo…”. L’apostolo Paolo in questo passo citò un’antica saggezza greca del VI secolo a.C. che originalmente era stata scritta riferendosi a Zeus. L’apostolo Paolo voleva far evidenziare la saggezza universale in essa contenuta, cioè che se esiste un Dio, Lui è talmente grande che riempie ogni spazio, ci circonda, è nell’atmosfera che respiriamo e ci dona la vita. L’apostolo prese quel pensiero ma non si limitò ad esso volendo raccontare di più sul Dio indicato da diverse culture e miti. Il respirare è una metafora stupenda che illustra il ricevere la presenza di Dio nel nostro corpo, un’azione del tutto naturale. Una volta che ci rendiamo conto che l’aria è buona, che siamo circondati dall’amore e respirare diventa automatico, l’atmosfera esercita pressione sui nostri polmoni e noi accogliamo l’aria dentro i nostri corpi.
Trattenere il respiro è un’azione del tutto innaturale che sarebbe causa di difficoltà dal punto di vista spirituale. John McArthur, famoso autore e pastore americano, scrisse riguardo questa metafora dicendo: “il motivo per il quale alcuni cristiani si sentono affaticati e sconfitti è perché stanno trattenendo il loro respiro spiritualmente invece di aprire i loro cuori a Dio accettando l’atmosfera che li circonda, la Sua presenza Divina.” Incontriamo delle difficoltà quando ignoriamo Dio, tratteniamo il nostro respiro e combattiamo ciò che è naturale scollegandoci dalla realtà che ci circonda.
In questa serie proveremo a capire la vera essenza del nostro essere e come essa può incontrarsi con l’essenza di Dio; il nostro spirito con il Suo Spirito. Il Nuovo e l’Antico Testamento parlano dell’essere umano in termini olistici (globale, intero, completo, collettivo) spesso intercambiando diversi termini per descriverlo. Dall’altra parte, diversi filosofi ritengono che esista uno schema generale il quale vale la pena riconoscere e parole che possono aiutarci ad affrontare ciò che significa veramente essere un cristiano dentro.
Finora abbiamo stabilito che il nostro spirito è il nostro centro, la nostra volontà, una forza pura e creativa che ci assiste nel fare delle scelte, facendole diventare realtà. Realtà che non esisterebbero se non avessimo fatto delle scelte. La nostra mente, i nostri pensieri e le nostre emozioni spesso riempiono la nostra testa e successivamente il nostro corpo li mette in parole e li manifesta. I percorsi che intraprendiamo, le nostre azioni e le relazioni che stabiliamo con gli altri sono il frutto di tutto questo processo.
Di seguito analizzeremo come ognuno di questi aspetti che comprendono il nostro essere possono conformarsi all’Immagine di Cristo. Gesù è il nostro paradigma, modello, il nostro prototipo. Il primo obbiettivo sarà quello di analizzare come il nostro spirito può sperimentare avere lo Spirito di Dio dentro di esso, un’esperienza spettacolare.
La religione parte dall’esteriorità senza mai riuscire a penetrare il nostro vero essere. La spiritualità, che può anche essere chiamata fede in Cristo affronta le questioni al centro del nostro cuore e poi si esteriorizza. Il nostro obbiettivo è aprirci ad una modellazione spirituale non attenendoci soltanto ad imitare Gesù ma piuttosto puntare a far sì che i nostri cuori vengano trasformati e resi simili al Suo. Le azioni che susseguiranno questo cambiamento saranno una conseguenza naturale. Durante il percorso della nostra vita cerchiamo di chiederci e di capire bene di fronte a qualsiasi evento o circostanza qual è il cuore di Gesù in quel momento; non cosa avrebbe fatto Gesù perché non si tratta di una questione teorica.
Noi crediamo nella Resurrezione, Gesù è vivo ed il Suo Spirito Santo ci guida verso di Lui. Chiediamoci qual è la disposizione del cuore di Cristo verso qualsiasi situazione ci si ponga davanti. Come possiamo sperimentare ciò che Gesù ha al centro della Sua focalizzazione? Come si fa a dare ascolto al Suo Spirito e sentire ciò che Lui sente e pensare ciò che Lui pensa della persona che non mi sta simpatica?
Quando Dio ha un piano in mente che vuole portare avanti la prima cosa che fa è scegliere con chi lavorare per metterlo in atto. Lui è un Dio relazionale.
La Sua essenza è l’amore, quindi non si tratta d’essere efficienti in un compito ma nello svolgimento di esso, nell’esperienza di fare le cose insieme. E’ evidente nelle Scritture che Dio sin dall’inizio invece di fare in modo che il creato fosse in grado di mantenersi e di curarsi da solo in modo autosufficiente abbia volutamente desiderato creare degli esseri umani chiedendo loro di prendersene cura. Poco dopo nei racconti biblici Dio desiderò benedire la terra e tutti i suoi abitanti, quindi invece di benedirli uno ad uno, cosa fece? Chiamò Abramo scegliendo di creare una discendenza particolare da lui dicendo che si sarebbe avvalso dell’aiuto della sua progenie per benedire il mondo. Dio ha sempre scelto di lavorare attraverso gli esseri umani e desidera lavorare in società con noi, fianco a fianco anche ora. I figli d’Israele poi vennero fatti schiavi in Egitto e Dio scelse di liberarli. Con chi scelse di lavorare in questo caso? Mosè! Il modo di lavorare di Dio a volte può sembrare piuttosto inefficiente ma Lui ha scelto di sacrificare l’efficienza in cambio dell’intimità. Si tratta di una collaborazione speciale tra noi e Dio.
Quando facciamo dei biscotti per la nostra famiglia possiamo scegliere se chiedere ai nostri figli d’aspettare fuori dalla cucina per paura che potrebbero combinare un pasticcio o di farli insieme a loro scegliendo di vivere un’esperienza in famiglia. Quando li prepariamo insieme ai bambini le misure spesso non sono esatte, tante volte combinano dei guai ed il prodotto finale potrebbe essere più salato che dolce, insomma, le cose non sempre vanno come avremmo desiderato ma alla fine si è creata una memoria. Si è condivisa un’esperienza insieme! Quei biscotti acquistano più valore grazie a tutto il processo che si è condiviso come famiglia. L’esperienza condivisa è al centro del cuore di Dio. Sarebbe un peccato se le nostre vite quotidiane fossero focalizzate soltanto su un obbiettivo finale, su quello che dovremo compiere per Dio e se non fossimo consapevoli della Sua presenza insieme a noi.
In questo studio approfondiremo la natura e l’atmosfera della presenza di Dio. Esporremo il problema dei pericoli della religione e del modo in cui affrontiamo temi di questo genere e anche della presenza e le opere dello Spirito Santo. Gesù fu descritto come il nostro Mentore. Il vangelo di Luca 4:1 dice: “Gesù ripieno di Spirito Santo, ritornò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto”. Quando anche noi siamo “ripieni di Spirito” in quale modo siamo influenzati? In quale modo lo Spirito inizia a guidare le nostre decisioni? Questa è la realtà interna di Gesù e sarà ciò che sperimenteremo se ci conformeremo a Lui non solo con la Parola in modo esterno ma piuttosto con il nostro cuore conforme al Suo. Nel vangelo di Marco cap.9, iniziando dal secondo passo Gesù portò con sé Pietro, Giacomo e Giovanni sulla cima di una montagna dove Lui si trasfigurò, subì una trasformazione davanti agli occhi dei discepoli. I Suoi vestiti diventarono radianti e bianchissimi. Ci fu uno scontro tra due diverse dimensioni: la terrena e la spirituale. Si aprì una specie di portale, qualcosa accadde sulla dimensione della collocazione fisica di Cristo e Gesù irradiava una forte potenza spirituale. Poi apparirono Mosè ed Elia, dei personaggi biblici importanti e tutti e tre cominciarono a parlare tra di loro.
Mosè fu lo strumento del quale Dio si avvalse per presentare al Suo popolo il patto della legge: la Torah. Elia, uno dei profeti che ebbe il maggior impatto su Israele e aveva avuto il compito d’insegnare al popolo come interpretare, mettere in pratica ed applicare la Torah. Durante la trasfigurazione i rappresentanti del Vecchio Patto hanno passato il testimone al rappresentante del Nuovo Patto interagendo insieme in unità. Ci fu una benedizione del Vecchio sul Nuovo. L’apostolo Pietro ebbe come sempre qualcosa da dire, spesso parlava senza pensare a ciò che diceva. Lui era una di quelle persone prive di filtro. Questo fu un momento affascinante. Lui disse nel vangelo di Luca 4:5,6: “«Maestro, è bene per noi stare qui; facciamo dunque tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia!». Egli infatti non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati.” Questa frase detta dall’apostolo Pietro rappresenta la tentazione della religione. Ricordiamo che lui era cresciuto sotto il Vecchio Patto e non capiva bene il Nuovo ancora. Molti dei discepoli non lo capirono fino al giorno dell’arrivo della Pentecoste, fino a che lo Spirito non venne per insegnare loro ciò che voleva dire. L’apostolo si offrì di creare un luogo fisico sacro, una località sacra dove le persone potessero andare a sperimentare il soprannaturale. La risposta di Gesù fu negativa e che non sarebbe stato più necessario recarsi in un edificio, tabernacolo o struttura sacra né fare dei pellegrinaggi verso luoghi sacri per trovare Dio perché Gesù fa parte di tutto il nostro ambiente e ci circonda e vuole entrare dentro di noi. Poi una nuvola li avvolse ed una voce fuoriuscì da essa confermando il ministero di Cristo. La nuvola è un entità incorporea e da essa parlò una voce. Anche la nuvola rappresenta un’immagine di ciò che Dio è.
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