In questo studio daremo uno sguardo alla bellezza e alla grandezza del concetto della dottrina della Trinità e parleremo anche di Dio, della Sua identità e della Sua essenza fondamentale: l’amore. Questi due concetti dipendono l’uno dall’altro perchè non si può credere che Dio sia amore senza credere nella relazionalità che fa parte della Sua essenza. Il termine “teologia” significa lo studio o la conversazione su Dio e in ambito cristiano comprende tutto ciò che riguarda la nostra fede.

Non esiste un termine specifico per lo studio sulla natura di Dio stesso quindi ciò che riguarda quel tema è stato denominato “teologia in senso proprio”. Leggiamo le ultime parole pronunciate da Gesù ai Suoi discepoli, il Grande Mandato: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19). La formula trinitaria è una parte integrante dei battesimi. Il passo biblico ha menzionato tre persone, tre entità, tre esseri con tre identità diverse ma un solo nome. Dio è “uno e trino”. Alcuni affrontano questo tema riformulando il problema matematico 1 + 1 + 1= 1 cambiandolo con 1 x 1 x 1= 1. Ma cosa significa “tre in uno”?

La dottrina della Trinità afferma che sia il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano allo stesso livello e che tutti e tre siano Dio. Se si crede nella Trinità si afferma anche che il Figlio non è il Padre, che il Figlio non è lo Spirito Santo, che lo Spirito Santo non è il Padre e così via, ma che siano delle personalità distinte che interagiscono eternamente all’interno di ciò che noi chiamiamo “Dio”. Comprendere che Dio è amore  e che l’amore è di natura relazionale è vitale. Dichiarare che Dio sia amore non avrebbe senso per noi se non credessimo nella relazionalità all’interno del divino. Dio è amore; lo sappiamo da fonte autorevole perché Gesù è Signore.

Il concetto di Dio come amore spesso viene accettato positivamente  dai teisti. E’ come se ci fosse una concordanza universale, la gente ama il concetto senza sapere come mai, per loro è solo un desiderare che sia così, una pia illusione. Io penso invece che chi si esprime in quel modo lo faccia grazie a un riflesso che esiste nel nostro essere interiore. Gli esseri umani sono stati creati ad immagine di un Dio che è amore e tale concetto viene accettato come per intuizione. Chi è cristiano invece può andare oltre e affermarlo basandosi su dell’evidenza storica. Gesù ci ha dimostrato che Lui è il nostro Signore; oltre ad essere un esempio da seguire, ci ha mostrato come Dio è.  Dichiarare che Gesù è il nostro Signore è affermare che Lui ci mostra chi è Dio. Sostenere che Gesù è il Signore significa dare uno sguardo alla Sua vita e trovare delle prove concrete: Gesù accolse gli emarginati, confrontò  gli oppressori, protesse i deboli e gli impotenti, offrì la Sua vita per i Suoi nemici e lavò i piedi dei discepoli, perciò possiamo dedurre che Dio sia amore. A seguito approfondiremo come tutti questi aspetti siano relazionati. Quali sarebbero le parole più belle che uno potrebbe mai sentire?  Alcuni esempi potrebbero essere: “Ti amo!”,  “ti perdono”, “è nata!!!” o “è nato!!!”  Per me invece quelle più belle è quando sento dire: “Questa sera c’è la pizza!”…scusate, ma per me sono bellissime! A parte gli scherzi, ritengo che le parole “Dio è amore” concretizzino il concetto e per me sono le parole più belle dell’universo perchè definiscono il DNA da cui tutto  nasce dando un senso alla vita: “Dio è amore!” 

Dio è infinito e la Sua totalità è l’amore. La pienezza dell’essenza della frase “Dio è amore” è molto chiara negli insegnamenti della Scrittura. Oltre alla Sua essenza, Dio ha molti attributi che emana e che sono delle manifestazioni del Suo amore, Lui è: giusto, santo, sovrano, adirato e misericordioso. Alcuni cristiani ritengono che l’essenza di Dio sia anche santità, sovranità e giustizia. Io sono del parere invece che detti concetti potrebbero creare un’immagine confusa di Dio, anzitutto perché la Bibbia non lo afferma. Le Scritture definiscono Dio come Spirito, Luce, Amore e logicamente non ha senso che Dio sia qualsiasi altra cosa. A seguito spiegherò il perché.  Se Dio è santità, significa che essa doveva far parte della Sua essenza prima della creazione. La definizione del termine “santo” è “essere messo da parte”. Perciò  se crediamo che Lui sia santità nella Sua essenza allora dovremmo accettare che c’è una netta separazione tra noi e Dio e che Lui è messo da parte e separato da noi, Lui è il Creatore e noi siamo la Sua creazione. La santità di Dio in questo caso ci separarebbe da Lui.  Riflettiamo, prima della creazione, Dio non era separato da niente quindi possiamo dedurre che la santità non faceva parte della Sua essenza.   Affermare che la Sua essenza sia sovranità significa che doveva essere parte della Sua natura prima della creazione. Dio è sovrano, Lui è Colui che governa, ma prima della creazione chiamarlo “sovrano” non avrebbe senso perchè non c’era nessuno su cui governare. Lo stesso si applica all’ira e alla giustizia, se facevano parte dell’essenza di Dio, significa che dovevano essere parte della Sua natura anche prima della creazione. E’ vero che Dio è adirato contro il peccato ma prima del peccato quando c’era solo Dio, l’ira non era parte della Sua natura. Dio è Giudice, sì, ma prima della creazione non c’era nessuno da giudicare.  Andando indietro nel tempo all’infinito, prima dell’esistenza di qualsiasi cosa, si può osservare che Dio stesso nel Suo cuore ha sempre donato Se stesso ed è sempre stato in relazione, perciò si potrebbe concludere che il DNA del Divino sia l’amore. Dio non ci creò perchè solitario e bisognoso o perché ebbe bisogno di creare qualcuno per attivare il Suo potenziale per amare. Lui è sempre stato amorevole, in Lui c’è sempre comunione e comunità, questa è la Sua essenza, tutto il resto fa parte dei Suoi attributi.

Quando Pietro chiamò Gesù: “Figlio del Dio Vivente, il Messia” Gesù rispose: “Pietro, ciò ti è stato rivelato dal Padre mio. Questa è la verità.” (Matteo 16:16-17). Pietro riconobbe Gesù come il Padre, il Dio vivente. Cosa significa che Dio sia un Dio vivente? Vuol dire che vive in relazione con gli altri. Infatti, se Dio fosse al di fuori di una relazione, se fosse un singolo monade, cioè una singola coscienza, un punto di esistenza per tutta l’eternità, sarebbe quasi assurdo pensare a Lui come vivente. Non sarebbe un elemento attivo perché non avrebbe nulla con cui interagire. Cerchiamo di immaginare, se ci fosse stato promesso di poter vivere in eterno da soli, senza nemmeno la presenza di Dio che cesserebbe di esistere. Se uno dovesse affrontare tutta l’eternità senza nessuno e niente intorno, siamo sinceri, ci sembrerebbero delle buone notizie? L’idea di dover passare tutta l’eternità senza compagnia non ci farebbe andare fuori di testa? Una situazione del genere non potrebbe considerarsi vita, vero? Magari dopo l’aver cercato di auto intrattenerci per un pò, penso che si finirebbe per trovare un modo per auto-eliminarci. Siamo degli esseri relazionali creati in modo relazionale nell’immagine di un Dio relazionale. L’esempio di cui abbiamo appena parlato non sarebbe vivere, quello sarebbe morire. Dio è il Dio vivente perchè la vita è amore, una relazione continua!

I passi che includeremo a seguito non parlano di una teologia o filosofia astratta o distaccata ma di qualcosa che ha delle implicazioni pratiche per la nostra vita. “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di Lui, vivessimo. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il Suo amore diventa perfetto in noi. Da questo conosciamo che rimaniamo in Lui ed Egli in noi: dal fatto che ci ha dato del suo Spirito e noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo. Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed Egli in Dio. Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l’amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell’amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da Lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello” (1 Giovanni 4:7-21). Che passo incredibile! Contiene delle direttive pratiche su come amare, un’applicazione pratica su come vivere la nostra vita e in più ha reso chiaro che l’essenza del divino sia l’amore. Cristo ha fornito delle prove evidenti del Suo amore nella Sua vita e nella Sua morte. Certamente non c’è amore senza relazione. Affermare che Dio sia amore significa credere che Lui sia un essere internamente relazionale.

L’Antico Testamento contiene degli indizzi che ci indirizzano verso il concetto della Trinità, verso la natura comunitaria interna di Dio. Quali sono le prime parole nella Bibbia? “Nel principio Dio..”. La parola “Dio” in ebraico è “Elohim” ed è un termine plurale, tradotto letteralmente significa “Dei”, esso viene utilizzato ripetutamente nelle Scritture ebraiche in riferimento all’Unico Dio. Pronome singolare, una rimarcata enfasi sul’unicità di Dio ma la parola “Dio” è plurale “c’è solo un unico Dei”. Si fa riferimento a Dio in plurale ma Lui è uno. Poi nei passi seguenti al momento della creazione dell’uomo, Dio disse: “Facciamo l’uomo a NOSTRA immagine, conforme alla NOSTRA somiglianza…” (Genesi 1:26). La relazione e interazione che esiste in Dio viene alla luce quando Lui comunica con Se stesso.

Nell’Antico Testamento c’è una figura misteriosa che viene descritta come l’angelo del Signore, colui che parla per Dio e che viene identificato come Dio stesso in diverse occasioni. Nel Nuovo Testamento il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vengono rivelati più apertamente come Dio e si fa riferimento a ciascuna personalità della Trinità come Dio o Signore . Come già menzionato in precedenza, il Grande Mandato ci indica di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Mentre Gesù si battezzava si udii la voce del Padre che diceva: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto» e dopo apparse lo Spirito Santo sotto la forma di una colomba che lo guidò al deserto (Matteo 3:13-17). Durante quell’evento ci fu un’interazione a tre senza una spiegazione dettagliata, sistematica teologica alla quale fare riferimento. Si può semplicemente osservare che quella relazione a tre si svolse in un modo relazionale nel quale Dio Padre, Spirito Santo e Figlio sembravano di interagire e lavorare insieme.

“Ma quando giunse la pienezza del tempo…” (Galati 4:4). Nel giusto tempo della storia, Gesù è arrivato. Dio ha aspettato fino a quel momento perchè la tempistica era importante. Non siamo a conoscenza del perché di tutti i dettagli; forse Dio aspettava che le strade romane fossero finite, che fosse disponibile un certo stile di scrittura o che l’umanità maturasse e fosse pronta ad accettare il concetto della grazia al posto della legge. L’apostolo Paolo mise in piedi le sue argomentazioni sostenendo che Dio avesse aspettato fino a che noi come razza umana fossimo sviluppati come specie. Qualsiasi fosse stata la ragione però, c’era una motivazione nel cuore di Dio che lo fece aspettare fino al momento giusto. “Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio Suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre»” (Galati 4:4-7). “Abba” significa “papi” o “papà”, è un termine che denota che c’era intimità; lo Spirito Santo dentro di noi ci spinge a coltivarla verso Dio. Qui osserviamo come tutte e tre le personalità entrano in scena e collaborano insieme, non si tratta solo di una spiegazione da un punto di vista distaccato ma dal fatto che sperimentiamo la Trinità nella nostra salvezza e nella nostra relazione con Dio regolarmente. Uno dei modi per iniziare a comprendere un concetto difficile è cercare di capire quello che non è. La dottrina della Trinità non è stata formulata dopo una seduta chiesastica dove si sono discussi i modi per complicarci la vita ma si è elaborata cercando di rendere chiaro il concetto evidenziato nelle Scritture. E’ un mistero, ma si è cercato di vedere le cose come sono analizzando i dati biblici. La Bibbia descrive il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo come diversi l’uno dall’altro, tre personalità distinte e allo stesso tempo che Gesù e lo Spirito Santo siano anche Dio.  Dalla storia si può constatare che i tentativi per cercare di semplificare questo mistero ci sono sempre stati e che il farlo ha spinto le persone verso ciò che classicamente viene definito come eresia. L’ortodossia consiste in ciò che la chiesa ha accettato. Quando si parla di “eresia” si intende un modo diverso di pensare, una prospettiva diversa o il sostenere un’opinione diversa.  Come cristiani possiamo affermare che il fissarsi nel cercare di dare spiegazione a dei misteri spesso porta ad allontanarsi dalla verità contenuta nelle Scritture.

Uno di questi tentativi è il subordinazionismo, termine che significa che c’è un solo Dio ed è a Lui che gli altri due membri della Trinità sono subordinati.  Secondo il subordinazionismo la Trinità è un concetto sbagliato, per loro c’è Dio Padre. Dio Padre ha un figlio ma il figlio è un essere che è stato creato. Lo Spirito Santo esiste ma di solito viene descritto come una forza impersonale. I nostri amici Testimoni di Geova seguono questo filo di pensiero e sono dei subordinazionisti. Loro sostengono che Gesù sia l’arcangelo Michele. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, nella chiesa primitiva c’era un uomo di nome Ario che sosteneva lo stesso pensiero. Gli ariani insegnavano che Gesù fosse un essere creato dal Padre, perciò la chiesa in risposta all’arianesimo o subordinazionismo, concluse di trovarsi dall’altra parte della sponda e di credere che Gesù fosse Dio come confermato dalle Scritture. Scelsero di attenersi a ciò che veniva descritto in esse anche se non riuscivano a comprendere il tutto.

  In risposta al desiderio di voler accontentare tutti, nacque un altro pensiero che sostiene che Gesù è Dio, il Padre è Dio e lo Spirito Santo è Dio. Il triteismo afferma che ci sono tre diversi dei. In quei giorni c’erano degli individui che lo affermavano e quindi la prima chiesa prese posizione e disse no a quel pensiero, perchè le Scritture sono molto chiare al riguardo stabilendo che c’è un unico Dio. Lo “shema”, considerata una delle preghiere più sentite del popolo ebraico dice: “Ascolta, O Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno” (Deuteronomio 6:4). 

Il modalismo, afferma che c’è un solo Dio ma che questo Dio riveste diversi ruoli. Il Padre secondo loro è paragonabile ad una singola persona che può essere sia padre, figlio, fratello, marito, e tante altre cose. Dio ricopre diversi ruoli e non ci sono tre diverse personalità distinte. Secondo questo pensiero Lui è sia il Dio dell’universo, il Padre, sia Gesù figlio venuto sulla terra che diede la sua vita per i nostri peccati sia lo Spirito Santo dando inizio alla chiesa e riempendo i nostri cuori. Perciò, si tratta di un solo Dio in diverse modalità: modalismo. La chiesa in questo caso prese posizione e disse no affermando di non essere d’accordo perchè secondo le Scritture la Parola non solo “era” Dio ma la Parola era “con” Dio e c’era una distinzione tra le Persone della Trinità. Altri esempi nelle Scritture narrano come Gesù parlava con il Padre e pregava al Padre essendo guidato dallo Spirito.

Il rifiutare e il dichiarare di non aderire a queste dottrine è come si arrivò alla dottrina della Trinità. In altre parole, la dottrina della Trinità è il nostro miglior tentativo umano dove non si fa altro che riconoscere il fatto che la Scrittura ci guida verso il Dio che è amore. Durante il percorso della storia molti hanno fatto uso delle analogie per cercare di descrivere la Trinità. Dopo un appello dove ho chiesto il contributo a chi potesse  mandarmi delle analogie per descrivere la Trinità, molti risposero con entusiasmo e a seguito ne elencherò alcune.

-Il trifoglio: tre diversi petali, uno stesso gambo. (Analogia di San Patrizio).  -Tre candele unite nella parte superiore con una stessa fiamma.  – Una catena. Diversi anelli ma una stessa catena fatta da una stessa sostanza. – Il gelato napoletano formato da tre diversi sapori in uno. – L’arcobaleno: un’analogia antica utilizzata dalla chiesa primitiva; un singolo arcobaleno, diversi colori. – Un “paio” di pantaloni: un singolo articolo di vestuario. I pantaloni sono plurali nella parte inferiore e singolari nella parte superiore.  Il linguaggio: Per poter essere in grado di parlare c’è bisogno della volontà di formulare la parola e anche della pronuncia, ma quelle parole non diventano udibili senza il respiro che spinge le parole fuori. Il Padre sarebbe come la volontà di formulare la parola, il piano; Gesù come la pronuncia concreta di ciò che Dio vuole communicarci ; e lo Spirito Santo come il respiro di Dio che ci fa arrivare il messaggio. – Un uovo: L’uovo è formato dal tuorlo, l’albume e dal guscio. Tre parti distinte ma un solo uovo. – L’acqua: L’acqua, H2O, può esistere in forma liquida, solida o gassosa ma è sempre acqua. Dopo la lettura di tutte queste analogie c’è da notare una cosa, tutte quante possono aiutarci a capire meglio ma tutte quante sono anche eretiche. Ogni analogia è eretica di natura perchè ogni analogia è incompleta. Non esiste nulla che sia paragonabile ad un Dio trino. Prendiamo l’analogia dell’acqua per esempio. L’acqua può assumere tre forme: liquida, solida e gassosa. Se analizzata troppo, questa analogia ci porterebbe verso l’eresia del modalismo: una stessa sostanza che si presenta in diverse forme. Perciò, se utilizziamo queste analogie è importante non farle diventare un assoluto tenendo presente che ci avviano nella direzione sbagliata. Io ho utilizzato l’esempio dell’acqua con le mie figlie e quindi glielo spiego cercando di evitare il modalismo dicendo che l’acqua, il ghiaccio e il vapore parlano insieme. Loro sono piccole quindi mi chiedono cosa ha da dire il vapore all’acqua e io rispondo che il vapore ha detto all’acqua che il ghiaccio si è comportato in modo piuttoso freddo oggi e in quel modo evito di cascare nel modalismo. Le analogie possono essere di aiuto ma non danno un quadro completo.

DOMANDE E RISPOSTE Domanda: In quale modo possiamo conciliare l’ira di Dio come amore?

Risposta: L’ira è la forma che prende l’amore verso il peccato. Se pensiamo che l’amore sia avere quel sentimento eccessivamente affettuoso sempre, allora non abbiamo capito ciò che l’amore è. L’amore è “agape” che significa mettersi all’opera per il bene di qualcuno. L’ira è un tipo di giudizio, come quello adoperato dai genitori per disciplinare i loro bambini. L’idea di qualcuno che perde il controllo acceccato dall’ira è l’idea sbagliata dell’ira di Dio. L’ira divina significa “un giudizio nei confronti di….”. Noi come genitori abbiamo l’autorità di dire ai nostri figli: “quello è sbagliato!” e così facendo abbiamo espresso un giudizio ponderato e ci siamo messi nella posizione di giudici. Non avrebbe senso reagire davanti a un bambino eccesivamente goloso dicendo: “io amo il mio figlio quindi lui è libero di mangiare tutto il gelato che vuole fino alla nausea perchè, chi sono io per decidere se qualcosa sia giusta o meno?” Ovviamente siamo dei genitori e abbiamo la responsabilità di fare delle decisioni giuste per amore dei nostri figli. L’ira è la forma che prende l’amore verso il peccato, verso qualcuno che si allontana dalla loro chiamata.

Domanda: Ciao! Volevo chiedere se potresti fare luce su qualcosa che continuo a dover affrontare. Il fatto è che mi è stato detto che non mi è permesso di pregare  nessun altro e che devo rivolgermi soltanto a Gesù. E’ vero che non posso rivolgermi a Dio il Padre o allo Spirito Santo quando prego?

Risposta: Anzitutto, dovresti dire a quelle persone che loro hanno delle idee strane perché non è un concetto biblico. Gesù ci ha incoraggiato a pregare con queste parole: “Padre nostro che sei nei Cieli…”. Ciò non vuol dire che sia sbagliato rivolgersi a Gesù quando preghiamo, noi possiamo ringraziarlo per le cose che ha fatto, per essere morto sulla croce per i nostri peccati, ecc. Gesù di solito ci incoraggia ad avvicinarci a Lui per così introdurci alla pienezza di chi è Dio veramente. Questo è il nostro pianeta e Gesù è il punto dove Dio ci raggiunse in forma fisica ed è tra noi. Quindi abbiamo Gesù, il Padre e lo Spirito Santo. Gesù desidera presentarci al resto del Dio trino che è amore. Perciò, iniziamo con Gesù ma siamo propensi a pregare dirigendoci al Padre. Non è sbagliato menzionare gli altri membri della Trinità, sono tutti Dio ma il Padre è a chi noi di solito ci dirigiamo quando preghiamo.

Conclusione: Michael F. Bird, studioso e teologo australiano ha messo per scritto una teologia sistematica ottima, si chiama “La teologia evangelica” e su questo tema commenta: “Come portatori dell’immagine divina gli essere umani sono un riflesso più preciso di essa quando imitano e proiettano l’amore divino tra di loro; essi raggiungono il loro massimo potenziale esprimendo questo amore dal loro profondo. Perciò, l’amore trinitario è il modello da seguire per le comunità”. Questo è proprio il motivo per cui ci raduniamo, poiche’ siamo stati fatti all’immagine di Dio che è amore. Non siamo stati creati con lo scopo di essere soltanto delle persone singole ma per appartenere ad una comunità; siamo stati fatti nell’immagine di un Dio che è già in comunità all’interno del Suo essere. Bisogna tenere presente che l’aspetto comunitario della nostra natura ci aiuterebbe solo se rispondiamo come si deve non essendo presi da noi stessi perché comportarci in quel modo ci farebbe distanziare dagli altri. Abbiamo una marea di strumenti alla nostra portata oggi giorno all’interno della nostra società che facilitano l’isolamento. L’affascinante mondo del social media può isolarci e trattenerci dall’avere una relazione vera ma può anche essere utilizzato per connettersi con gli altri e questo aspetto mi piace tanto. Sto sempre attento che non mi faccia allontanare dalle persone e cerco di regolarmi. Ci sono tante diverse forme di intrattenimento e quindi dovremmo stare attenti a non trasformare il cerchio della comunità in un semi-cerchio che non fa altro che stare fermo a fissare e guardare uno schermo. D’altronde, contemplare e apprezzare l’essenza del Dio nella cui immagine siamo stati fatti in un altra persona e renderci conto che siamo stati creati proprio come Lui, – non siamo Dio ma siamo come Dio- è il modo per diventare pienamente umani. Ci aiuta a non diventare isolati e presi da noi stessi, spingendoci ad andare oltre il nostro “io” verso il “noi”, verso la comunità. Ci fa realizzare che il modo per essere pienamente soddisfatti e pieni di vita come il Dio vivente, è quello di donare noi stessi in servizio alla comunità. Consideriamo la chiesa come il luogo dove andare, stare seduti e dopo aver imparato qualcosa andare via? Quel tipo di esperienza in chiesa non è in sintonia con la nostra umanità. Chiediamoci, la chiesa per noi è un luogo dove poter andare mano nella mano insieme ad altri e servire a fianco della nostra famiglia di fede per costruire una comunità? La realtà è che molti di noi cerchiamo sempre di evitare la nostra famiglia di fede poiche’ abbiamo tantissime cose da fare per noi stessi. Dovremmo renderci conto invece che non siamo stati creati per avere quel tipo di relazione e che facciamo parte di una famiglia di fede che dovremmo appoggiare e servire.  Come si fa ad entrare in comunione con una persona che non si conosce bene? Si potrebbe iniziare con un sorriso, entrando in contatto con gli occhi, con il tono di voce o formulando una domanda semplice. Mettere in atto queste cose significa muoversi verso la direzione della nostra umanità. Questo è il Dio nella cui immagine siamo stati fatti. Prendiamo un momento per fare il punto dei momenti in cui abbiamo vissuto al di sotto delle nostre capacità umane. Pensiamo ai momenti in cui non abbiamo vissuto veramente come il Dio vivente ma ci siamo comportati come una specie di umanoidi non viventi presi dalle distrazioni dell’intrattenimento fuori dal contesto delle relazioni. Facciamoci coraggio e diciamo di no a quel tipo di vita, non è così che vogliamo essere. Preghiamo in silenzio chiedendo al Signore di mostrarci dove non stiamo vivendo nel modo in cui siamo stati destinati a vivere e a dire di sì al Suo piano per la nostra vita.  Concluderò questo studio con una benedizione fatta dall’apostolo Paolo: “Che la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Amen.”