Gesù in quest’occasione non stava mettendo in discussione solo l’abuso del sistema ma il sistema stesso. Molti di noi pensiamo che Gesù abbia reagito in modo aggressivo per il fatto che i cambiavalute stessero facendo pagare troppo per il loro servizio approfittando delle persone o perché c’era qualcosa di veramente losco dietro le quinte. Gesù con questo atto ha voluto invece confrontare il sistema e fermare le attività del tempio per qualche ora o dei giorni. Ricordiamo che aveva cacciato tutti gli animali via e ci sarebbe voluto un bel po’ a ritrovarli e a radunarli tutti. La frusta che Gesù aveva in mano era per far spostare gli animali, non per far male alle persone.
Quando Gesù entrava in scena pubblicamente aveva sempre una ragione, voleva sempre insegnare un principio, o dare una profezia riguardo il futuro, o la vera natura della realtà. Gesù volle mostrare che quel sistema non aveva più bisogno d’esistere, fu un atto profetico. Molti profeti dell’Antico Testamento drammatizzavano le loro profezie e anche Gesù lo fece in questo caso. Questa profezia si avverrò qualche decada dopo. Gesù sostituì il vecchio sistema religioso del tempio, del sacerdote, del sacrificio per il perdono dei peccati con Se Stesso.
Il “sistema” per noi al Meetinghouse rappresenta la religione; per noi la religione è qualsiasi sistema di regole, norme o rituali che le persone utilizzano per sentirsi apposto con Dio. Gesù è contrario alla religiosità e promuove la relazionalità.

Nel vangelo di Giovanni cap.2, Gesù chiamò il tempio la casa di Suo Padre, non del nostro Padre o del grande Padre di tutti o casa di Yahwe ma di Suo Padre. Sembrava di possedere una certa padronanza; del tipo, “Sono arrivato a casa e vi trovo tutti a fare una grande baldoria nella casa di mio Padre!” “Scusate, non è così che uno si dovrebbe comportare!” Gesù arrivò al tempio come un personaggio sconosciuto ma agì come se fosse il padrone di casa.
Più avanti in Giovanni 2:21 scopriamo che c’era un nuovo tempio, il tempio che si trovava nel Suo corpo e quindi non c’era più bisogno del tempio a Gerusalemme. Il Suo corpo era il tempio; era lì che sarebbe accaduto il sacrificio, era lì che la mediazione sacerdotale tra Dio e gli uomini sarebbe avvenuta.
L’apostolo Paolo parlò di nuovo di questo argomento dopo il sacrificio, la morte, la risurrezione e l’ascesa al Cielo di Gesù affermando che il corpo di Cristo oggi siamo noi. Quindi, noi siamo Il corpo di Cristo. Detta affermazione è molto profonda. Proclamare che ora noi siamo il nuovo tempio, ovunque due o tre si riuniscono nel nome di Cristo ecco il tempio, ecco dov’è Gesù. Il tempio non è più un luogo fisico in particolare ma le relazioni che stabiliamo tra di noi. Il tempio si trova ovunque si radunano i credenti; in un teatro, in un parco, in una chiesa, in case, etc. In Giovanni 4:21-24, Gesù evidenzia che il luogo dove uno dovrebbe adorare non sia più importante perché Lui stesso era diventato il tempio. Dio desidera che chiunque lo adora lo faccia in spirito e verità. I luoghi sacri divennero inutili dall’arrivo di Gesù in poi. Dal punto di vista spirituale ciò che diventa sacro ora sono le persone e le relazioni.
Il vangelo di Luca cap.19:41 dice che quando Gesù arrivò in vicinanza alla città di Gerusalemme, pianse. Pianse per quella città perché stava dando loro una scelta, la scelta della pace, stava offrendo loro un Messia che li avrebbe insegnato a vivere senza un tempio e ad imparare ad avere una migliore connessione con Dio. Gesù offriva loro un modo di amare il loro prossimo invece di odiarli, un modo di amare perfino i nemici. Un nuovo modo di coesistere in pace e di apertura mentale. Invece di considerare i romani solo come nemici voleva insegnare a vederli come persone a cui poter trasmettere il messaggio di Dio.
Gesù stava offrendo al Suo popolo la pace ma era consapevole che avrebbero scelto la via della guerra. Era triste perché non riconoscevano che Lui fosse il Messia e chi pensava che Lo fosse immaginava un messia che avrebbe promosso una rivoluzione armata non capendo che la via di Dio era quella della pace. Gesù pianse perché sapeva che la scelta che avrebbero fatto avrebbe comportato molta sofferenza e dolore. Gli ebrei 40 anni più tardi scelsero la via della guerra organizzando una rivoluzione armata contro i romani e furono sconfitti, massacrati e il loro tempio fu distrutto. Una scelta che si rivelò del tutto sbagliata.
Dobbiamo scegliere tra Gesù e la religione. Ora sappiamo a cosa ci riferiamo quando utilizziamo la parola “religione”. E’ necessario stare sempre attenti a non cascare anche noi nella trappola di vivere la nostra vita cristiana in modo piatto senza sforzarci nello stabilire un contatto diretto con Gesù. Penso che diventiamo religiosi ogni volta che pensiamo che qualsiasi dottrina o punto di vista particolare di una denominazione o punto di vista teologico sia ciò che ci salva. Quando penso al calvinismo o all’arminianesimo o alla mia posizione di fede rispetto ad una dottrina in particolare; o quando penso che si debba fare Comunione o celebrare la Santa Cena settimanalmente o una volta al mese o comunque sia e che questo sia il modo per essere più illuminati; quando penso così incomincio ad entrare nel meccanismo mentale religioso. L’attimo in cui pensiamo che l’avere o seguire certi schemi o routine sia ciò che significa essere cristiani, ci allontaniamo sempre di più dall’esserlo.
Ricordiamo che un seguace di Cristo è colui che riconosce: “Non conosco la risposta a tutti questi interrogativi, ma so che Gesù li conosce!” “Non conosco la metafisica di come ottenere la purificazione dei miei peccati per riuscire ad andare in Paradiso e stare accanto a un Dio che è puro ma so che Gesù è Colui che è capace di rendere tutto ciò possibile. Non ho idea di come lo faccia, è un grande mistero, so soltanto che voglio seguirlo e che mi fido completamente di Lui.” Ammettere come cristiani che non sappiamo tutto e che tante cose rimangono un mistero per noi ci permette di sperimentare un tipo d’amicizia che ci arricchisce tantissimo, un’amicizia veramente profonda: la fratellanza.
I seguaci di Cristo comprendono tutte quelle persone che ammettono: “La mia unica certezza è che Cristo sia la risposta alle mie domande.” Troveremo la risposta ai nostri quesiti relazionandoci con Gesù, non nel affermare che la risposta si trovi in una dottrina in particolare o posizione di fede. Questo non vuol dire che non si possano sostenere delle discussioni o dibattiti su diverse dottrine o posizioni di fede ma farlo non dovrebbe essere causa di divisione perché siamo coscienti che Gesù è la nostra unica certezza e siamo consapevoli che dette discussioni non creano unità tra di noi. Avere questo atteggiamento di apertura ci permette di poter discutere diversi modi di pensare ed accettare la diversità, di poter esprimerci in modo libero, di poter dire: “Non so se sei nel giusto pensandola in quel modo, il mio pensiero diverge dal tuo” senza che una frase del genere comprometta la nostra unità perché la nostra unità è costruita su Cristo. Penso che finché non impareremo a far sì che questi principi divengano centrali per una persona che proclama d’essere cristiana, allora stiamo diventando religiosi e non persone relazionali. Tutto ciò che abbia a che fare con Gesù e la sua Persona è centrale ma questioni di chiesa e dottrine secondarie non dovrebbero avere la stessa importanza.
In Marco 11 l’autore racconta la stessa storia ma aggiunge in Marco 11:16 che Gesù” non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio”. Quindi cacciò fuori tutti i venditori, cambiavalute, gli animali e chiunque stesse facendo qualsiasi cosa e li fece smettere. Gesù fece riferimento a due Scritture riguardo la casa del Suo Padre in Marco 11:17 «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri!». In questa affermazione Gesù citò due passi dell’Antico Testamento: Isaia 56:6-8 “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera.” Dio desiderava che gli stranieri fossero attratti a ciò che Lui aveva da offrirli. Dio aveva scelto Israele per lavorare attraverso di loro e così raggiungere il resto del mondo. Dio non era felice che gli israeliti fossero infastiditi con gli stranieri, era vero che erano peccatori e con usanze tutt’altro che buone ma Dio desiderava integrarli nella Sua comunità e quindi volle fare diventare una parte del tempio una casa di preghiera per loro.
Isaia continua: “I loro olocausti e i loro sacrifici saliranno graditi sul mio altare” è interessante che Gesù abbia citato solo la parte della preghiera e non il resto della scrittura. Secondo i religiosi non farlo significava che stesse alterando le Scritture, azione molto grave ai loro occhi, inconsapevoli che Gesù ne fosse l’Autore. Isaia 56:7 prosegue “perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».
Il luogo dove avveniva tutto il commercio era chiamato il Cortile dei Gentili. Il tempio di Gerusalemme comprendeva cinque cortili: il Santo dei Santi, luogo sacro destinato al culto verso il quale il popolo d’Israele si dirigeva per” incontrare DIO” tramite il sacerdote; il cortile dei sacerdoti dove venivano offerti dei sacrifici e intorno a quel cortile c’era il cortile riservato alle donne ebree; il cortile d’Israele era riservato agli uomini ebrei. C’era molta separazione e segregazione tra un gruppo e l’altro. Per ultimo c’era il Cortile dei Gentili, il luogo dove gli stranieri potevano adorare Yahweh, l’unico luogo nel tempio dove li era permesso di stare. Caifa, il sommo sacerdote del tempio aveva deciso di spostare il mercato del tempio al Cortile dei Gentili, nell’unico posto dove le persone non ebree potevano adorare. E’ stata un’azione piuttosto cattiva nei confronti degli stranieri che da quel momento non avevano più un posto adatto dove poter adorare Dio. Giuseppe Flavio racconta che c’era già un altro mercato di quel genere sul monte degli Ulivi. La decisione di spostare il mercato al Cortile dei Gentili fu una decisione che era stata presa di recente e gli stranieri erano molto arrabbiati e irritati. Gesù stava cercando di far capire che quel posto doveva essere un luogo d’accoglienza aperto a tutte le nazionalità, un luogo di preghiera. Come potevano pregare in quelle condizioni?
Il sistema classista del tempio rappresentava un insulto agli occhi di Dio che ama tutti i popoli in modo equo. Era arrivato il momento di cambiare strada. Geremia 7:1-10 espone i problemi del tempio e profetizza contro di esso. Le persone che vivono in modo sbagliato pensano che presentarsi al tempio ed offrire dei sacrifici li giustifichi dal dover cambiare vita, ma secondo Geremia il tempio rischiava d’essere un nascondiglio per le persone che vivevano al contrario del disegno divino. Il tempio doveva sfidarli a migliorare e non a continuare come sempre. Avete mai visto il film “Il Padrino”? C’è una scena in particolare quando il protagonista, “il padrino”, ordina di ammazzare delle persone mentre lui è in chiesa a partecipare alla messa e il film mostra entrambe le scene che si contrappongono. Scene molto inquietanti, vivere al contrario di ciò che vuol dire avere fede dando l’apparenza d’essere religioso e avere la coscienza a posto. Questo è un esempio estremo ma può accadere a tutti come espresso da Geremia e poi da Gesù.
Gesù chiamò il tempio un “covo di ladri”, un luogo dove i ladri dopo aver derubato vanno a nascondersi, il loro nascondiglio. Gesù non denunciò il fatto che i commercianti stessero derubando le persone ma invece volle far capire che chi vivesse in un modo ipocrita in un certo senso derubava le persone facendole credere qualcosa che non era vero, per cui derubava Dio. Chi vivesse in quel modo trovava nel tempio il suo nascondiglio dove poter sentirsi meglio, “un covo di ladri”. Se uno non si aggrappa alla centralità di Cristo allora tutto il processo che comprende andare in chiesa, leggere la Bibbia e pregare potrebbe diventare qualcosa di negativo perché farlo potrebbe renderci insensibili alla voce di Dio che ci dice che dovremo cambiare la nostra vita per il meglio. La religione senza la centralità di Cristo facilita il peccato, non ci aiuta a migliorare ma peggiora le cose.