MAtteo 18:20 Parte B

CONTESTO (Quello che accade prima e dopo questo passo del vangelo): da leggere

Prima di questo versetto, Gesù stava discutendo con i suoi discepoli cosa significasse perseguire attivamente le pecorelle che sono perdute, erranti e sole, spesso a causa del proprio peccato e vergogna (o, forse, per il peccato di altri nei loro confronti). Gesù ci dice di andare da queste persone smarrite portando un messaggio di perdono e guarigione. Se non dovessero ascoltarci, la nostra attitudine non sarà di condanna della persona ma di avere un cuore contrito, sperando e operando sempre con l’obiettivo della riconciliazione. Quando operiamo per il perdono, la riconciliazione e il ripristino, il Cielo intero si allinea con noi dandoci potenza, e noi adempiamo la visione di Gesù per la sua Chiesa.

La parola “chiesa” (dal Greco ‘ecclesia’) significa l’incontro di persone con uno scopo. Uno dei compiti più importanti che ha la Chiesa è di aiutare a guarire le relazioni spezzate, offrendo agli altri lo stesso amore e perdono che abbiamo ricevuto da Gesù (Efesini 4:32). Persino quando si rifiutano di ascoltarci, Gesù ci dice di trattare quelle persone come fossero delle pecorelle randagie o come i pagani e gli esattori delle tasse. Gli ebrei di allora disprezzavano i pagani (che erano gli oppressori romani) e gli esattori delle tasse (degli ebrei che tradivano il loro popolo lavorando per gli oppressori), e Gesù, parlando con i suoi discepoli, ribadisce quello che ha già insegnato loro nel Sermone della Montagna e in altri ancora, e cioè che dovremmo trattare gli estranei e persino i nostri nemici con compassione e gentilezza. Trattarli come persone che sono state create a immagine di Dio. 

A seguito di questa discussione, Pietro gli chiederà qual è la misura del perdono, cioè quand’è che una cosa è troppo grande da poter perdonare. Gesù gli risponde che dovremmo perdonare all’infinito (settanta volte sette) per poi continuare raccontando un’importante parabola sulla centralità dell’offrire agli altri lo stesso radicale perdono che egli da a noi.

CONSIDERA (Osservazioni su questo passo delle Scritture):

Si, Gesù è presente ed è con noi anche quando siamo da soli, ma lo è in modo speciale quando siamo in una missione di misericordia, operando insieme per il restauro di persone escluse e prigioniere della vergogna del loro peccato. Difatti, il verbo greco in questo passo ha un significato profondo; non vuol dire che egli si unisce a una compagnia di persone, ma che egli è nel mezzo di tutto, al centro dell’incontro (la stessa espressione viene da lui usata in Matteo 18:2 quando Gesù mette un bambino al centro di una discussione).

I rabbini (maestri, insegnanti) ai tempi di Gesù insegnavano che la presenza personale di Dio (che veniva chiamata la Shekhinah) avveniva quando due o tre persone si riunivano per parlare della Torah (referenza: Mishna, Avot 3.2, 6). Gesù parla della sua presenza dicendo che egli stesso è la vera Shekhinah Divina, e dice che la sua presenza viene quando due o tre persone si incontrano per andare verso la grazia oltrepassando la rigidezza della legge e oltre il semplice studio biblico per vivere delle vite di amore-in-azione. Quando insieme perseguiamo la riconciliazione, Gesù è davvero Emmanuel, Dio con noi (Matteo 1:23).

COMMENTARIO (Pensieri sul significato e applicazione di questo passo):

Gesù disse ai pescatori che erano diventati suoi discepoli che li avrebbe fatti diventare “pescatori di uomini” (Matteo 4:19). Ai tempi d’oggi potremmo commettere l’errore di intendere questa metafora come un incarico individuale dato a persone impegnate singolarmente a usare le scritture come canna da pesca per “agganciare” le persone a seguire Gesù. Ma Gesù aveva una matrice relazionale in mente, nella quale il pescare è un lavoro di gruppo dove i suoi seguaci usano una rete per “pescare” le persone invitandole in una relazione amorevole.

Le reti da pesca hanno sempre bisogno di manutenzione perché altrimenti un piccolo strappo può facilmente allargarsi permettendo ai pesci di scappare rendendo le reti inutili. In questo passo e in molti altri ancora, Gesù insegna la priorità del ministero di una costante riparazione. La parola greca per “riparazione” (katartizo) può significare riparare o preparare, perché ai tempi di Gesù era la stessa cosa (Matteo 4:21). Riparare le relazioni è vivere il regno di Dio (Luca 6:37-42; 1 Corinzi 1:10; Ebrei 13:20-21). Una chiesa che ha delle relazioni spezzate è come una rete con grossi buchi.  

Stiamo sul sacro terreno dei vangeli cioè la Buona Novella di Gesù, che consiste nel riparare le relazioni infrante o che si stanno spezzando, sia con Dio che tra gli uni gli altri. Tutte le relazioni sono in un processo continuo di disintegrazione e (si spera) di reintegrazione. Il peccato separa. La grazia ristabilisce. Innumerevoli e giornaliere micro-aggressioni, micro-conflitti, e/o micro-incomprensioni devono essere curati con un flusso continuo di micro-misericordie per mantenere la salute e l’unità di qualunque relazione. Se l’obbiettivo è di essere una comunità amorevole e unita, abbiamo bisogno di essere una comunità che abbonda nella grazia: coraggiosa nel confrontare le cose, pronta ad ascoltare e a pentirsi, pronta a perdonare, e sempre disposta ad offrire misericordia.

Molti degli insegnamenti di Gesù riguardano la ricerca della riconciliazione ogniqualvolta che il peccato ha causato divisione, con il dare e ricevere perdono posto al centro della nostra vita e delle nostre esperienze. Gesù non ha mai preteso che la sua chiesa fosse perfetta in questa vita, ma chiede che sia piena di grazia.

Una verità detta in modo diretto, e in privato riguardo a un peccato importante che una persona ha commesso, è un gesto di amore profondo. Un confronto premuroso seguendo il processo della trave-nell’occhio come indicato da Gesù (vedi Matteo 7:1-5; Luca 6:37-42; 17:3-4) offre all’altra persona un’opportunità di crescita attraverso il pentimento (che significa ripensamento).

Da notare come siano palesemente assenti i trend contemporanei come la call-out culture (cioè: denunciare a accusare pubblicamente) la cancel-culture (Un atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualche cosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento), la shame culture (svergognare platealmente e pubblicamente le persone). Gesù invece ci dice di usare i metodi più umili e privati di piccoli nuclei di persone che in fratellanza presentano la verità alla persona che ha peccato, una verità intrisa però di misericordia.

Se qualcuno si rifiuta di ascoltare, non siamo responsabili delle sue reazioni. Non possiamo costringerlo a ricevere il dono della grazia che offriamo. Semplicemente ce ne andiamo, senza tante storie, nessun dramma, trattandolo come qualunque altra persona che Dio ama, anche se per il momento non lo includiamo nella nostra comunione fraterna.

Questo processo, che i credenti al giorno d’oggi chiamano “disciplina della chiesa” (ponendo l’enfasi in qualche sorta di punizione da impartire se le cose non vanno bene), potrebbe invece essere meglio definito: “Pratica di Restaurazione nella Chiesa”, “Guarigione Relazionale” oppure “Missione di Misericordia” (dove l’enfasi cade sullo scopo della correzione stessa). L’enfasi che Gesù pone nei suoi insegnamenti non è su come e quando cacciare via una pecorella dal gregge, ma sull’importanza di perseguirla ed aiutarla a ritornare.

La Prima Chiesa a volte usava la parola greca homothumadon per descrivere la loro disposizione a ricercare appassionatamente l’unità (vedi Atti 1:14; 2:46; 5:12; Romani 15:5-7). Homo significa uno oppure uguale, mentre thumadon viene da thumos, e significa sbuffare con rabbia. Questa parola è a volte usata per descrivere una folla inferocita e violenta (come ad esempio in Atti 7:57). Ma quando è applicata alla Chiesa, homothumadon significa essere pieni di una fervente passione per l’unità e la volontà di combattere per essa.

La Prima Chiesa sapeva che una continua unità era sia un fatto evangelistico che una lotta evangelistica. I seguaci di Cristo sono di fatto già uniti in un corpo solo (1 Corinzi 12), e tuttavia dobbiamo lottare per mantenere questa unità seguendo le istruzioni di Gesù (Efesini 4:3). E quando compiamo l’opera del Vangelo, Gesù si mette proprio al centro insieme a noi.

Se vuoi conoscere meglio Gesù, frequenta persone in Cristo che sono piene di grazia, che perdonano, che cercano la riconciliazione e la restaurazione. Troverai Gesù nel mezzo del loro ministero.

CONTEMPLA (Passi delle Scritture che hanno a che fare con questo argomento e che aiutano ad approfondire la nostra comprensione del tema):

Levitico 19:17-18; Salmi 103; Proverbi 17:5; Matteo 5:23-24; 6:14-15; 7:1-5; 18:15, 2-35; 25:34-40; Luca 6:37-42; 17:3-4; Giovanni 13:34-35; 17:20-23; Galati 6:1-2; Efesini 4:31-5:2; Giacomo 1:27; 2:14-26; 1 Giovanni 4:11-12, 19-21

CONVERSAZIONE (Parliamone insieme, impariamo insieme, cresciamo insieme):


Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

~ Gesù (Matteo 18:20)

1. Cosa ti sta rivelando Dio sulla sua essenza attraverso questo passo del Vangelo?

2. Cosa ti sta rivelando Dio su te stesso attraverso questo passo?

3. In che modo hai fatto esperienza di Dio attraverso lo stare insieme ad altri?

4. Qual è la singola cosa che tu pensi, o credi, o farai in modo diverso alla luce di questi insegnamenti?