Nel vangelo di Giovanni 7:37-39 Gesù stava partecipando ad un festival religioso, il passo dice: “Or nell’ultimo giorno, il gran giorno della festa, Gesù, stando in piè, esclamò: Se alcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Or disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui…”. Lo Spirito Santo sarebbe stato dato a chi avesse avuto fede e fiducia in Lui ed in ciò che affermava credendo che fosse la verità. Lo Spirito Santo, la presenza personale di Dio ci dice di venire a Lui perché Lui ci offrirà da bere. Gesù ci ha promesso che dal nostro seno sgorgheranno fiumi d’acqua viva (Nuova Riveduta), un’altra traduzione dice “da dentro di lui” (La Nuova Diodati). Questa fontana di cui ci ha parlato Dio stesso, quella connessione spirituale diretta, quel rinfresco che possiamo ricevere da Dio può veramente essere inserito nel nostro essere. Il Suo Spirito può addentrarsi e quella fonte divina può sgorgare dal nostro interno. La nostra spiritualità e connessione con Dio in quel caso parte dal nostro interno. “Il suo seno” in greco originale è la parola “ventre” che spesso viene utilizzata in modo metaforico con il significato di “anima”, “essere interiore” o “cuore”.

Chiediamoci, dal punto di vista Divino, qual è il recipiente giusto o il meccanismo di consegna più appropriato per il Suo Spirito? Il fatto è che non siamo in grado di convergere su un’unica tradizione, dogma, chiesa o denominazione in particolare. L’unico recipiente o meccanismo di consegna dal punto di vista di Dio è racchiuso in Gesù. Dobbiamo solo avvicinarci alla Persona di Gesù. Lui ci ha chiesto di venire a bere da Lui. Non ci ha chiesto di avvicinarci a Lui per insegnarci il nobile ottuplice sentiero o le quattro nobili verità del buddismo né i cinque pilastri dell’Islam né i dieci comandamenti. Si è semplicemente limitato a chiederci di avvicinarci a Lui per bere; azione del tutto relazionale alla sua base. Nella lettera ai Romani 8:9 lo Spirito di Dio e lo Spirito di Cristo sono dei termini alternanti; quando accogliamo, seguiamo e lasciamo che Gesù ci guidi e ci insegni, lo Spirito si riversa nel nostro essere più profondo. Se desideriamo seguire Gesù, dovremo veramente seguirLo permettendo che Lui diventi il nostro centro di riferimento. Nella lettera agli Ebrei 12:2 l’apostolo Paolo ci incoraggia a ” tenere gli occhi su Gesù”, per poter camminare insieme a Lui . Darli ascolto, non consiste in cercare di seguire il Suo esempio in modo esterno seguendo semplicemente delle regole.  Gesù versa dentro di noi qualcosa di meraviglioso. Nel vangelo di Giovanni 4:7-26, una donna samaritana venne ad attinger l’acqua. (Relatore: Gesù diede inizio a questo interagire tra lui e la donna, fatto molto inappropriato nel contesto della cultura di quei giorni. Un comportamento piuttosto sovversivo e controculturale.)  Gesù le disse: “Dammi da bere”. (Relatore: L’apostolo Giovanni è un narratore fenomenale perché lascia sempre dei dettagli particolari che aggiunge dopo, questo per provocare una reazione nei lettori. Per esempio, nel vangelo di Giovanni 5 dopo aver raccontato che Gesù aveva guarito un uomo e che gli aveva chiesto di prendere il suo letto con se, Giovanni aggiunse che questo fatto accadde in un giorno di sabato. Lo fece alla fine perché voleva provocare una reazione shock, stupendo! Lo fece apposta per turbare i religiosi che erano attaccati alle loro tradizioni e che proclamavano che il “recipiente” fosse la cosa più importante. Lo fece per aiutarli a comprendere che “leccare il bicchiere” non li avrebbe dissetati. Tornando al dialogo tra Gesù e la samaritana, c’è da evidenziare che in Israele durante il primo secolo non era ben visto che un uomo parlasse con una donna in pubblico. Un rabbino o maestro come nel caso di Gesù non avrebbe dovuto conversare, avere discepoli di sesso femminile e neanche insegnare delle verità spirituali alle donne, cosa che fece spesso. I rabbini non dovevano neanche parlare con le loro mogli in pubblico per evitare che altri pensassero male di loro. Lo standard culturale di quel giorno era così. Il mondo sociale degli uomini e delle donne era molto diverso. Se noi fossimo parte di una congregazione cristiana della prima chiesa e leggessimo che Gesù parlò con una samaritana saremo rimasti scioccati. Il commento di Giovanni che segue è stupendo perché dopo aver raccontato che Gesù parlò con la samaritana aggiunse che era da solo).  (Giacché i suoi discepoli erano andati in città a comprar da mangiare). Onde la donna samaritana gli disse: “ Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana”? Infatti i Giudei non hanno relazioni co’ Samaritani. (Relatore: In quei giorni i samaritani e i giudei erano nemici religiosi. Il popolo ebraico e il popolo samaritano vivevano la loro fede in modo diverso e le loro religioni erano in competizione. Entrambi i popoli avevano una storia di ostilità ed ognuno di loro sosteneva di essere il vero popolo di Dio, il vero movimento di Yahwe.) Gesù rispose e le disse: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli t’avrebbe dato dell’acqua viva”.  La donna gli disse:” Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; donde hai dunque codest’acqua viva? Sei tu più grande di Giacobbe nostro padre che ci dette questo pozzo e ne bevve egli stesso co’ suoi figliuoli e il suo bestiame? Gesù rispose e le disse: “Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna”. (Relatore: Gesù qui menziona l’acqua viva di nuovo dicendo che Lui può inserire questa fonte dentro di noi!) La donna gli disse: “Signore, dammi di codest’acqua, affinché io non abbia più sete, e non venga più sin qua ad attingere”. Gesù le disse: “Va’ a chiamar tuo marito e vieni qua”.  La donna gli rispose: “Non ho marito”. E Gesù:”Hai detto bene: Non ho marito; perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. (Relatore: Quando Gesù ha menzionato questi fatti non lo fece con un tono di condanna né le disse che era stato inviato da Dio per mettere in evidenza il suo peccato. Lui in quel momento entrò nel mondo di quella donna e si attinse soltanto ai fatti. Come mai? Perché come è ovvio da questa conversazione, Lui l’aveva accettata. Dopo questo intervento Gesù e lei parlarono di temi spirituali profondi, rivelatori e significativi. Lui la valorizzò come donna ed volle farle sapere che il rispetto che Gli stava dimostrando non era dovuto al fatto che non sapesse nulla di lei ma al contrario, che la conosceva bene e l’accettava lo stesso. Bellissimo! La spiritualità di Cristo è sempre riversata su coloro che riconoscono le loro proprie debolezze, non verso le persone che cercano di nascondere i loro propri errori dietro un muro di devozione religiosa. Gesù cerca persone come la samaritana e si rivela a loro.) La donna gli disse:” Signore, io vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare”. (Relatore: Questo tema era al centro del dibattito tra gli ebrei e i samaritani. Lei cercò di sviare la conversazione e di parlare di un tema di indole religiosa chiedendo quale fosse la struttura religiosa giusta dove poter adorare Dio.) Gesù le disse: “Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza vien da’ Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità”.  La donna gli disse:” Io so che il Messia (ch’è chiamato Cristo) ha da venire; quando sarà venuto, ci annunzierà ogni cosa”. Gesù le disse:” Io che ti parlo, son adesso.” Gesù in questo passo ha voluto offrirci un rinfresco spirituale della presenza personale di Dio, del Suo Spirito che partiva dall’interno per poi esteriorizzarsi. La prima chiesa non aveva soltanto questo simbolismo di bere da Dio tramite Gesù ma anche il concetto di essere immersi in Dio. Il battesimo divenne il bellissimo simbolismo di essere buttati dentro le acque della presenza di Dio. L’acqua ci purifica, ci perdona, ci lava e ci rinnova.

La religiosità spesso prende questi simbolismi spirituali stupefacenti e li trasforma in un concetto di salvezza dove uno finisce per “leccare il bicchiere”. Giovanni Battista stava battezzando le persone nel vangelo di Matteo 3 quando alcuni religiosi si presentarono. L’originale greco è un po’ ambiguo in questa parte quindi non si sa se si fossero presentati solo per guardare o per essere battezzati, il termine utilizzato potrebbe essere tradotto in entrambi i modi. Una cosa della cui siamo certi però è che non si erano presentati per criticare Giovanni appena arrivati ma che stessero cercando di valutare bene se fosse il caso di battezzarsi o no. Giovanni Battista vide i religiosi avvicinarsi, ma invece di accoglierli con calore, dicendoli:”  Cari religiosi, siete proprio benvenuti! Venite a battezzarvi, apprezzo davvero la vostra intenzione, grazie per essere venuti!”; niente di tutto questo.  Giovanni Battista reagì molto diversamente. In Matteo 3: 7,8 esplose così: Razza di vipere, chi v’ha insegnato a fuggir dall’ira a venire? Fate dunque de’ frutti degni del ravvedimento”. In altre parole, voleva dire non vi limitate a cercare un altro modo per esercitare la vostra religiosità per adempire la vostra lista di doveri religiosi; andate e vivete una vita compassionevole, una spiritualità sovversiva che il Messia ci insegnerà. Il Messia verrà e ci insegnerà un modo nuovo di vivere la nostra vita!” Gesù spesso ripeté la stessa cosa a chi desiderava seguirlo ma avendo un cuore pieno di religiosità e si atteneva solo ad un programma stabilito. Gesù stava cercando di aiutarli a non trasformare un simbolismo bellissimo di spiritualità che parte dall’interno in una pratica religiosa esterna. Gesù li chiamò razza di vipere per questo motivo anche nel vangelo di Matteo capitolo 23. Dare del “serpente” a qualcuno nel contesto della cultura di allora già era un insulto ma chiamarli “progenie di vipere” (Matteo 23:33 Diodati) era un insulto enorme. La mitologia greca insegnava che i piccoli del serpente crescevano all’interno del ventre della loro madre e quando arrivava l’ora del parto essi divoravano la loro madre dall’interno e uscivano in quel modo, nutrendosi di lei e uccidendola. Perciò, quell’insulto era tra i peggiori ed equivaleva a dire: “siete così abietti che perfino mangiate la vostra propria madre”. In un certo senso i religiosi di quel giorno erano colpevoli di questo fatto perché prendevano i principi spirituali che Dio aveva dato al suo popolo ed  simbolicamente divoravano la loro madre in quanto prendevano la loro fede ebraica e la trasformavano in religione. Gesù ad un certo punto prese posizione contro di loro non perché fosse antisemita ma perché era contro la religiosità. Gesù stava cercando d’insegnarli a non divorare ciò che Dio li aveva dato trasformandolo e lasciando soltanto un guscio religioso vuoto. In un certo senso, anche noi siamo colpevoli degli stessi sbagli con il cristianesimo. Quante volte nelle nostre comunità, con il desiderio di essere “bravi cristiani”, dopo aver studiato le Scritture, diventiamo più seguaci di dottrine, regole e forme invece d’imparare ad amare, vivere e servire come Gesù? Questo dovrebbe essere il nostro fine ultimo di studiare la Bibbia, non focalizzarci sui dettagli, sui simbolismi e farne nuove tradizioni.

A seguire…… parte 3