FESTE OFFENSIVE Parte 2

 

Se Gesù avesse avuto l’opportunità di rivendicare il titolo di Messia allora questo atto fu decisamente inappropriato, una cosa scandalosa e sbagliata. I farisei dissero: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Abbiamo già approfondito il significato di esattore di tasse o pubblicano, qui la parola “peccatori” si riferisce a tutto il resto delle persone allo stesso livello dei pubblicani. I peccatori erano gli emarginati dalla comunità della Torà, le persone al di fuori della comunità religiosa dalla cui erano stati scomunicati. Era una delle tante etichette che ai leader religiosi piaceva utilizzare per demarcare chiaramente lo stacco tra quel tipo di “gentaccia” e il resto della comunità. I leader religiosi decidevano chi era dentro e chi era fuori e diciamo che i religiosi moderni continuano a fare la stessa cosa. Quando abbiamo un certo atteggiamento religioso sbagliato utilizziamo il linguaggio per etichettare le persone e per separarle dal resto di noi. Chi sono i peccatori? “Quelle persone lì fuori, quell’ altri, quella gentaccia.” Gesù abbatté la barriera tra “noi e loro” e si addentrò nel loro mondo e ambiente.

Dovete capire che dal punto di vista religioso, i leader religiosi basavano il loro intero processo di discepolato intorno al concetto della separazione. Per loro il discepolato consisteva nella separazione dagli altri. Più santo eri, più diventavi discepolo e più imparavi come tenerti separato dagli altri. Separarsi o staccarsi dal resto della società era l’obbiettivo principale da raggiungere come discepolo dei farisei o degli altri leader religiosi. Quando uno raggiungeva un certo livello di dedizione spirituale allora si doveva vestire in un certo modo, mangiare in un certo modo, lavare le pentole e partecipare in rituali purificatori particolari. Tutte azioni che separavano questo gruppo di persone dal resto della popolazione. Questo concetto fu portato all’estremo e gruppi come gli esseni si ritirarono ed andarono a vivere nel deserto con il proposito d’appartarsi dal resto della società. Il processo del discepolato basato sulla separazione faceva parte del concetto religioso di quei giorni, nessuno lo contestava perché per quella società aveva un senso… fino all’arrivo di Cristo.

Per Gesù invece, il discepolato consisteva in associarsi agli altri, un processo di associazione. Se uno seguiva Gesù ed aveva il desiderio d’imitarlo imparava come relazionarsi di più con persone diverse; particolarmente con persone che si trovavano al di fuori della società, persone che erano state emarginate dagli altri. S’imparava a costruire dei ponti e ad abbattere i muri che i leader religiosi avevano costruito.  Il movimento di Gesù dava enfasi a tutt’altre cose e  le persone dovevano scegliere chi seguire.

In Luca 19:10, Gesù utilizzò un termine messianico preso dal libro di Daniele 7: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».” Non era venuto per costruire un Regno, una chiesa fatta di mattoni o una cattedrale dove le persone potessero farli visita.  Gesù andava nei luoghi dove si trovavano le persone perdute e nessuno riusciva a fermarlo; la Sua missione era proprio quella.  Gesù si dedicava a costruire delle relazioni salvificanti e faceva amicizia con tutti, non per diventare come loro, ma con il proposito di costruire dei ponti e così aiutarli ad uscire dalla situazione difficile in cui si trovavano.

Mi dicono che nel mondo dello sport c’è un termine chiamato “fattore campo” che stabilisce che la squadra che gioca nel suo proprio campo di gioco possiede un senso di padronanza e incoraggiamento che proviene dal loro ambiente. Detta squadra conosce bene il terreno, è abituata ad allenarsi lì, la maggioranza del pubblico è dalla loro parte e quel campo di gioco rappresenta il luogo dove detta squadra dovrebbe riuscire a dare del suo meglio, cioè, hanno il “fattore campo” dalla loro parte. Gesù concesse il “fattore campo” alle persone. I religiosi di quel tempo ma anche noi in certi casi, siamo tentati a voler avere il fattore campo dalla nostra parte. Vogliamo che loro vengano a giocare sul nostro campo di gioco nello spazio che noi consideriamo appropriato senza concederli troppa libertà. Se essi acquisiscono il nostro atteggiamento parlando e comportandosi secondo i nostri propri regolamenti di gioco allora ci sentiamo più comodi a parlarli di Cristo. Interessante, perché la prima cosa che farebbe Gesù sarebbe rimproverarci per il nostro atteggiamento sbagliato. Lui chiedeva alle persone cosa avessero piacere di fare e si univa a loro. Per Gesù il pericolo di essere frainteso non li dava fastidio perché non era condizionato dalle apparenze.

Un’altra cosa che fece Gesù che lo differenziò dal resto dei leader religiosi era che nessuno di loro avrebbe mai permesso nessun grado d’intimità tra loro e una prostituta in pubblico. Leggiamo in Luca 7 che la “peccatrice” di cui parla il capitolo era apertamente conosciuta come tale, perciò, probabilmente era prostituta. Una delle uniche “carriere” associate alle donne “peccatrici” di quei giorni. Gesù era a conoscenza di questi fatti, e sicuramente lei lo conosceva già da prima, un fatto scandaloso. L’altro fatto è che lei lo toccò davanti a tutti nel mezzo di una festa, un atto inaccettabile. Non penso che capiamo veramente ciò che questo atto significasse in quei giorni quando la sensibilità religiosa era molto alta. Gesù si comportava in maniera scioccante, permise che lei lo toccasse e quindi, secondo la legge mosaica diventò impuro.

Un leader religioso non avrebbe mai dato più importanza ai festeggiamenti piuttosto che alla religione. Gesù lo fece. Giovanni 2:1-11 descrive una festa di nozze alla quale Gesù e i Suoi discepoli erano stati invitati. Ci sta che fossero parenti perché anche sua madre Maria era presente. Il fatto che siano stati invitati significava che loro fossero un gruppo divertente, e di buona compagnia, un gruppo di persone un po’ intriganti ma nel senso positivo. Gesù era qualcuno ben voluto alle feste, e il Suo gruppo di amici era formato da individui simpatici e gioiosi. Se desideravi che la tua festa fosse divertente invitavi Gesù e i Suoi amici! Sembra che questa sia stata la mentalità delle persone che lo conoscevano. Dopo secoli di alterazioni religiose abbiamo creato un’immagine molto fredda, stantia, stagnante e stoica tipo vetrata colorata di Gesù. Lui era ben diverso.

Lo invitarono a quella festa e dopo un po’ la sua madre li si avvicinò per comunicarli che il vino era finito. Ricordate che le feste duravano dei giorni. Aver finito il vino veniva considerato una vergogna. Cana era un paesino piccolo e sicuramente metà della popolazione era presente alla festa di nozze. Sua madre lo supplicò di fare un miracolo. Lui all’inizio si oppose all’idea ma poi come un buon figlio li diede ascolto e operò un miracolo.

Quello che notiamo è che quando parla con Maria non la chiama “madre” ma li disse: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Come se le volesse dire: “ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo di fare?”  Il problema non era il vino ma il miracolo. Gesù era consapevole che se avesse operato il Suo primo miracolo non avrebbe più potuto tirarsi indietro. Era come se dicesse alla sua madre: “Una volta che farò ciò che mi chiedi tutti sapranno che Io sono il Messia o lo metteranno in discussione e la Mia vita cambierà per sempre. La relazione tra madre e figlio che abbiamo adesso verrà a finire.”

Suo padre Giuseppe non c’era più e Gesù era rimasto vicino a Sua madre fino a quel momento per aiutarla. Maria lo stava lasciando andare e da quel momento le cose sarebbero cambiate di molto. Lei sarebbe diventata più come una sorella per Gesù che una madre, perché da quel momento in poi Gesù avrebbe dovuto dedicare ogni momento della Sua vita per fare del bene prima di essere messo a morte. Una volta iniziato il Suo ministero sapeva bene dove sarebbe andato a finire. Era stato profetizzato in Luca 2:34 e 35 quando Gesù era solo un piccolo neonato per bocca di Simeone che una spada avrebbe trafitto anche il cuore di Maria sua madre. Predisse che Maria avrebbe sofferto molto. Gesù in questo caso li rispose come per dire: “Madre, vuoi che quel momento abbia inizio ora?”

Gesù nella Sua vita reagì in modo diverso a seconda della situazione. Alcune volte fu riluttante a fare un miracolo, altre volte dopo aver fatto il miracolo chiese alla persona che era stata guarita di non raccontare a nessuno chi lo avesse guarito; in altri passi chiese alle persone guarite di andare a presentarsi al sacerdote e di offrire un sacrificio. In un altro momento dopo aver liberato una persona da un demone, li chiese di andare a raccontare tutto alla sua famiglia e amici. E’ come se lasciasse che le notizie fossero divulgate piano piano e regolasse la sua popolarità cercando di sfruttare al massimo il tempo e l’influenza che aveva prima della Sua morte.

Se si esponeva troppo rischiava di essere messo a morte entro una settimana. Questo è il motivo per cui agiva in modi così diversi; se guariva una persona al di fuori della regione non aveva problemi che quella persona andasse a raccontare tutto a casa sua perché non c’era pericolo in quella zona. In altri luoghi era meglio che non dicessero niente perché Gesù in quelle occasioni considerò che prolungare il Suo tempo su questa terra per un anno in più fosse qualcosa di positivo per poter addestrare i Suoi discepoli e anche per continuare il Suo ministero.

In Giovanni 2:5 leggiamo: “La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».” la parola “servo” in greco è la parola “diaconos” che di solito viene tradotta “diacono”, cioè, un servo. Un “diaconos” era il servo che si occupava di servire il vino ai tavoli, un tipo di cameriere che andava a giro nell’ora dei pasti e si assicurava che tutti avessero abbastanza vino. Lei chiese ai diaconi di fare tutto quello che Gesù li chiedesse. Giovanni 2:6 ” Vi erano là sei giare di pietra..” giare di pietra o brocche d’acqua, qui dice che venivano utilizzate per cosa? Per servire il vino? No! Erano delle brocche speciali poste nelle case ebraiche per il rito della purificazione. Ogni brocca conteneva più o meno da 75 a 113 litri. Gesù li chiese di riempire quelle brocche d’acqua fino all’orlo, dette giare contenevano già un bel po’ d’acqua dentro. Dopo averlo fatto Gesù trasformò l’acqua in vino. Alla fine della storia leggiamo che il Suo vino era migliore del vino che avevano bevuto fino a quel momento.

Ammettiamolo, Gesù è stato grande, trasformò l’acqua in vino, una quantità di vino enorme, 680 litri di vino di prima qualità. Dopo un miracolo del genere si capisce perché ha detto in Matteo 11:6 “beato colui che non si scandalizza di me”. “So che condurrò una vita radicale sul filo del rasoio e so che offenderò innumerevoli persone religiose. So che vivrò così fuori dagli schemi che i vostri preconcetti sul Messia saranno scombussolati. So anche che la pietra d’inciampo maggiore per voi sarò Io stesso. Beati voi se siete in grado di superare i vostri preconcetti religiosi per vedere che si tratta di qualcosa di liberatorio. Tutto questo non è qualcosa contro di voi ma qualcosa che smantellerà il sistema religioso. Non vi dovrebbe mettere in disagio, solo seguite Me.”

In Giovanni 10:10 Gesù dice: “sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Gesù non si riferiva soltanto alla vita eterna, qui si riferisce anche a vivere la sua vita terrena in pieno e a donare vita agli altri. Un concetto molto difficile da capire per i religiosi di quel giorno, chi ha quel tipo d’atteggiamento anche oggi si allontana dal Regno. In un certo senso, come nella parabola del figlio prodigo rimangono in piedi fuori dalla casa dove c’è la festa, tutta quella grazia li offende. Gesù fece una dichiarazione coraggiosa qui: “festeggiare è più importante della religione”.

Matteo 11:16  “Ma a chi paragonerò io questa generazione?” qui si rivolge alla generazione di quei giorni che avrebbe testimoniato la trasformazione dalla religione alla relazione. Il tempio presto sarebbe stato distrutto e non sarebbe mai più ricostruito e Gesù stava cercando di prepararli per quel momento quando non avrebbero più il sistema dei sacrifici della Torà. “Questa generazione è incredibile, avete visto Giovanni Battista, avete visto Me ma siete simili” continua Matteo 16-19  «a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. E’ venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. E’ venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».” L’ultimo passo viene citato in Luca 7:35 «Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli». E’ come se dicesse che non importa quanto uno cerche di vivere in modo giusto, i religiosi troveranno sempre qualcosa di cui lamentarsi e ci sta preparando per la stessa cosa.

Esiste un tipo di personalità religiosa che non sarà mai soddisfatta sia che uno viva una vita conforme ad uno stile puritano o di divertimento. I religiosi diranno sempre che viviamo una vita inaccettabile a meno che uno non viva esattamente come loro. Le persone religiose che hanno l’abitudine di notare e scoprire gli errori degli altri ci faranno a pezzi come hanno fatto con Gesù. In questo passo Gesù lo mette in evidenza. E’ interessante notare che una delle principali caratteristiche di una persona dipendente dalla religione è la loro grande negatività. Tutto va bene con loro se uno sta ai loro patti ma appena qualcuno osa comportarsi minimamente in modo diverso, perfino una persona credente che ama Gesù, iniziano a giudicarlo esteriormente. Perché alcuni non hanno il loro atteggiamento, non parlano come loro e non fanno le cose come loro, sono sicuri che quella persona sia fuoristrada. Sono estremamente negativi e critici verso gli altri. Ci tengono molto a mantenere le cose all’interno della loro piccola dimensione. E’ una battaglia forte nella loro vita cercare di fare la guardia ai loro confini.

Gesù ci ha chiesto di lasciar perdere quella mentalità e di prendere dei rischi, anche grossi. Prendere dei rischi è rischioso. Vuol dire che le cose potrebbero andare male davvero. Gesù ci ha detto che vale la pena però, ci ha chiesto di prendere il rischio della santità. La santità sembra una parola molto religiosa ma in realtà non lo è. Le persone nei giorni di Cristo definivano la parola “santità” con il significato di “essere messo da parte” “separati”, invece Gesù lo definì come un tipo di libertà. Libertà per vivere in modo diverso dal resto del mondo.

Il movimento della santità di quel giorno, i farisei, interpretarono la santità come “separazione dal resto delle persone” perché la radice della parola “santità” significa °essere messo da parte”, messo da parte per poter vivere la vita in modo diverso. Essi hanno preso questa parola alla lettera interpretando che volesse dire che dovevano separarsi dal resto della gente fisicamente sia nei loro modo di vestirsi, comportamenti, etc. La parola “santità” vuol dire “appartarsi”, sì, ma dalla dipendenza religiosa delle apparenze e limitazioni umane. Appartarsi per vivere in un modo diverso e relazionale; appartarsi per prendere posizione per ciò che uno considera giusto senza preoccuparsi del costo; magari verremo criticati o perderemo la nostra reputazione. Questo è qualcosa che sia i pagani che i religiosi devono ancora capire bene. E’ molto rischioso perché la santità richiede che uno viva uno stile di vita basato su sani principi partendo dal nostro interiore, dal nostro cuore.

La religione invece ci impone di vivere dando enfasi all’esteriorità basandoci su uno stile di vita sotto le regole. In altre parole, essere religiosi è quando uno pensa di seguire Cristo soltanto se si parla in un certo modo, si comporta in un certo modo e si veste in un certo modo. Queste idee scatolate di cosa vuol dire seguire Gesù non fanno altro che costruire una bella scatola dove ci confiniamo e ci sentiamo dei buoni cristiani se stiamo a tutte le regole all’interno di detta scatola. Invece uno stile di vita che dà enfasi all’interiorità ci aiuta ad affrontare le questioni del cuore in base alla nostra chiamata in questa vita.