Nella veduta della prima chiesa l’esercito rappresentava la violenza e quindi, unirsi all’esercito non veniva considerata una cosa giusta. Nei primi secoli le persone di fede venivano incoraggiate a mettere in atto il metodo della non-violenza creativa chiamatosi “patientia” in latino. La definizione del termine “patientia” in latino a parte il significato più utilizzato di “pazienza”, significa anche “resistere al male mediante l’uso dei mezzi non-violenti”. Sotto lo slogan di “patientia” i primi leader della chiesa affermavano che la pace non rappresentasse soltanto un obbiettivo da raggiungere a qualsiasi costo ma che fosse parte della loro vita, doveva essere dimostrata dalle persone stesse. Rifiutavano il concetto di dover ottenere la pace tramite la violenza perché essa veniva manifestata nel modo in cui vivevano e si comportavano, per cui non era necessario smettere di vivere in modo pacifico per poterla ottenere. La pace per loro non era un concetto astratto. “Patientia” divenne per loro un modo di vita che comportava un cambiamento di atteggiamento. “Patientia” significa sopportare il male e resistere alla tentazione di commetterlo e non il contrario, cioè, commettere il male per non doverlo sopportare.
Il regno di Cristo veniva considerato come l’amore, compassione e benevolenza espressa all’interno delle comunità di fede. La prima chiesa credeva che le profezie dell’Antico Testamento sugli ultimi giorni si stessero avverando, tra cui Isaia 2:4 “Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra.” Per noi nel presente è ovvio che quel passo non si stia adempiendo ma speriamo che un giorno diventi realtà. Gli ebrei nutrono la stessa speranza.
La prima chiesa sosteneva che un giorno la profezia contenuta in Isaia 2:4 si sarebbe avverata nel reame fisico ma che in quel momento si stesse concretizzando in modo spirituale. All’interno delle loro comunità cristiane “forgiavano le loro spade in vomeri”, rifiutavano la bramosia e la dipendenza del potere cercando invece di vivere l’amore donato da Dio. Quindi per loro quel versetto era una realtà, il vero “Regno di Dio”. Questo pensiero fece parte del loro credo e dei loro insegnamenti per centinaia d’anni durante i quali sono stati severamente perseguitati. Il loro movimento era in crescita continua. Più soffrivano per mano dei romani essendo perseguitati, puniti, messi a morte e umiliati pubblicamente, più diventavano numerosi grazie alla loro testimonianza mentre morivano. I cristiani si rifiutavano di rispondere al male con il male e di cercare vendetta e spesso morivano benedicendo i loro carnefici.
Una svolta storica importantissima accade agli inizi degli anni 300 d.C. quando Costantino I, il nuovo imperatore salito sul trono, diventò cristiano. Da quel momento i cristiani iniziarono ad essere tollerati e a godere della benedizione, appoggio e sostegno da parte del resto dell’impero romano. La cristianità fu imposta poco tempo dopo. Chi lo avrebbe mai immaginato? Qualche anno prima i cristiani avevano sofferto una delle persecuzioni più brutali per mano dell’imperatore Diocleziano.
A questo punto della storia, 25 anni dopo Costantino cambiò tutto. Furono perfino invitati tutti i vescovi e capi della chiesa a radunarsi insieme a Roma per discutere sulla dottrina e riguardo al futuro della chiesa stessa. Cosa pensate si siano immaginati quei cristiani mentre venivano condotti a Roma? Pensate che abbiano avuto fede nelle parole dell’imperatore o che abbiano immaginato che una volta arrivati, lui li avrebbe messi a morte? La conversione di Costantino sembrava genuina e anzi, per la prima volta nella storia lo stato voleva sostenere la chiesa ed aiutarli ad essere uniti. Quale fu la loro reazione davanti a questi fatti?
Secondo gli scritti antichi della prima chiesa scopriamo che il concetto del “Regno di Dio” cambiò dopo l’era costantiniana. Si cominciò ad affermare che il “Regno di Dio” non si trovasse soltanto nelle relazioni amorevoli tra le persone di fede ma che c’era la possibilità che Dio stesse portando a compimento la manifestazione fisica del Suo Regno come del resto i cristiani avevano sempre sperato. Roma in quel momento diventò per loro il “Regno di Dio” sulla terra. Attraverso lo stato che era divenuto “cristiano” potevano finalmente ottenere l’adempimento letterale delle profezie dell’Antico Testamento. E’ molto comprensibile che la pensassero in quel modo ma il problema è che un regno fisico ha bisogno di essere difeso, mantenuto e portato avanti tramite la violenza. La guerra è una parte intrinseca della natura decaduta di questo mondo.
Dopo Costantino I diversi autori cristiani iniziarono a sviluppare la dottrina della guerra giusta. Per la prima volta si chiedevano se fosse giusto per un cristiano arruolarsi nell’esercito ed uccidere per una giusta causa. Attenzione, teniamo presente che la cristianità non ebbe quelle radici, perché spesso in diverse cerchie cristiane in occidente si sente dire il contrario. E’ importante conoscere il contesto storico di questo pensiero. Agostino d’Ippona concluse: “Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace nel modo che, vincendo la guerra, tu possa condurre al bene della pace coloro che sconfiggi” (Lettera 189). Un messaggio lampantemente diverso! La generazione di cristiani prima aveva sempre sostenuto che qualunque fosse l’obbiettivo da raggiungere, la metodologia avrebbe dovuto allinearsi ad esso. Consideravano importantissimo dare dimostrazione viva della pace stessa con la testimonianza delle loro vite. Era lecito dare la propria vita per la causa della pace, ma mai uccidere per la causa della pace. Agostino proponeva invece che per ottenere la pace era lecito “condurre al bene” tramite la violenza chiunque fosse necessario perché alla fine li sarebbe stato donato il bene della pace dopo averli sconfitti. “Condurre al bene” in questo caso sono delle belle parole che significano che andasse bene massacrare chiunque fosse necessario per raggiungere l’obbiettivo di conquistare il loro territorio e farli entrare per forza nel territorio della chiesa. In un’altra citazione d’Agostino disse così: “Cosa infatti si biasima nella guerra? Forse il fatto che muoiano quelli che sono destinati a morire, perché i destinati a vivere siano sottomessi nella pace? Obiettare questo è proprio dei paurosi, non dei religiosi.” ( dalla lettera di Contro Fausto – 22.74)
Durante quel periodo i capi della chiesa iniziarono a focalizzarsi sull’Antico Testamento ed a reinterpretare le Scritture sulle guerre affermando che il Regno di Dio fosse un territorio fisico. Gesù aveva insegnato il contrario, che il Regno di Dio e anche il nostro combattimento fossero di natura spirituale. Cominciarono anche a cercare nel Nuovo Testamento degli indizi che indicassero che anche Gesù la pensasse in quel modo e così reinterpretarono le Scritture come nel caso di Luca 14:23. Il passo dice: “Il padrone allora disse al servo: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.” Gesù stava raccontando una parabola nella quale il padrone di casa aveva preparato una grande cena, un banchetto e desiderava invitare i poveri, gli storpi, i ciechi, i zoppi, e tutti i dimenticati e mandò il suo servo fuori a costringerli a partecipare. Cioè, desiderava che il servo li convincesse ed in un certo modo li obbligasse ad andare perché era una cosa bella. Agostino reinterpretò questo passo come prova della liceità dell’uso della forza per costringere gli eretici all’ortodossia dicendo che Gesù fosse d’accordo. Secondo Agostino in termini moderni Gesù stava dicendo: “convertitevi a Cristo o morite”. Una grande forzatura! Gli insegnamenti di Cristo sulla non-violenza furono reinterpretati totalmente!
E’ interessante notare come Agostino dovette affrontare una situazione difficile per poter far diventare una nazione cristiana. Un cristiano non dovrebbe pensare a se stesso ma anzi, dare la sua vita per gli altri, lui lo sapeva, ma cosa si fa quando si parla di una intera nazione? Si è posto la domanda se fosse giusto che una nazione cristiana offrisse se stessa dichiarando di voler essere al servizio degli altri aprendo le porte agli invasori. Una nazione cristiana non poteva agire nello stesso modo di una persona singola quindi dedusse che una nazione non dovrebbe difendersi dal male perché si tratterebbe di difendere cose materiali di natura temporale, cose che un cristiano dovrebbe essere in grado di rinunciare. Secondo Agostino l’unica motivazione che un cristiano dovrebbe avere quando va in guerra è quella di punire i malvagi. Perciò la guerra divenne la manifestazione della punizione di Dio. L’esercito divenne lo strumento divino per punire coloro che fossero ritenuti malvagi o meritevoli di castigo.
Nel 416 d.C. chi voleva fare parte dell’esercito romano doveva per forza essere cristiano. Il termine “pagano” fu utilizzato in questa era, in latino “paganus” significa “civile”, era una parola che veniva utilizzata spesso per descrivere chi non fosse parte dell’esercito. Quando essere cristiano diventò obbligatorio si attribuì il significato di “vero” cristiano a chiunque si arruolasse nell’esercito. Gli altri civili vennero coniati “pagani” e non veri cristiani perché non combattevano, e da allora il termine “pagano” venne utilizzato col significato di “non credente”.
Da quei tempi abbiamo ereditato la focalizzazione dei nostri insegnamenti, dottrine, e studi sulla metafisicità e le profonde teologie filosofiche di come Dio opera in sovranità, la Trinità e innumerevoli concetti astratti parte dei misteri di Dio piuttosto che sugli insegnamenti semplici ed etici di Cristo. Concentrarci su quei concetti complicati è un modo perfetto per non dover affrontare i semplici insegnamenti etici di Gesù, insegnamenti che ci mettono sempre in difficoltà. Questo modo di pensare è reso manifesto in diversi credi delle chiesa, bellissimi, come nel caso del Credo o Simbolo degli apostoli che dice: “Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto…” Notate che manca qualcosa? Che mi dite di tutta la parte tra “nacque da Maria Vergine” e “patì sotto Ponzio Pilato”? Manca tutta la vita di Cristo, tutti i Suoi insegnamenti, il Suo ministero, la Sua compassione, il Suo cuore…tutta la Sua vita rimane in disparte.
Molti che si fanno chiamare “cristiani” dichiarano che Gesù sia un punto centrale della loro fede, è qualcosa che si afferma in tutte le chiese. La vera domanda è, in quale modo Gesù è veramente centrale alla nostra fede? Cristo per noi è soltanto un concetto metafisico, teologico e dottrinale al centro delle nostre discussioni e dibattiti o piuttosto il nostro modello di vita? E’ il nostro Signore che cerchiamo di seguire dichiarando di voler vivere nel modo in cui Lui desidera?