~ GESÙ (Matteo 5:4)

IL NUCLEO (Il cuore del messaggio):

La vita è perdita. Nascere è iniziare a morire, amare è iniziare a perdere, e mentre proseguiamo nella nostra dolorosa vita sperimentiamo continuamente la perdita della purezza. Tutto in questo mondo effimero finisce, compresa la nostra illusione di innocenza, e quando ci addoloriamo ci sintonizziamo con la realtà. Eppure, grazie allo Spirito Santo e ai concittadini del regno dei cieli, quando ci addoloriamo onestamente saremo confortati e difesi.

CONTESTO (cosa succede prima e dopo questo versetto):

Prima ancora di dare un comando, una richiesta o una direzione, Gesù ha iniziato il suo Sermone della montagna con una serie di bellissime benedizioni. La grazia viene prima di tutto e noi dobbiamo ricordarcene in seguito, quando il Sermone metterà degli standard elevati. In questo sermone scopriremo che Gesù benedice chi è rattristato ma non i pazzi. Presto ci avvertirà del pericolo dell’ira (l’emozione che ci fa sedere al banco del giudizio), ma Gesù ci incoraggia sempre nella nostra tristezza. Forse, quando siamo tentati di essere indignati, dovremmo trasformare tale energia in un lamento.

CONSIDERA (Osservazioni sul versetto):

Beato. La parola greca che viene tradotta con “beati/benedetti” (makarios) significa qualcosa come “fortunato” o “fiorente”. Ma senza gli elementi di casualità che la parola italiana suggerisce.  Potremmo tradurla con: “Dio ha reso fortunati coloro che” oppure “il favore di Dio è su coloro che” o “Fiorenti sono coloro che”, ma “Benedetti” è probabilmente comunque la parola che più si addice fin quando ci ricordiamo da quale fonte viene la benedizione. La parola implica un contenuto di comunicazione, esortazione, dichiarazione e congratulazione. Vale a dire che potrebbe essere più letteralmente tradotta con “benedizioni sono su” oppure “Dio benedice”. Le benedizioni vengono da Qualcuno e da qualche parte. Ricordiamoci anche che le benedizioni sono una realtà presente, proprio qui e adesso, anche se un adempimento futuro è anche auspicato.

Cordoglio. La parola greca (penthos) significa lamentare una perdita o una fine. Potrebbe riferirsi al dolore per la morte di una persona cara o per la perdita di una relazione per noi importante. Potrebbe anche riferirsi al dolore di Dio per il nostro fallimento. Sia che abbiamo perso un lavoro, una relazione, un animale domestico o un progetto che speravamo di realizzare, sia che abbiamo perso il nostro senso di purezza e innocenza a causa del nostro fallimento o del fallimento di qualcun altro nella nostra vita, essere tristi e addolorati significa essere in sintonia con la realtà.

Confortati/Difesi. La parola greca (parakaleo) è interessante. Potrebbe essere tradotta come confortato, incoraggiato, difeso o sostenuto. È la radice della parola che Gesù usa per descrivere lo Spirito Santo in Giovanni 14-16 come “Consolatore” o “Avvocato” (parakletos). Questa parola può avere una connotazione giuridica e significa letteralmente l’atto di affiancarsi a qualcuno per dire qualcosa di incoraggiante o in sua difesa. Si potrebbe quindi tradurre “difeso” (ad esempio, chi si addolora per il proprio peccato sarà difeso dalle accuse degli altri) o “confortato” (ad esempio, chi ha perso qualcosa o qualcuno di importante sarà incoraggiato da vicino). La parola confortare conforto viene dal latino e significa rendere forte, difatti è composta dalla parola con (venire accanto e stare con) – e fortis che significa forte. “Confortare” qualcuno significa quindi affiancarlo e rafforzarlo. Nella nostra mente dovremmo rimanere flessibili nella traduzione – tra confortare, incoraggiare o difendere – a seconda del contesto. Ciò che è chiaro qui è che questa parola è in un tempo futuro, è una promessa, ma sappiamo anche dal resto dell’insegnamento di Gesù che le realtà future del regno possono iniziare ad essere sperimentate ora. Gesù quindi potrebbe dire che quando piangono la perdita di una persona cara, i cittadini del Regno saranno circondati dall’amore e dal sostegno di una famiglia più ampia e globale già in questa vita. E quando piangeremo il nostro peccato, Gesù, il suo Spirito e la sua Chiesa verranno in nostra difesa come avvocati contro le accuse del nemico. La grazia che risana i peccatori è il cuore pulsante del Vangelo.

CONFESSIONE (riflessione personale):

A prima vista questa Beatitudine non sembra dire molto. “La vita è dura, ma andrà meglio, quindi coraggio!”. Ma più vivo e più questa Beatitudine diventa rilevante.

Da bambini cantavamo la canzone: “Sono dentro, fuori, sopra sotto, felice per sempre!”  Credo che Gesù apprezzasse il nostro cuore, ma probabilmente scuoteva anche la testa. Questa canzone “cristiana” non è in sintonia con l’insegnamento di Cristo. (Se non siete al corrente di questo classico cristiano, ecco un link a una versione di questa canzone – a patto che promettiate di non insegnarla ai vostri figli: https://www.youtube.com/watch?v=iiowtI93kek).

Alcune volte nella mia vita ho sofferto di un lutto profondo, anche di recente. L’intera esperienza è diventata per me un “luogo trasparente”, un luogo in cui il velo tra il cielo e la terra diventa più sottile e in cui sperimentiamo maggiormente la luce di Dio che brilla attraverso di noi. Mi sento più triste e più felice e più appesantito e più gioioso e più terribile e più… beh, tutto è semplicemente più esagerato. Soprattutto, provo una ricca gratitudine per la vicinanza, il conforto, l’incoraggiamento, la difesa e la grazia che ricevo da Dio attraverso gli altri cittadini del Regno.

Sto anche imparando la bellezza delle persone che prendono l’iniziativa di curarsi degli altri. Mi rendo conto di quanto sono passivo. Quando sento di qualcuno che sta attraversando una tragedia, tendo a pregare a distanza, pensando: “Se hanno bisogno di me, sanno dove trovarmi”. Per quale ragione non riuscivo a capire quanto ciò fosse insufficiente? Dio, aiutami ad amare attivamente come tu mi hai amato attraverso i tuoi santi.

COMMENTARIO (Pensieri sul significato e sull’applicazione):

I credenti non sono mai esortati a cercare la sofferenza; sono invece incoraggiati a riconoscere che la sofferenza è una straordinaria maestra. ~ Kenneth E. Bailey (Gesù attraverso gli occhi del Medio Oriente).

Gesù sta gettando le basi per una comunità onesta, aperta, autentica e accogliente. Se coloro che sono afflitti sono esaltati nel suo regno, allora non dobbiamo fingere di farcela o fingere di essere migliori di quello che siamo. I cittadini di questo regno dei cieli sulla terra sono persone vere, che si comportano in modo autentico nella vita reale. Possiamo togliere la maschera e far sì che la confessione del peccato o il lutto per una perdita o semplicemente il sentirsi sconfitti dalla vita facciano parte della nostra normale conversazione. Che accoglienza, che grazia.

Un buon cordoglio è una risposta divina a perdite di ogni tipo…

A volte piangiamo la perdita della nostra purezza. Gesù ha detto che per entrare nel regno dobbiamo diventare come piccoli fanciulli (Matteo 18:2). Per molti di noi, quell’innocenza sembra così lontana. Abbiamo fallito miseramente e sporcato la nostra anima e le nostre relazioni. Per noi, il lutto per il nostro peccato è un aspetto cruciale del nostro processo di guarigione.

Il lutto per il peccato personale e societario ha una ricca tradizione nelle Scritture dell’Antico Testamento (1 Samuele 7; Neemia 1; Daniele 9; ecc.) e questa sarebbe una chiara applicazione della Beatitudine di cui parla questo versetto. L’apostolo Paolo scrisse:

Il dolore divino porta al pentimento che conduce alla salvezza e non lascia rimpianti, ma il dolore del mondo porta alla morte. (2 Corinzi 7:10)

C’è un tipo di dolore che si impantana nell’autocommiserazione e non porta a nulla. Ma c’è un tipo di dolore per il nostro peccato che si accompagna al coraggio di riflettere e pentirsi. Questo dolore divino è l’espressione del nostro  ammettere il peccato e prendere provvedimenti per sistemare le cose nel miglior modo possibile. Gesù e i cittadini del suo regno ci affiancano in questo offrendoci conforto, incoraggiamento, accettazione e sostegno durante questo difficile processo.

Come abbiamo scritto nel nostro primo studio, La Nostra Missione d’Amore, parte del modo di agire di qualsiasi comunità del regno (chiamate chiese), dovrebbe essere quella di offrire un terreno accogliente perché le persone possano confessare i fallimenti ed essere accolti con la semplice risposta della preghiera a loro favore, come leggiamo nella lettera di Giacomo l’apostolo: Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza (Giacomo 5:16).

Non ci sono lezioni morali, né espressioni di delusione e accuse, né virtuosismi, né esibizioni di moralismo o di indignazione etica, ma un dolce avvicinarsi alla persona che piange il proprio peccato con una preghiera di sostegno, cioè pregando per lei, non contro di lei, o anche solo lontano da lei (ad esempio: “Signore, aiuta la nostra chiesa a riprendersi dal peccato di questa persona, e ricordiamo di pregare per la persona che ha offeso, affinché stia bene, e preghiamo per coloro la cui fede è stata colpita da questo peccato”, ecc.)

La prima risposta alla confessione è una preghiera di conforto che si affianca al peccatore. Pregare per lui. Questa difesa da parte della comunità di fede è la nostra Beatitudine in azione.

E come Gesù sottolinea più avanti nel vangelo di Matteo, a volte abbiamo bisogno dell’aiuto di due o tre emissari della misericordia che ci raggiungano in un confronto privato prima di avere il coraggio o anche solo la presenza di spirito di confessare il nostro peccato. Sì, a volte qualcuno confesserà il proprio peccato di propria iniziativa, ma Gesù prevede che, la maggior parte delle volte, sarà il confronto amorevole il catalizzatore necessario per la confessione. C’è grazia anche in questo.

Beati quelli che piangono sul proprio peccato, anche se solo dopo aver avuto bisogno che altri lo confrontassero, perché nel mio regno essi saranno consolati e non crocifissi, difesi e non distrutti.

Almeno, questa è la visione di Gesù.

Gesù illustra questa beatitudine attraverso la parabola del Figliol Prodigo (Luca 15). Una volta che il figlio peccatore, semi-pentito, torna e si sottomette al padre, il padre gentile gli organizza una festa di benvenuto a casa, senza alcun vincolo. Questa situazione è talmente ribaltata rispetto alle culture religiose e secolari dei tempi di Gesù e dei nostri giorni, che la maggior parte di noi si identificherà più facilmente con la reazione del fratello maggiore. Quel fratello protesta per l’abbraccio radicale della grazia da parte del padre. Il fratello maggiore fa notare che non ha mai peccato contro il padre come il fratello minore, eppure non riceve alcun trattamento speciale per la sua costante fedeltà. Il padre risponde semplicemente che far parte della famiglia dovrebbe essere sempre una ricompensa sufficiente e che la festa più grande è riservata alla resurrezione, poiché il figliol prodigo “era morto ed è tornato in vita”. (Questa storia, dovremmo notare, è un racconto più articolato delle parabole della moneta e della pecora smarrita che troviamo al capitolo 15 del vangelo di Luca.

Nel regno dei cieli sulla terra, i peccatori vengono festeggiati quando piangono il loro fallimento, mentre i “fratelli maggiori” moralisti vengono lasciati alle loro lamentele.

A volte piangiamo la perdita di una persona. Perdere un amico o un familiare, un partner o persino un animale domestico è quanto di più grande si possa perdere. Dio è amore (1 Giovanni 4:8, 16), quindi questo universo si basa sulle relazioni. Alla fine, la connessione tra anime è l’unica cosa che conta. L’amore è vita. E perdere la connessione con una persona amata significa sperimentare la morte nella nostra stessa anima.

Eppure, piangere per queste ragioni significa riconoscere che abbiamo sperimentato il vero amore – e questa è la più grande benedizione della vita. Siamo grati che Gesù sia venuto ad aiutarci a superare i momenti più difficili del lutto. Sappiamo che Gesù ha incarnato la profezia di Isaia: “Lo Spirito del Signore sovrano è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione… per fasciare il cuore spezzato” (Isaia 61:1-2; Luca 4:14-21). Gesù è venuto non solo per guarire i corpi spezzati, ma anche per riparare i cuori spezzati e ripristinare le relazioni interrotte. A volte questa guarigione avverrà in questa vita, altre volte dovremo aspettare la vita dopo la morte. Ma in ogni caso, per un discepolo di Gesù, la perdita non è mai la fine della storia.

In definitiva, la persona che più ci manca è Gesù stesso. Stranamente, anche se non abbiamo mai camminato con Gesù fisicamente su questa terra, se siamo suoi discepoli, ci manca la sua presenza tangibile, e piangere questa perdita fa parte della nostra spiritualità. Essere un seguace di Cristo oggi significa vivere il lamento in tonalità  minore, in questa stagione di separazione dal nostro Salvatore.

Non me lo sto inventando. Più avanti nel Vangelo di Matteo leggiamo:

Poi vennero i discepoli di Giovanni e chiesero a Gesù:

“Come mai noi e i farisei digiuniamo spesso, ma i tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù rispose: “Come possono gli invitati dello sposo fare cordoglio mentre egli è con loro? Verrà il tempo in cui lo sposo sarà loro tolto; allora digiuneranno”. (Matteo 9:14-15)

Forse questo passo può essere applicato, in modo letterale, solo alla prima generazione di discepoli di Gesù, ma la maggior parte degli studiosi tende a considerare tutte le lezioni di discepolato come trasferibili a noi oggi. Seguire Gesù oggi significa vivere con il desiderio di riunirsi a Colui che ci manca, anche se non lo abbiamo mai incontrato fisicamente. Quando le nostre anime si sottomettono a Gesù e vivono il suo insegnamento, questo è sia una gioia immensurabile che un grande dolore: la gioia per l’irruzione del regno dei cieli nella nostra vita e il dolore per il fatto che percepiamo ancora tutto in modo così incompleto e così lontano. E in relazione a questo pensiero…

A volte piangiamo l’incompletezza del regno dei cieli sulla terra. I seguaci di Cristo si addolorano perché qualcosa di bello è iniziato ma non è finito, il regno è vicino ma non è pienamente realizzato, inaugurato ma non stabilito. Così, nel frattempo, la nostra esperienza della bellezza del regno dei cieli sulla terra è ancora permeata dal dolore.

Pensate per un momento al lato oscuro della storia della Chiesa e della Chiesa attuale.

La Chiesa cristiana ha fatto tanto bene e tanto male. Abbiamo inventato gli ospedali – e ci abbiamo messo dentro più persone di qualsiasi altra religione. Abbiamo diffuso un bellissimo messaggio d’amore, spesso massacrando chi non lo accettava. Abbiamo sostenuto la verità oggettiva – e torturato le persone che pensavamo non l’avessero abbracciata. Evangelizziamo con coraggio, ma a quale scopo? Le parole di Gesù sui farisei potrebbero spesso applicarsi a segmenti della Chiesa cristiana: “Voi viaggiate per terra e per mare per conquistare un solo convertito e, quando ci siete riusciti, lo rendete figlio dell’inferno il doppio di voi” (Matteo 23:15).

La domanda sorge spontanea: se il Regno dei Cieli è già iniziato qui sulla terra, perché il mondo è così pieno di dolore e sofferenza, egoismo e peccato? E perché la Chiesa stessa sembra così inquinata da valori mondani come il rabbioso giustizialismo, l’inflessibile legalismo e le lotte interne? La risposta è che, mentre il regno di Dio è iniziato, gli altri regni non sono ancora stati rimossi. Viviamo nel tempo della sovrapposizione e c’è molto di cui essere gioiosi e allo stesso tempo molto di cui dolersi. La nostra sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto ciò non è una nevrosi, è la realtà. E il lutto è la reazione appropriata per questa realtà.

A volte piangiamo la morte di un sogno. Vale la pena ricordare che alcune persone vivono ogni giorno con il dolore di aspettative non soddisfatte. Non si sono mai sposati come pensavano, non hanno avuto i figli che speravano o non hanno raggiunto gli obiettivi di carriera che avevano previsto. I loro sogni stanno morendo con il passare degli anni. Si tratta di un profondo dolore spirituale che non può essere semplicemente accantonato.

Se questo tipo di lutto descrive il vostro, sappiate che Dio vi capisce. Dio sa cosa significa avere un sogno per la sua creazione che non è stato realizzato. Anzi, quel sogno si è trasformato in un incubo:

Il Signore vide quanto grande era diventata la malvagità della razza umana sulla terra e che ogni inclinazione dei pensieri del cuore umano era sempre e solo malvagia. Il Signore si pentì di aver creato gli esseri umani sulla terra e il suo cuore fu profondamente turbato. (Genesi 6:5-6)

Dio si addolora (vedi anche Isaia 63:10; Efesini 4:30). Gesù è stato profetizzato come uomo dei dolori e conoscitore della sofferenza, colui che avrebbe preso e portato su di sé la nostra tristezza:

Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore, familiare con la sofferenza,
pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia,
era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.
Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava,
erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato;
ma noi lo ritenevamo colpito,
percosso da Dio e umiliato!
(Isaia 53).

Prima di aver ripulito il tempio come giudizio sull’intero sistema religioso, Gesù piange per l’occasione mancata da Gerusalemme di accoglierlo come il re che li avrebbe condotti alla pace, invece che alla guerra contro i Romani, una guerra che avrebbero perso terribilmente (Luca 19:41-44). La parola greca qui descrive un lamento a voce alta, un dolore che non può essere contenuto o taciuto. Se questa è stata la reazione emotiva di Gesù al fallimento dei Giudei di Gerusalemme nel seguire la sua via di pace, posso solo immaginare il suo straziante lamento negli ultimi due millenni, quando ha visto svolgersi la storia violenta della sua Chiesa. Gesù conosce il dolore acuto della morte di un sogno.

Leggendo la Bibbia, impariamo che Dio sa cosa significa avere un coniuge che lo tradisce, avere i figli che gli si rivoltano contro, avere gli amici che lo tradiscono, lo rinnegano e lo abbandonano. Dio capisce il dolore. Infatti, nel nostro stesso dolore possiamo sperimentare una profonda connessione con il cuore di Dio. Un antico padre della Chiesa siriana, Sant’Efraim, diceva che finché non piangiamo non conosciamo Dio. Piangere significa entrare in contatto cuore a cuore con il Gesù che piange sulla tomba di Lazzaro e per città di Gerusalemme, e con il Dio che si pente di aver creato l’umanità dopo aver visto quanto male ci facciamo l’un l’altro e che attualmente vede le pene di questo mondo e si addolora accanto agli oppressi.

Sì, Dio piange con noi, Dio ci conforta e Dio ci fornisce del necessario per essere agenti di conforto per gli altri:

Sia lodato il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della compassione e il Dio di ogni consolazione, che ci conforta in tutte le nostre difficoltà, affinché possiamo confortare coloro che si trovano in qualsiasi difficoltà con la consolazione che noi stessi riceviamo da Dio. Infatti, come partecipiamo abbondantemente alle sofferenze di Cristo, così anche la nostra consolazione abbonda per mezzo di Cristo.

~ L’apostolo Paolo (2 Corinzi 1:3-4)

Il nostro lutto ha uno scopo, anche se questo scopo è semplicemente quello di permettere a Dio di aiutarci a comprendere meglio il nostro mondo e di offrire il necessario conforto ai molti che ci circondano e che stanno soffrendo per una perdita. Non lasciamo che una goccia del nostro dolore vada sprecata.

Un cuore che sa piangere è un cuore che sa amare.

~ Amy-Jill Levine (Il Sermone sul Monte)

CONTEMPLA (passi della Scrittura che si riferiscono e approfondiscono la comprensione di questo argomento):

Esdra 10:6; Salmo 30:5; 119:136; Ecclesiaste 7:2-4; Isaia 61:1-3; 66:2; Abacuc 2:3; Luca 4:16-21; 15; 19:41-44; Romani 5:1-5; 1 Corinzi 5:2; 2 Corinzi 1:3-4; 2:5-11; 7:5-16; 12:21; Filippesi 3:18; Giacomo 4:7-10; Apocalisse 7:17; 21:4

CONVERSAZIONE (parlare insieme, imparare insieme, crescere insieme):

1.        Che cosa vi sta rivelando Dio di sé attraverso questo passo?

2.        Cosa ti sta mostrando Dio di te stesso attraverso questo passo?

3.        Rivedete i tipi di lutto menzionati nel commento e parlate di quale vi risuona maggiormente in questi giorni.

4.        Qual è una cosa che potete pensare, credere o fare in modo diverso alla luce di ciò che state imparando?

5.        Quali domande state ancora elaborando su questo argomento?

Grazie per aver letto e commentato. Dio vi benedica!