LA DOMENICA DELLE PALME. Gesù entra a Gerusalemme, cavalcando un asino, mentre la folla sventolando delle palme grida “Osanna”…Sono degli atti simbolici forti.”La via della guerra o la via della pace? Cosa rappresentano le palme? La pace o la guerra? E l’asino?….Quali lezioni possiamo imparare?…Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: “Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore
, il re d’Israele!”. Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene
,
seduto su un puledro d’asina. Era l’inizio della Pasqua, la festa ebraica più sacra di tutte e Gerusalemme era in fermento. Ebrei devoti da ogni dove convergevano alla sacra città per commemorare la liberazione storica di Israele dalla schiavitù egiziana. Per le persone alle prese sotto il giogo dell’ennesima superpotenza oppressiva –questa volta Roma- la Pasqua serviva anche come un doloroso promemoria che non erano più liberi. Anno dopo anno, il popolo ebraico si radunava per rievocare i tempi quando Dio aveva conquistato la loro libertà. Anno dopo anno, essi speravano che Dio lo facesse ancora una volta. Con tante persone che sognavano l’indipendenza tutte radunate in un luogo, Gerusalemme spesso diveniva instabile durante la Pasqua. Di fatto, c’era una storia di incitamento alla insurrezione totale durante quella settimana.Oggigiorno, il termine osanna viene utilizzato principalmente come espressione di lode a Dio. E’ diventata una esclamazione di adorazione, simile al termine alleluia.Ma in quel giorno al di fuori di Gerusalemme, la parola osanna aveva un significato molto diverso. Osannaè la forma aramaica di un termine ebraico composto –il verbo hosiah insieme alla particella enfatica na.Hosiah significa “aiutaci, liberaci, salvaci”. La desinenza na esprime un senso di urgenza. Fusi insieme, hosiahna significa “oh, salvaci ora!” o “liberaci, ti imploriamo!”. In sostanza, era una richiesta d’aiuto.Il Vangelo di Giovanni racconta che la folla recitò una riga presa dai salmi (Salmi 118:26): “Benedetto colui che viene nel nome dell’Eterno” e che poi aggiunsero delle parole che non si trovano in quel passo. Dichiararono che Gesù fosse il loro re –“il re d’Israele” (Giovanni 12:13).La versione del Vangelo di Matteo riguardo lo stesso evento aggiunse che le persone stesero i loro mantelli sulla strada per far passare Gesù sopra (21:8). Un tale atto potrebbe sembrare piuttosto strano a noi ma per chi era presente in quel giorno, il significato di quell’azione era inconfondibile. Gli spettatori di Gesù privati dai loro mantelli sapevano molto bene che quello fosse il modo consueto per incoronare un nuovo re. E’ proprio quello che gli israeliti usavano fare come accade nel caso dell’incoronazione del re Jehu in 2 Re 9:13.Queste persone non stavano semplicemente celebrando l’arrivo di un eroe religioso. Volevano fare di lui il loro re.Nei giorni di Gesù, i rami di palme erano dei simboli che avevano una valenza politica e che ricordavano al popolo ebraico di un evento storico significativo.Circa 200 anni prima dell’entrata di Gesù, l’Impero di Seleucide governava Israele. Intorno al 167 a.C. il loro re, Antioco Epifane IV saccheggiò Gerusalemme e profanò il Tempio sacro facendo sacrificare un maiale impuro sull’altare e cospargendo il suo sangue in tutto il luogo. Da un sacerdote di nome Mattatia e dai suoi figli nacque una rivolta violenta. In particolare uno dei suoi figli di nome Giuda, si dimostrò così feroce in battaglia che i suoi connazionali gli diedero il soprannome di Maccabeo che significa “il martello”. Sotto la sua guida, gli ebrei fecero dei progressi significativi nella loro ricerca di indipendenza. Di fatto, Giuda il Martello, riconquistò parti di Gerusalemme, incluso il Tempio. Quando Giuda fece la sua entrata trionfale nella città e procedette a purificare il Tempio, i suoi seguaci ondeggiarono –avete indovinato- dei rami di palme (2 Maccabei 10:1-9; vedete anche 1 Maccabei 13:51).Da lì in poi, le palme divennero un simbolo chiave della ricerca di indipendenza israelita. A quel tempo i rami di palme avevano lo stesso significato delle bandiere dei movimenti separatisti attuali. Ondeggiare dei rami di palme esprimeva il desiderio di liberarsi dall’occupazione straniera. Inoltre, agitare dei rami di palme a Gesù significava che la folla credesse che lui sarebbe stato il loro liberatore.Mentre Gesù si preparava ad entrare in Gerusalemme, era consapevole che le folle avrebbero supposto che venisse nelle sembianze di Giuda il Martello per guidare una rivolta violenta. Perciò aveva pianificato una risposta in anticipo. Di fatto, l’entrata trionfale di Gesù è uno degli atti profetici più stupendamente pianificati della storia dell’umanità.Mentre i Vangeli sinottici rivelano che l’asinello fosse parte della strategia di Gesù dall’inizio, il racconto di Giovanni si focalizza sul momento preciso quando Gesù utilizzò l’animale. Il momento decisivo arrivò al culmine quando le folle proclamavano le loro aspettative di voler che Gesù guidasse una rivolta armata. Secondo Giovanni, quando Gesù sentì e vide la folla che gridava “Osanna!” chiamandolo re, ondeggiando rami di palme e stendendo i loro mantelli è allora che in risposta alle azioni della folla Gesù decise di cavalcare l’animale. (12:12-14).L’utilizzo dell’asinello da parte di Gesù a quel punto della processione compì due propositi. Per primo, fu una conferma che Lui fosse davvero un re.Dotandosi di un asino in quel modo, Gesù stava “rivendicando il diritto dei re durante l’antichità di requisire mezzi di trasporto”.In secondo luogo, il fatto di utilizzare un asino sfidò le idee sbagliate del popolo riguardo la sua missione regale. Tradizionalmente, ogniqualvolta un sovrano faceva la sua entrata trionfale in una città, se era in sella ad un cavallo le sue intenzioni erano bellicose, invece se in sella ad un asino, veniva in pace. Pertanto come scrisse lo studioso biblico J.F. Coakley: “Il fatto di non aver montato un cavallo come si aspetterebbe di un messia nazionalista, Gesù aveva intenzione di rimproverare o di correggere le aspirazioni di coloro che lo acclamavano. Lui stava inscenando il ruolo di un re umile e pacifico”.La folla avrebbe saputo che l’utilizzo dell’asinello da parte di Gesù simbolizzasse le sue intenzioni di pace. Ma evidentemente, hanno presunto che ciò significasse che Gesù fosse venuto a promuovere la pace unicamente per loro. L’asinello confermò la loro convinzione profondamente radicata che Gesù avrebbe conquistato la loro pace abbattendo un martello sui romani.Non erano solo le folle a pensarla in quel modo. I discepoli di Gesù clamorosamente mancarono di comprendere il perché Gesù avesse scelto di montare un asinello. Secondo Giovanni, i discepoli compresero il significato di quell’atto solo dopo la risurrezione di Gesù (12:14-16).Fortunatamente, Giovanni spiegò la situazione a suoi lettori: quando Gesù cavalcò un asino, lui si stava allineando alla visione del profeta Zaccaria di un re pacifico. “Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina” (Giovanni 12:15, citazione di Zaccaria 9:9). Il verso successivo nel libro di Zaccaria che descrive la sua visione continua dicendo che quel re “Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco diguerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra” (9:10).E’ facile sorvolare sul fatto di quanto radicale sia la descrizione che Zaccaria offre sulla venuta di quel re. Notiamo, ad esempio che questo re avrebbe eliminato i carri, i cavalli di guerra e gli archi di guerra da Gerusalemme e dalla tribù israelita di Efraim. Detto in altri termini, lui avrebbe distrutto le armi di guerra del suo proprio popolo. Gli ordigni di morte israeliti non ci sarebbero più. La profezia di Zaccaria afferma inoltre che quel re avrebbe proclamato la pace a tutte le nazioni. Tutti beneficerebbero della sua pace e del suo Regno pacifico. “Il suo dominio sarà da mare a mare” perfino fino “ai confini della terra” (9:10).LEZIONI SULLA PACIFICAZIONELezione 1: I pacificatori cristiani vanno verso il conflitto.Prima dell’inizio della Pasqua, Gesù: “prese con sé i dodici e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e tutte le cose scritte dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compiranno. Egli infatti sarà consegnato in mano dei gentili, sarà schernito e oltraggiato e gli sarà sputato addosso. E, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà»” (Luca 18:31-33).La prima lezione è che piuttosto che fuggire dal conflitto, i pacificatori che sono come Cristo coraggiosamente ne vanno incontro per affrontarlo. Non lo ignorano e non si nascondono da esso. Non fanno finta che non esista. Piuttosto, vanno volontariamente incontro al bisogno, adoperandosi per un cambiamento giusto.. Occorre ricercare i luoghi dove la shalom di Dio è dolorosamente assente ed essere disposti ad abbandonare la comodità e la sicurezza.Lezione 2: I pacificatori come Cristo estendono la pace a tutti.La seconda lezione dell’entrata trionfale di Gesù ci insegna che dobbiamo metterci all’opera per la pace di tutti, non solo di alcuni. I pacificatori come Cristo non conquistano la pace per il loro gruppo togliendola agli altri. Non mantengono la pace per la loro parte tramite la repressione di altri gruppi. Invece, i pacificatori come Cristo si interessano al benessere di tutti –amici e avversari, alleati e nemici.Lezione 3: I pacificatori come Cristo seguono la via dell’Agnello.Se desideriamo diventare apprendisti dell’approccio di Gesù alla pacificazione, allora dobbiamo abbracciare la via dell’Agnello e rifiutare la via del martello(cioè la via della violenza). Gesù utilizzò la sua entrata trionfale per dichiarare in modo sottile ma inequivocabile che lui non fosse il Martello di Dio. Lui è l’Agnello di Dio e chiama i suoi seguaci ad abbracciare la via dell’agnello sacrificale.