Gesù metteva in pratica l’altruismo e la compassione verso gli altri perdonando spesso. Perciò nel momento più difficile della Sua vita il Suo cuore fu pieno di perdono e in quel momento fu in grado di metterlo in atto perché era già abituato a farlo.

Questo è ciò che significa lasciare che il nostro cuore si estenda nella direzione che ci indica Cristo; significa adottare i modi di Gesù e così diventare degli individui in grado di perdonare. Dentro di noi in quel caso si crea una fonte da cui possiamo attingere nel momento del bisogno. Questo principio si applica ad ogni sfera della nostra vita. Imparare delle pratiche spirituali con l’intenzione di farci vedere non rappresenta il nostro obbiettivo finale, farlo sarebbe cadere preda alla religiosità. La nostra meta invece è quella di diventare sempre più simili all’immagine di Dio avvicinandoci ad essa. La lettera ai Romani 8:29 dice: “Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio…”. Questa è la bellezza di Gesù. Noi siamo stati chiamati a diventare più come Gesù perché Lui ci mostra il cuore di Dio nel linguaggio più chiaro possibile. Se dubitiamo di quanto un’altra persona possa amarci e se abbiamo dei dubbi che essi siano insieme a noi soltanto perché desiderano aggrapparsi ad una relazione, se mai vi venisse in mente chiedervi l’estensione della loro genuina dedicazione alla vostra relazione, cosa potrebbe offrirci come prova del suo amore? Di solito queste cose vengono espresse in modo naturale, di solito non è nulla di programmato. Se il nostro partner fosse in grado di offrire la sua vita per noi essendo disposti a morire così che noi possiamo vivere a quel punto si potrebbe smettere di mettere il loro amore in dubbio o di pensare che essi stiano cercando di manipolarci per i loro propri fini. Sullo stesso filo di pensiero, come fa Dio a comunicare la misura del Suo amore per noi se Lui è immortale? 
L’amore di Dio, simile all’amore che prova un genitore verso i suoi figli, ci guida e spesso non siamo sicuri di che intenzione abbia; se lo stia facendo perché ci ama davvero o perché Gli piace interferire. Dio ha preso forma umana in Gesù, decise di rendersi vulnerabile e di essere messo a morte come prova del Suo amore, fatto che Li ha permesso di comunicare con noi una volta per tutte e per porre fine a quel tipo di dubbi. Quando siamo conformati all’immagine di Gesù come nel passo che abbiamo appena letto, ci avviciniamo all’immagine dell’amore di Dio. Dando uno sguardo a Gesù non solo riscontriamo l’amore infinito che Dio ha per noi ma anche un esempio del potenziale di crescita che il nostro amore potrebbe avere verso gli altri. A parte nell’essere un esempio d’amore divino, Gesù è stato anche un esempio del modo in cui un essere umano dovrebbe agire. Dal tempo di Adamo non si era mai visto uomo che non portasse la macchia del peccato o dell’egoismo. Gesù è stato il primo essere umano senza quei difetti. Così, Cristo diventa il nostre mentore, la nostra guida ed il nostro amico durante questo intero processo non solo come modello da seguire ma anche come mezzo per comprendere il cuore di Dio. 
Uno degli insegnamenti principali di Gesù fu quello del Regno di Dio. Il Regno sarebbe un modo d’esprimere che la via di Dio si avvera nella nostra vita, il Regno di Dio è dentro di noi. Significa che stiamo seguendo il modo di Dio, Dio è il nostro Re, processo che accadde nel nostro cuore e poi si esteriorizza. Gesù parlava della venuta del Regno di Dio e di come sarebbe arrivato quel momento, ovviamente non si riferiva a nessuna struttura fisica o istituzione. Il vangelo di Matteo 13:31 dice: ” Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile ad un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è certamente il più piccolo di tutti i semi; ma una volta cresciuto è il più grande di tutte le erbe e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».” Il Regno dei cieli cresce e poi si espande per benedire altre persone. Un’illustrazione bellissima. Il passo continua: ” Egli disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prende ed impasta con tre misure di farina finché tutta la pasta sia lievitata».” Il lievito quando viene messo nell’impasto lo fa lievitare tramite un processo interno. In queste due parabole possiamo notare due fatti: il seme rappresenta una vasta crescita perché ha il potenziale di raggiungere altre persone e di benedirle. Il lievito rappresenta invece una crescita interiore perché agisce dall’interno. Stiamo parlando della crescita del cuore e idealmente i nostri cuori ci guidano e ci assistono quando siamo di fronte ad una scelta nella nostra vita sociale, nell’aspetto emotivo delle nostre scelte, nei nostri pensieri e nell’aspetto fisico della nostra vita. 
Teniamo presente anche che tutto è collegato e che le nostre scelte nei campi emotivi e fisici influenzano allo stesso tempo i nostri cuori. Cioè le nostre amicizie, i nostri pensieri, quando rimuginiamo certe emozioni e il modo in cui trattiamo il nostro corpo, il modo in cui ci poniamo, dove scegliamo di dirigerci e le attività fisiche che scegliamo d’intraprendere hanno un effetto sul nostro cuore. Il nostro essere interno, il nostro cuore, ha molto da ponderare ed è un vero combattimento. Per affrontarlo nel modo giusto dovremo stimolare la sua crescita e lottare per far sì che esso divenga ciò che dovrebbe essere. Il nostro combattimento è contro altre forze. La vita non ci aiuta molto in questo aspetto e quindi è possibile che attraverseremo dei momenti quando dovremo smettere di concentrarci su un cambiamento mistico del cuore e invece focalizzarci sulla nostra vita sociale cercando di crescere e migliorare sotto quell’aspetto. La conseguenza di quel tipo di scelta è che a sua volta il nostro cuore cambierebbe e anche la nostra vita emotiva, mentale e fisica. Agire in quel modo ci aiuterebbe nella nostra crescita interiore. 
E’ concepibile che si debba attraversare anche un’altra fase cercando di mettere in pratica delle discipline spirituali come per esempio nel campo delle amicizie chiedendoci se dovremo limitarci a frequentare soltanto delle persone che hanno intrapreso il nostro stesso percorso di fede e se dovremo allontanarci da chi non la pensa come noi. Dovremo anche chiederci se abbiamo creato delle relazioni disfunzionali o non salutari dal punto di vista spirituale e se fosse il caso di sfarci di esse. Quali sono le scelte che stiamo facendo nell’aspetto mentale ed emotivo della nostra vita? Quando il nostro cuore è forte esso ha degli effetti positivi che si riscuotono sul resto della nostra esistenza. A quel punto è possibile iniziare a vivere meglio perché il cambiamento prima si è interiorizzato e poi si è esternato. Teniamo presente però che vivere a quel livello non rappresenta il nostro obbiettivo finale, farlo farebbe di noi delle persone religiose e basta. La nostra meta è invece cambiare certi aspetti della nostra vita per aiutarci a crescere e maturare dal punto di vista spirituale. 
Gesù ci ha dato diverse illustrazioni e mezzi per aiutarci a tenere la nostra crescita interiore presente. Una di queste illustrazioni è la Comunione o la Santa Cena. Il registro più antico di questo evento si trova nella lettera di primo Corinzi capitolo 11. L’apostolo Paolo disse nei passi 23 al 26 dello stesso capitolo: “Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga»”. Gesù poteva benissimo aver spezzato il pane che simboleggiava il Suo corpo spezzato gettandolo a terra; la stessa cosa con il vino, avrebbe potuto versarlo sul suolo per simboleggiare il Suo sangue versato per l’umanità ma invece ha desiderato interagire con un simbolismo esterno per aiutarci a ricordarLo. Ci ha chiesto d’ingerire il pane ed il vino come simbolo della nostra accettazione del Suo sacrificio per noi non solo da un punto di vista intellettuale. La prossima volta che parteciperemo alla Santa Cena cerchiamo di vivere l’esperienza in modo meditativo e di prendere del tempo per “mangiare” e “bere” simbolicamente ma anche empiricamente “mangiando e bevendo” il Suo amore per noi. 
La pratica spirituale dell’attenzione ha a che fare con il ricordarci di ciò che dovrebbe essere la nostra focalizzazione e ciò che dovrebbe essere il centro della nostra coscienza, la ricalibrazione del nostro cuore, fatto che rinnova la nostra visione. Nella lettera agli Ebrei 12:2 dice che dovremo tenere gli occhi su Gesù. Spesso tendiamo ad andare fuori strada in un modo o nell’altro e quindi Gesù ci ha provvisto di diversi strumenti per aiutarci nel nostro cammino. 
La comunità è un altro mezzo tramite il quale possiamo frequentare diversi amici, dare ascolto a diversi insegnanti, partecipare ad incontri in casa, discutere e dibattere; tutte attività volte ad aiutarci a tenere i nostri occhi su Gesù, Colui che ci ha mostrato l’amore di Dio e che ci dimostra come dobbiamo diventare. Il nostro obbiettivo non dovrebbe essere quello di diventare una persona più spirituale, più pacifica o in grado di perdonare ma invece dovremo cercare di conformarci a Cristo lasciando che l’esito di questa azione porti dei frutti dello Spirito come la pace, l’amore ed il perdono. 
Nella seconda lettera di Pietro 1:4, l’apostolo Pietro parla di come Dio ci ha donato tutto ciò di cui abbiamo bisogno per aiutarci a crescere e maturare spiritualmente dicendo: “attraverso le quali ci sono donate le preziose e grandissime promesse, affinché per mezzo di esse diventiate partecipi della natura divina…” La natura divina è il cuore di Dio dentro di noi ma esistono degli ostacoli che dovremmo superare per riuscire ad associarci con essa. Nella lettera di 1 Pietro 1:8 dice: “Perché, se queste cose si trovano in voi abbondantemente, non vi renderanno pigri né sterili nella conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo.” Ecco l’obbiettivo della nostra vita: crescere e maturare non limitandoci ad imparare una certa pratica spirituale. La lettera di 1 Pietro 1:9 dice: “Chi invece non ha queste cose è cieco e miope, perché ha dimenticato di essere stato purificato dai suoi vecchi peccati.” In altre parole, se ci mancano dette qualità significa che non stiamo crescendo, non che siamo delle brutte persone ma che abbiamo dimenticato che siamo stati trasformati in brave persone, lavati dai nostri peccati e che lo Spirito di Dio è stato impiantato nel nostro interiore e che siamo parte della natura divina di Dio stesso. Abbiamo bisogno di ricordare questo fatto e di rifocalizzarci. Proseguendo sullo stesso capitolo della lettera di Pietro il passo 12 dice: “Perciò non tralascerò di ricordarvi del continuo queste cose, benché le conosciate già e siate saldi nella verità che ora avete.” Quindi, siamo consapevoli di questi fatti nel nostro cuore ma abbiamo sempre bisogno dei segnali esterni per ricordarci di esse. Questa è la sintesi di ciò che le diverse pratiche spirituali dovrebbero rappresentare all’interno di una comunità di fede: ricordarci di ciò che abbiamo già nel nostro interiore. Gesù ha detto nel vangelo di Giovanni 14:26: “ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto.” Lo Spirito Santo dentro di noi è al lavoro indicandoci e guidandoci verso Gesù e ricordandoci di Lui. Perciò, abbiamo a disposizione le diverse pratiche spirituali e i simbolismi come la Comunione e la comunità. Ci associamo a tutte queste pratiche tenendo lo sguardo fisso su Gesù e non sulle istituzioni o sui fenomeni ma sulla Persona stessa di Cristo.