L’apostolo voleva assicurarsi che i credenti ti Corinto non stessero utilizzando il concetto della grazia come un via libera per peccare. I vizi e peccati elencati dall’apostolo Paolo sono degli esempi negativi dei modi in cui le persone abusano del concetto della grazia, esempi di persone che avevano scelto di seguire quella strada in modo imperterrito e perciò che non avrebbero entrato nel Regno di Dio. “Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1 Corinzi 6:9, 10). Il passo che parla degli effeminati e degli omosessuali è una delle parti della Bibbia della quale esistono tante interpretazioni. Nel greco originale i fornicatori sono i “porneia”, termine riferito a chi è coinvolto in peccati di natura sessuale; gli ubriaconi sono coloro che scelgono di utilizzare l’alcol come scusa per comportarsi in modi che sapevano bene non dovrebbero. Gli oltraggiatori sono coloro che abusano gli altri con le loro parole. Nella nostra cultura quando si menziona l’omosessualità ciò diventa il centro del dibattito. Il passo appena letto è soggetto a varie interpretazioni. “Effeminati” (“malakia”) in greco originale antico significa “i molli”, o “colui che è morbido”. Nei Vangeli Gesù utilizzò il termine “malakia” in riferimento a dei vestiti soffici, a lino fino o a degli indumenti raffinati. Lo stesso termine applicato ad una persona nella cultura greca tendeva a significare qualcuno  che svolgeva il ruolo di femmina come nel caso di un uomo che faceva la parte della donna. Il significato sessuale di “malakia” si applica al partner giovane omosessuale che faceva la parte della donna durante l’atto sessuale. Il termine “omosessuale” fu cognato dall’apostolo Paolo, lui fu il primo ad utilizzarlo e dopo i suoi scritti altri lo adottarono ed è un termine che fa riferimento a chi in un rapporto sessuale tra uomini fa la parte dell’uomo. E’ un termine molto duro e crudo, significa letteralmente “un uomo che penetra un altro uomo dove non dovrebbe”. Nella cultura greca in un rapporto omosessuale c’era chi svolgeva il ruolo di maschio attivo considerato dominante e chi il ruolo passivo di femmina considerato umiliante. Come menzionato precedentemente, il termine “malakia” spesso è stato tradotto come “effeminato”. Nella nostra cultura quel termine ha il potenziale di causare dei complessi a chi forse non piace lo sport o ha dei manierismi particolari. “Effeminato” invece nel contesto della società greca aveva un significato prettamente sessuale riferito soltanto a chi svolgeva il ruolo femminile durante un rapporto tra due uomini. Alcune traduzioni di quei due termini sono le seguenti: “trasgressori omosessuali, effeminati, sodomiti, maniaci sessuali, quei che peccano contro natura, i molli e quelli che usano co’ maschi”. Quello che si è scoperto da recente è che i due termini si riferiscono al ruolo passivo e dominante di un atto sessuale tra due uomini, due ruoli che l’apostolo Paolo elencò come comportamenti inaccettabili. E’ importante notare che lui stava cercando di focalizzarsi sul comportamento e che non si tratti di una condanna dell’orientamento sessuale di un individuo. L’orientamento sessuale non fa altro che definire il verso dove le tentazioni attirano gli esseri umani. Tutti noi siamo tentati a livello sessuale in un modo o nell’altro, essere gay o etero indica soltanto il verso dove le nostre tentazioni ci attirano. Non esistono delle tentazioni migliori o peggiori, il dunque si trova nell’attività, stiamo cercando di mettere in atto le nostre tentazioni siano esse di natura omosessuale o no?

“Or tali eravate già alcuni di voi; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1 Corinzi 6:11). L’apostolo Paolo credeva in una trasformazione radicale dell’essere e chiamava tutti a diventare le nuove creature che erano già. Notiamo che utilizzò la parola “ma” ripetute volte per enfatizzare il fatto che siamo stati santificati (messi da parte per un utilizzo particolare), giustificati e lavati dal peccato. A volte il termine “santificati” viene utilizzato per rimarcare che siamo in collaborazione con lo Spirito di Dio per continuare a vivere la nostra chiamata particolare; una santificazione progressiva e precisa. Dovremmo cercare di vivere come dei santi che siamo già. Questo è evidente in tante aree delle nostre vite. Sono diventato marito in un giorno e passerò il resto della mia vita a cercare di comprendere come esserlo. Esistono molti esempi di quel genere in questa vita, uno può diventare qualcosa di un momento all’altro e poi passare il resto della vita a cercare di imparare a diventare ciò che si è diventato. Questo è vero per i cristiani, siamo stati santificati tramite la grazia di Dio in modo istantaneo e ora passiamo il resto della nostra vita a cercare di santificarci, cioè a cercare di collaborare con il Suo Spirito. Siamo stati giustificati, cioè siamo stati dichiarati non colpevoli, le nostre colpe sono state rimosse.

Martin Lutero scrisse: “Devo dare ascolto al Vangelo. Il Vangelo non mi insegna quello che devo fare, (quel compito appartiene alla legge) ma ciò che Gesù Cristo il Figlio di Dio ha fatto per me…”.

 L’apostolo Paolo ad un certo punto gli chiamò idolatri e mi ha fatto riflettere…è un concetto che si applica ancora a noi? E’ stato detto che uno è idolatra quando permette che qualsiasi cosa o persona occupino il posto di Dio nei nostri cuori. Qualsiasi cosa o persona sia oggetto al posto di Dio dei nostri desideri, devozione o dipendenza è un idolo. Nel contesto del primo secolo gli idoli di legno e di pietra erano considerati soltanto delle rappresentazioni delle priorità delle persone. I pagani non credevano necessariamente che una statua di pietra fosse reale. Erano a conoscenza che ci fossero altre statue di pietra in altri tempi e luoghi, le statue erano un simbolo del loro credo. La religione diventa una riflessione di noi stessi in tanti modi. Afrodite per i greci e Venere per i romani era la dea dell’amore e del sesso quindi l’andare a venerare quella dea era venerare il ruolo determinante della sessualità nella propria vita. Dioniso per i greci e Bacco per i romani era la divinità del vino e dei festeggiamenti. Chi seguiva questa divinità beveva con il proposito di perdere il controllo e festeggiare meglio. Ares per i greci e Marte per i romani era il dio degli aspetti più violenti della guerra e della lotta intesa come sete di sangue. Nike per i greci associata alla dea Vittoria per i romani, era la dea delle vittorie nelle gare atletiche o artistiche, ma anche negli scontri bellici. Tanti credenti ritengono che nel mondo del business non sia necessario seguire delle etiche cristiane, ma… consideriamo che sia un punto di vista salutare? Alcuni di noi veneriamo la dea Nike o Vittoria in quell’area della nostra vita senza renderci conto. Prendiamo del tempo per riflettere su quali idoli o dei potremmo stare venerando al posto di Dio.

“Or tali eravate già alcuni di voi; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1 Corinzi 6:11). Un sollecito da parte dell’apostolo Paolo che ripete di continuo: l’unica cosa importante del passato che ha un significato importante nel presente è ciò che Gesù ha compiuto per noi. Niente di ciò che potremmo aver fatto o peccato che potremmo aver commesso o vittoria che potremmo ottenere conta così tanto. Ciò che importa davvero del nostro passato e che determina ciò che siamo ora è ciò che Gesù ha fatto per noi. Da adesso in poi dovremmo continuare con quella consapevolezza nei nostri cuori.

Domande e risposte:

Domanda: I due termini greci “malakia” e “omosesuale” sono riferiti anche a delle relazioni lesbiche? Il lesbismo è stato menzionato nelle Scritture?

Risposta: I termini greci  ono riferiti soltanto all’atto sessuale tra due uomini. L’apostolo Paolo menzionò il lesbismo nel primo capitolo della lettera ai Romani elencando l’omosessualità e il lesbismo sotto la stessa categoria.

Domanda: Mi chiedo se la comodità, l’approvazione, il controllo e il potere potrebbero essere considerati come idolatria, che ne pensi?

Risposta: Ho cercato di trovare il dio o la dea del divano e delle patatine senza successo. Trovai Bacco però, il dio del vino, dell’abbondanza e del cibo quindi penso di essermi avvicinato abbastanza. Direi che sono d’accordo con te, quel tipo di cose possono benissimo diventare degli idoli. Quando si sente il bisogno di dover per forza avere una cosa per completarsi, quello dovrebbe allertare il nostro campanello di allarme interiore. Non è sbagliato godersi la vita e le cose o preferire una cosa al posto di un’altra o desiderare fare qualcosa di piacevole, non c’è niente di male. Il problema si pone quando ciò che desideriamo non si possa realizzare per qualche motivo e a causa di quello ci si rovina la vita per così dire. Quello è un buon momento per fermarci e chiederci: “qual è’ il centro della mia gioia e del mio essere?”. “Come mai un avvenimento minimo come quello è così di rilevante per me?”. Quando pensiamo che senza una certa cosa moriremo, sarebbe consigliabile fermarci e realizzare che forse si stia venerando il dio sbagliato.

Domanda: Quando ritenete che sia giusto per un credente rivolgersi al sistema giudiziario e andare per vie legali?

Risposta: L’enfasi delle Scritture che abbiamo analizzato in questo studio era posto su questioni civili, litigi riguardanti motivi economici, proprietà o degli averi. Situazioni dove uno potrebbe essere stato o sentirsi ingannato o derubato di ciò che ritiene sia di sua appartenenza. Il denunciare qualcuno in questo caso era con il proposito di tenere ciò che l’altro sta cercando di ottenere o di riottenere ciò che gli era stato tolto. Gesù ci ha consigliato di lasciare stare in quei casi perché non vale la pena dividersi. Le Scritture non parlano di ciò che dovrebbe accadere tra un cristiano e un non cristiano o delle questioni criminali. L’enfasi dell’apostolo Paolo in questi casi era posto sul cercare di risolverlo tramite la disciplina della chiesa. Lui aveva già insegnato le vie di Cristo a quella comunità, consigliando loro di approcciare l’individuo di persona e parlare con lui per cercare di risolvere la questione in armonia e amore. Se non dava ascolto consigliava di tornare da lui o lei insieme a dei testimoni, se ancora non dava ascolto allora era consigliato di portare la questione davanti tutto il corpo della chiesa per cercare di risolverlo. Non dovremmo permettere che la divisione presente tra diverse chiese o denominazioni divengano una scusa per non mettere in pratica ciò che le Scritture ci consigliano di fare. Vale la pena metterci d’accordo tra pastori anche da diverse chiese per accordarci come una vera famiglia dovrebbe fare. Forse ci saranno dei casi dove tristemente si andrà a finire davanti ad un tribunale laico per risolvere una questione comunque, ma potremmo restare sereni nella consapevolezza di aver fatto del nostro meglio. Di solito non si segue la strada che Gesù ci ha indicato e si va a finire direttamente in tribunale, ciò dimostra che stiamo seguendo la nostra cultura e società piuttosto che seguire Cristo. Direi che Gesù ci ha indicato una via relazionale migliore per affrontare delle questioni e dei problemi come una famiglia e ciò dovrebbe essere la nostra priorità.

Dall’altra parte, se la questione da risolvere è di natura criminale è un’altra storia. La chiesa in quel caso potrebbe radunarsi, aiutare e appoggiare il denunciare un individuo perché in quel caso agire in quel modo sarebbe un atto di amore nel confronto dell’accusato per renderlo responsabile delle proprie azioni. Si parla di individui che in quel momento agiscono al di fuori della comunità di fede, non si comportano come credenti, qualcuno che ha bisogno di subire delle conseguenze. Nessuno dovrebbe fare una scelta del genere da soli però, tale azione si potrebbe intraprendere soltanto dopo aver riportato tutto alla chiesa. La chiesa in quel caso potrebbe dare una mano a chi è in difficoltà aiutandolo a rendersi responsabile delle sue azioni e in un linguaggio che potrebbe comprendere. In quel caso denunciare andrebbe bene ma dovrebbe essere una decisione fatta a livello comunitario avvalendosi della saggezza dei nostri fratelli e sorelle.

          “Perché non subite piuttosto un torto? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare?”. L’apostolo Paolo consigliava di lasciare andare i nostri diritti piuttosto che denunciare l’altro. Riusciamo a vedere come mai in certe questioni etiche sarà piuttosto difficile trovarci d’accordo con chi non è nella fede? E’ come se uno di noi affermasse durante un incontro al lavoro o con degli amici non credenti che nel caso fossimo denunciati sceglieremo di lasciare perdere accettando di essere fregati. La saggezza della croce sembra davvero follia agli occhi del mondo. Invece quando riusciamo a metabolizzare bene il carattere ed il modello di Cristo, tutto inizia a prendere un senso nuovo. La via di Cristo ci guida a prendere delle decisioni apparentemente assurde ma noi stiamo investendo il nostro tesoro in un mondo che non appartiene a questa dimensione terrena. Gesù ci chiama a rinunciare ai litigi civili ma anche ad applicare lo stesso principio ad altre aree della nostra vita e ad adottare la mentalità che se non si ottiene ciò che si desidera, possiamo andare avanti lo stesso. Gesù ci chiama a rinunciare all’atteggiamento di dover avere per forza qualcosa al punto di denunciare e portare la questione al tribunale per ottenerlo, ci chiama invece a realizzare che non ne abbiamo bisogno. Quello stesso principio si potrebbe applicare ad una relazione malsana che pensiamo dobbiamo combattere per preservare, invece dovremmo imparare a lasciare andare. Ogni volta che facciamo una scelta in Cristo diventiamo più come noi stessi, più pieni del Suo Spirito, più come Gesù e si va avanti nel nostro percorso spirituale insieme a Lui. Comprendo che sia difficile per alcuni di noi, va bene ammettere quanto sia difficile. Potrebbe essere una relazione o il desiderio di combattere chi ci abbia fatto un torto come quando uno scrive qualcosa di negativo su di noi, c’è la voglia di rispondere a pesci in faccia e ritengo che sia giusto ammettere quanto sia difficile trattenerci dal farlo. E’ comprensibile piangere quando si rinuncia alla voglia di ritorsione e di avere la meglio sugli altri e di fargliela pagare; quando si rinuncia alla fantasia della vendetta. Scegliamo di sotterrare quei sentimenti negativi, una scelta difficile ma tutto migliorerà perché troveremo la nostra linfa vitale in Gesù.

Preghiera: Padre Celeste, prego che chi di noi si trova ad un bivio dovendo affrontare delle situazioni difficili possa essere rinnovato dalla gioia di poter seguire Gesù e di rinunciare a tutto per Lui. Prego che possiamo trovare gioia, piacere e pace nei nostri cuori. Aiutaci a fare delle scelte che ti rendano onore in tutte le aree della nostra vita. Nel nome di Gesù, amen.