Un gruppo di cittadini illustri parte dell’alta società di Ginevra fu arrestato quando gli anziani del quartiere scoprirono che avevano organizzato una festa di ballo privata nella loro casa. L’industria locale di giocattoli e di carte fu costretta a chiudere a causa delle nuove leggi. Il proprietario invece di “pentirsi” andò da Calvino a lamentarsi; e per questo dovette camminare per tutta la città indossando soltanto una camicia e portando addosso un manifesto con l’elenco di tutti i suoi peccati implorando a voce alta la misericordia di Dio.
Dopo questo i magistrati civili e il Concistoro iniziarono a chiedersi se fosse giusto applicare tutto ciò che Calvino dicesse e cominciarono a sfidare diverse delle sue proposte di legge. Ecco altre due leggi proposte da Calvino che per fortuna non furono approvate: il divieto di dare un nome non biblico ai nuovi nati e che le prostitute o qualsiasi persona adultera dovesse marciare per tutta la città indossando un cappello da somaro. Calvino si arrabbiò con il Consiglio accusandoli di essere diventati mosci e di non seguire le leggi stabilite e reagì affermando: ” Tutti sono delle puttane, tutti quanti. L’ uomini e le donne che se ne vanno in giro facendo sembrare Dio uno sciocco.”
Non trovate che ci siano delle lezioni che possiamo imparare dalla storia?
Per primo direi che le etiche cristiane non possono e non devono essere legiferate. Ogni ora spesa a cercare di far sì che questi principi cristiani diventino leggi statali per far diventare le nostre nazioni “più cristiane”, così che noi possiamo vivere in modo più agevole all’interno della nostra subcultura cristiana è un’ora persa a correre dietro l’obbiettivo sbagliato. Noi non cerchiamo di convincere gli altri a vivere in modo più cristiano se essi non sono interessati a seguire Cristo. Cercare di convincere il governo ad applicare delle leggi cristiane ha sempre avuto delle conseguenze terribili. Quando impareremo dalla storia? Non ci sono degli esempi positivi ottenuti come frutto del matrimonio tra la chiesa e lo stato, tra il potere coercitivo e gli insegnamenti di Cristo. Anche se fossimo nel giusto e tutte le nostre etiche fossero allineate a Cristo non sarebbe giusto applicare la forza per viverle. Ritengo anche che in molti casi le etiche di Calvino non fossero cristiane.
Lo stato è sovrano e laico e spiritualmente può essere sotto l’influenza di Dio, non certo sotto quella della Chiesa. Lo stato può portare la spada e può anche senza saperlo costringere le persone a fare la cosa giusta per conto di Dio. Dio può valersi di uno stato pagano per compiere la Sua volontà. Gesù ne era consapevole e disse a Pilato che lui non si troverebbe lì se non fosse per il volere di Dio. Dio è in controllo in modo sovrano. Come chiesa, dovremmo concentrarci in essere la miglior chiesa che possiamo essere senza per forza cercare di far sì che lo stato divenga più come la chiesa. Costringere le persone attraverso le leggi dello stato, non è un bel modo di espandere il vangelo. Il messaggio di redenzione del vangelo va al di fuori della legge, cioè dal concetto che la legislazione di moralità e santità deve essere trasmessa alle persone attraverso leggi che provengono dall’esterno e che dovrebbero cambiare il cuore delle persone. Questo concetto è stato spezzato dal messaggio di Gesù che ci ha chiesto di iniziare la nostra trasformazione dall’interno per poi esteriorizzarla dedicandoci a Cristo. La legge è un modo piuttosto vile di espandere il vangelo di Cristo.
Un’altra riflessione è che una mente brillante non sempre è sinonimo di avere un cuore amorevole come nel caso di Calvino. Essere intelligenti non equivale ad essere come Cristo. Michele Serveto fu un grande intellettuale, teologo, medico e umanista spagnolo. Lui studiò la Bibbia nella lingua originale e aveva una buona padronanza sia dell’ebraico che del greco. Scrisse una vasta quantità di opere teologiche come Calvino ma non arrivò alle stesse conclusioni.
Lui sosteneva che Gesù non fosse un membro della Trinità ma che fosse stato concepito da Dio e creato con il proposito di diventare il Messia e morire sulla croce per il mondo. Gesù per Lui non era Dio ma il Suo figlio. Suddetta affermazione non faceva parte del credo cristiano tradizionale e non lo è neanche ora. La domanda che si pone in questa situazione è: quale sarebbe la reazione giusta che dovremo avere quando qualcuno sostiene una posizione contraria sulla metafisicità della relazione tra Cristo e il Padre?
Serveto scrisse a Calvino convinto che lui fosse la sua anima gemella intellettuale e gli chiese se fosse possibile incontrarsi per discutere i diversi punti di vista che entrambi sostenevano. Calvino rispose dicendoli che era benvenuto e che poteva certamente venire a trovarlo a Ginevra concludendo la sua lettera con queste parole: “..imploro al nostro buon Signore che ti mantenga al sicuro. Il tuo servitore e sincero amico, Calvino.” Si potrebbe intuire da dette parole che il terreno era fertile per coltivare una buona relazione d’amicizia ma la realtà era ben diversa. Lo stesso giorno Calvino scrisse una seconda lettera ad un altro riformatore di nome Farel, dicendo: “Serveto, assieme alle sue lettere, mi ha appena inviato un lungo volume con i suoi vaneggiamenti. Se acconsento verrà qui ma non farò alcuna promessa poiché, se mai dovesse venire e se la mia autorità vale qualcosa, non gli consentirò di ripartire vivo.”
Passò un po’ di tempo prima che questo avvenisse ma sette anni dopo Calvino ebbe ciò che desiderava. Serveto fu costretto a passare per Ginevra dove fu riconosciuto ed arrestato all’istante. Calvino appoggiò l’azione penale contro Serveto il quale non ricevette nessun tipo d’aiuto, consiglio o rappresentanza legale durante il suo processo nonostante fosse appena arrivato in città e non fosse a conoscenza di nessuna delle leggi lì osservate. Ironicamente si può dire a favore di Calvino che chiese ai magistrati di commutare la sentenza al rogo con la decapitazione come atto di misericordia. Alche i magistrati risposero che Calvino avesse insegnato loro che la pena per l’eresia fosse l’essere arso vivo e perciò non capivano la motivazione del cambio di pena di morte per questo caso in particolare. Perciò, non accolsero la richiesta di Calvino. Le ultime parole di Michele Serveto mentre moriva al rogo furono queste: «Gesù, figlio del Dio eterno, abbi pietà di me!» Più tardi in una delle riflessioni di Calvino disse che Michele Serveto doveva aver dichiarato “Gesù, Figlio eterno di Dio, abbi pietà di me” invece di aver detto “Gesù, figlio del Dio eterno:..” perché essersi espresso in quel modo dimostrava ancora più palesemente la sua eresia anche nel momento della sua morte. Difendere la purezza dottrinale in questo caso aveva accecato i cuori delle persone che pensavano di seguire Gesù. Fatto orrendo. Si può avere la dottrina giusta e allo stesso tempo essere lontanissimi dal cuore di Cristo. Per me questa è stata una dura realtà da affrontare perché avevo sentito parlare del calvinismo quando ero un ragazzo e avevo studiato i suoi insegnamenti nel seminario. Calvino era il mio eroe. Mi consideravo più calvinista che Calvino stesso. I suoi insegnamenti riescono a far luce su praticamente tutto e per me che sono una persona a cui piace avvicinarsi alla fede con la mia mente, Calvino fu un vero modello di vita. Attenzione però, l’essere intelligenti non fa di noi delle persone devote. Riuscire ad organizzare e sistemare tutte le nostre dottrine non ci fa diventare più come Cristo. Con questo non sto insinuando che Calvino non lo fosse in altre aree della sua vita ma, mamma mia, che mancanza allucinante!
Altri protestanti protestarono il ruolo che ebbe Calvino nella morte di Michele Serveto. Uno di loro, Sebastiano Castellione scrisse: «Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo. Quando i ginevrini hanno ucciso Serveto non hanno difeso una dottrina, hanno ucciso un uomo. Non spetta al magistrato difendere una dottrina. Che ha in comune la spada con la dottrina? Se Serveto avesse voluto uccidere Calvino, il magistrato avrebbe fatto bene a difendere Calvino. Ma poiché Serveto aveva combattuto con scritti e con ragioni, con ragioni e con scritti bisognava respingerlo. Non si dimostra la propria fede bruciando un uomo, ma facendosi bruciare per essa.» Calvino si sentì costretto a difendersi perché diverse persone espressero le loro contrarietà al suo modo d’agire dicendo che lui non avesse insegnato loro un “nuovo modo d’affrontare i loro nemici” secondo gli insegnamenti d’amore di Cristo. Calvino rispose: “molti mi hanno accusato di aver agito con feroce crudeltà insinuando che vorrei uccidere ancora una volta colui che ho già distrutto. Non solo rimango indifferente ai loro commenti e opinioni ma mi rallegro del fatto che sputino sulla mia faccia. Chiunque contesti il fatto che sia ingiusto uccidere sia eretici o bestemmiatori ammette la propria colpa.” In altre parole, se uno pensava che non fosse giusto mettere a morte degli eretici equivaleva ad ammettere di esserlo e rischiava d’essere messo a morte.
Vi piace la teologia, la dottrina e studiare a fondo le scritture? Vi piace onorare Dio sia con la vostra mente che con il vostro cuore e la vostra forza? Complimenti, ma stiate attenti a non fare un dio di esso. Nessuna dottrina sia questa il calvinismo, l’arminianesimo o qualunque altra ha mai donato la sua propria vita per salvarci dai nostri peccati. Nessuna dottrina teologica ci ha donato la salvezza. La verità ci rende liberi ma Gesù ci ha dato un intendimento della verità ben diverso: la verità è incarnata in una Persona che seguiamo e con la quale cerchiamo d’istaurare una relazione. Non è un insieme di dottrine che dobbiamo mettere in discussione di continuo considerandoci parte del gruppo “accettato” o “interno”.
Gesù ha detto in Giovanni 17:3 “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.” Il concetto ebraico del termine “conoscere” non si limita ad una conoscenza riguardo alla persona o dell’argomento ma va oltre, significa istaurare un rapporto intimo con esso. Significa conoscere il Padre ed il Figlio. Il mondo ha già molte persone intelligenti, c’è bisogno di più persone che si impegnino a fare del bene. Bono, membro della band U2 disse: “Ho questa fame dentro di me. Ovunque guardo vedo l’evidenza di un Creatore. Non sto parlando di religione; la religione ha diviso il mio popolo in due. Non penso che Cristo appartenga a nessuna religione. La religione per me è quando Dio è assente e le persone concepiscono un insieme di regole per riempire il vuoto.”
L’ortodossia consiste nell’ avere la giusta dottrina, il giusto credo in Dio. Questo ha la sua rilevanza ma non dovrebbe diventare il nostro dio. L’enfasi che Cristo ci insegnò si trova nell’ortoprassi, cioè, nell’amare il prossimo e comportarsi bene. Ricordiamo l’ermeneutica di Cristo, cioè il modo in cui studiamo le scritture e i principi che utilizziamo per la loro interpretazione ed applicazione. Noi cerchiamo di leggere la Bibbia filtrando tutto attraverso Gesù. L’ermeneutica comunitaria che cerchiamo di mettere in pratica è che il miglior modo di capire la Bibbia è quando ci raduniamo come comunità e la leggiamo insieme. La Bibbia non è stata concepita con il proposito di poter capirla e interpretarla da soli. Ogni tanto qualcuno mi approccia dicendo che nel loro gruppo di chiesa in casa hanno tratto delle cose bellissime dalla Bibbia che non sarebbero mai stato in grado di capire o di notare da soli. Questa è una cosa positiva. La nostra crescita avviene in comunità quando ci troviamo tutti insieme. La cosa importante è che la comunità abbia una priorità e che insieme si studi la verità. In questo modo la verità viene inserita nel mezzo del corpo di Cristo che poi cresce e cerca di vivere ciò che impara. Questo modo risulta preferibile a ciò che un individuo possa fare da solo. Noi cresciamo e impariamo insieme come una famiglia unica. Per ultimo, vorrei far notare che gli insegnamenti di Gesù enfatizzano il nostro modo di vivere, l’applicazione pratica. Gesù colpì i fondamenti dottrinali nel segno. Cosa significa che Cristo sia venuto per portare a compimento la legge, non per distruggerla ma per portarla a compimento? Lui l’ ha assorbita per far sì che noi potessimo semplicemente seguirLo. Gesù nel sermone della montagna cercò di spiegare tramite esempi pratici ciò che significa applicare tanti principi alla nostra vita. Mette in evidenza il modo giusto di vivere. La compassione è un tema centrale dei suoi insegnamenti. Matteo 7:15, 16: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete.” Non dalla loro posizione dottrinale ma dai loro frutti. In contesto, il frutto di cui parla ha a che fare con il modo in cui uno si comporta. Seguono veramente gli insegnamenti di Cristo? Matteo 7:21 “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome?” Abbiamo fatto tanti miracoli carismatici, guardaci! Gesù risponderà dicendo: “Quella è la parte facile!” Matteo 7;23: “Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.” Gesù in quel passo utilizzò il termine “conoscere”, lo stesso che venne utilizzato prima per parlare di Maria e di come Giuseppe non l’avesse ancora “conosciuta” in Matteo 1:25: “la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.” Il termine “conoscere” per gli ebrei significava avere un rapporto intimo. Gesù in questo passo rimprovera il fatto di non aver instaurato questa relazione intima con Lui.