Gesù chiese di seguirlo diverse volte nei Vangeli, un invito ad iniziare un nuovo percorso in Cristo. Dopodiché spesso illustrava alle persone le difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Gesù ha dimostrato con la Sua vita un modo di vivere che presentava molte sfide e ci invita a seguirLo anche ora. Una cosa che Lui non ha mai fatto è adottare un approccio di soft selling (persuasione indiretta all’acquisto) riguardo le difficoltà che chi vive in Cristo dovrà affrontare. Gesù spesso scoraggiava chi si avvicinava a Lui con l’idea che avrebbe avuto una vita facile, spiegando loro che non fossero pronti ed incoraggiandoli a tornare quando avrebbero compreso quanto fosse difficile seguirLo. La salvezza è un dono gratis di grazia che ci costa la vita. Gesù ha insegnato di dover prendere la nostra croce, di morire a noi stessi e di seguirLo, una vera sfida. E’ un aspetto del Vangelo che spesso viene tralasciato probabilmente perché viene filtrato da noi stessi.
Noi esseri umani siamo bravi a dare ascolto solo a ciò che ci va o forse diamo ascolto in quel momento ma poi lo dimentichiamo. Un problema che era presente anche nella chiesa del primo secolo. In un mondo religioso pieno di regole, dottrine e tradizioni religiose da seguire per ottenere un posto in Paradiso, la salvezza o per compiacere gli dei, il dover fare dei sacrifici animali e tanto altro, arrivò il messaggio della grazia. Dio era diventato uno di noi per dimostrarci il Suo amore, salvarci dal peccato, per stabilire il Suo Regno e per chiudere con la religione, un messaggio fantastico che si sparse velocemente e che diventò molto popolare in quei giorni. Il problema è che le persone spesso davano ascolto solo in parte o in modo selettivo.
I credenti di Corinto avevano mancato il bersaglio in diversi aspetti. Analizzare ciò che accadde in quella comunità di fede ci aiuta a comprendere meglio il messaggio del Vangelo e a dare ascolto al messaggio completo. Ci aiuta anche a riflettere come anche noi potremmo aver contorto il messaggio del Vangelo e ad individuare le aree nella nostra vita nelle quali non stiamo seguendo Gesù. Ci aiuta anche ad individuare le forme che il peccato prende in noi. Dalle Scritture impariamo che siamo delle nuove creature rinate con un cuore nuovo. La nostra carne è composta dal corpo e dalla mente ma il nostro spirito è rigenerato. Quando la Bibbia menziona il nostro spirito è in riferimento al nostro cuore, il nucleo del nostro essere, quella parte che oltrepassa la mente e i nostri pensieri; è una consapevolezza della presenza di Dio e del nostro essere interiore. Accade spesso che quando sbagliamo siamo consapevoli che non si stia intraprendendo la via che Dio desidera. In quei momenti il nostro essere analizza se stesso e sa bene che non dovrebbe fare ciò che sta per compiere o che sta facendo. Esiste una parte di noi che esternalizza ed elabora quel pensiero e un’altra parte di noi, (la nostra carne) che compie l’azione sbagliata. In quei momenti di consapevolezza ci si presenta una scelta: il nostro spirito può comunicare con la carne e scegliere di non compiere ciò che sta per fare optando per vivere secondo ciò che il cuore sa di essere giusto piuttosto che seguire i dettami delle tentazioni, delle nostre abitudini o della nostra carne. Spesso però non viviamo secondo ciò che il nostro spirito desidera ma secondo la carne anche se siamo pienamente consapevoli di non trovare la nostra identità nella carne perché siamo stati trasformati nel profondo del nostro essere. Questa consapevolezza è potente ed influenza il modo in cui approcciamo temi come l’etica, il comportamento ed il cambiamento.
Gesù ha sempre insegnato che l’identità dell’essere umano si trovi nel suo spirito, nel suo cuore, da lì nasce tutto. Gesù utilizzò la metafora della rinascita, abbiamo bisogno di nascere di nuovo. Un messaggio che Lui comunicò anche ad una persona religiosa, zelante e giusta come Nicodemo dicendo che avesse bisogno di quel miracolo ricreativo anche lui nel suo essere tramite la potenza dello Spirito Santo. “Poiché non c’è albero buono che faccia frutto cattivo, né albero cattivo che faccia frutto buono. Ogni albero infatti lo si riconosce dal proprio frutto, perché non si raccolgono fichi dalle spine e non si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perché la bocca di uno parla dall’abbondanza del cuore” (Luca 6:43-45). Quando il nostro cuore è costituito bene ci guida sul come vivere, sul come agire, sulle scelte da fare e su cosa dire. La lingua è l’asta di livello del cuore. Gesù spesso insegnava dicendo che la radice ed il frutto combaciassero e che un albero sarebbe giudicato da suoi frutti. Anche l’essere umano è stato proiettato in quel modo, chi siamo dentro viene poi manifestato in modo visibile. Ovviamente esistono delle eccezioni, a volte delle persone malvagie fanno delle buone opere e delle persone rinate con un cuore nuovo agiscono in modo malvagio. Si potrebbe affermare però che in generale una persona manifesta ciò che ha nel cuore.
Quando il nostro comportamento viene regolato maggiormente non dal cuore ma da un approccio esterno di regole o altro potrebbe essere paragonato a qualcuno che cerca di inserire dei frutti buoni di un albero buono su un albero marcio con i grappoli. Un’illustrazione assurda. Gesù ci chiama a cambiare il DNA dell’albero così che il frutto possa essere buono. Come si fa a cambiare il DNA o la radice di un albero come spiegato dalle parabole di Gesù? Ovviamente, le analogie presentate nelle parabole sono limitate. In questo caso l’analogia degli alberi ci aiuta a comprendere il problema. Dio ha promesso di donarci un cuore nuovo e rinnovato.
Dio dopo aver dato agli israeliti un lungo elenco di comandamenti, norme e regole da osservare era consapevole della difficoltà che il popolo di Israele avrebbe avuto. “Circonciderete perciò il prepuzio del vostro cuore e non indurite più il vostro collo” (Deuteronomio 10:16). (“Indurire il collo” significa essere ostinati). In altre parole, Dio stava avvertendo le persone che ci sarebbe stata una battaglia nel loro essere, che non desiderava che seguissero i comandamenti in modo robotico ma che piuttosto cambiassero i loro cuori. Quando Dio ci ordina di eseguire un’azione, non ci chiede mai di fare qualcosa che non siamo in grado di fare. Quando c’è bisogno del Suo aiuto Lui ci lo offre. “L’Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva” (Deuteronomio 30:6). Quando Dio ci ordina di fare qualcosa, si mette all’opera nei nostri cuori per farla diventare realtà. Dio ci chiede di manifestare ciò che Lui ha già compiuto nei nostri cuori. Quello schema si può trovare nell’Antico Testamento promettendo che si sarebbe realizzato più avanti nel Nuovo Testamento.
E’ interessante notare come l’apostolo Paolo abbia iniziato la lettera ai Corinzi assicurandoli che l’intento della lettera non fosse per vergognarli ma che nei passi seguenti abbia espresso: “Dico questo per farvi vergogna” (1 Corinzi 6:5). Ogni volta che rimarcò quel fatto però lo fece per rimproverare un’azione inaccettabile o vergognosa ritenuta tale dal mondo che li circondava. L’apostolo con quelle parole volle rimarcare la vergogna già esistente dal punto di vista da chi li osservava. Invece quando si rivolgeva a loro riguardo a dei problemi di natura interna di famiglia di fede, fece chiaro di non avere intenzione di vergognarli perché chi è in Cristo non dovrebbe farlo. Quindi ci sono dei momenti quando ci comportiamo in maniera vergognosa e attiriamo dell’attenzione negativa su di noi e in quei casi è giusto che qualcuno ci lo faccia notare.
“C’è qualcuno di voi che, quando ha una questione contro un altro, osa farlo giudicare dagli ingiusti invece che dai santi?” (1 Corinzi 6:1). L’enfasi di questo passo nel greco originale è posto sulla parola “osa farlo giudicare”, una frase piena di emozione, shock, sorpresa e delusione. L’apostolo Paolo nei passi dopo ha cercato di rispondere evidenziando il suo stato personale di shock e i fatti dei quali dovrebbero vergognarsi senza soffermarsi ad insegnare il perché di tutto ciò. Siccome era stato insieme a quella comunità di fede per insegnare loro la via di Cristo, nella lettera ha cercato di riportare alla loro memoria ciò di cui erano già a conoscenza, non si trattava di informazione nuova. Quando si analizza la vita di Gesù e l’esempio che ci diede di rinuncia, di servizio agli altri, è evidente quanto fossero fuori strada. L’apostolo Paolo non riusciva a credere che dopo l’essere stato insieme a loro e dopo aver ascoltato e messo in pratica gli insegnamenti di Cristo avessero fatto delle scelte così sbagliate. “Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicare dei piccoli problemi? Non sapete voi che noi giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare le cose di questa vita!” (1 Corinzi 6:2,3). Esistono diverse scritture che parlano dei santi di Dio nel Giorno del Giudizio e del ruolo che avranno, non è chiaro come, ma sappiamo che Dio ci includerà e anche noi avremo parte. Il libro di Giuda e la seconda epistola di Pietro menzionano degli angeli caduti, coloro che non ubbidirono Dio creando scompiglio sul pianeta e di come noi i santi, avremo una parte nel loro giudizio. L’apostolo Paolo stava cercando di incoraggiare i credenti di Corinto a cercare delle soluzioni come fratelli nel caso di dispute piuttosto che rivolgersi al sistema giudiziario. “Se avete dunque delle cause giudiziarie per cose di questa vita, stabilite come giudici quelli che nella chiesa sono i meno stimati. Dico questo per farvi vergogna. Così, non c’è tra voi neppure un savio, che nel vostro mezzo sia capace di pronunciare un giudizio tra i suoi fratelli?” (1 Corinzi 6:4,5). I corinzi erano innamorati della saggezza, “sofia” nel greco originale. La saggezza era considerata una grande virtù insieme alla filosofia. In questi passi stava cercando di evidenziare che fosse strano che loro, amanti della saggezza non riuscissero a trovare abbastanza saggezza nella chiesa per giudicare le dispute della loro comunità di fede. Era un fatto ridicolo. L’apostolo Paolo stava cercando di sfidarli a livello emotivo perché erano già a conoscenza di ciò che era giusto. Voleva incoraggiarli a fissare il loro sguardo su Gesù, su Colui che ci chiama a rinunciare a ciò che possediamo e a non pretendere di avere di più. Su Colui che ci chiama ad accettare la persecuzione e a non rispondere di pari passo.
L’apostolo Paolo utilizzò i termini “fratello” o “fratelli” per rimarcare l’importanza del concetto di famiglia. Denunciarsi tra parenti nella cultura romana veniva considerato un atto vergognoso e l’apostolo desiderava evidenziare quel fatto alla comunità di fede in Corinto. Le famiglie venivano incoraggiate a risolvere i loro conflitti tra di loro. Direi che il denunciarsi tra parenti venga ancora considerato come una mancanza di comunicazione e desti tristezza anche nei nostri giorni. “È certamente già un male che abbiate tra di voi delle cause gli uni contro gli altri…” (! Corinzi 6:7). Si erano allontanati dalla via di Cristo e anche se avrebbero vinto la causa, in realtà avrebbero perso per via della loro brutta testimonianza. Il passo continua: “Perché non subite piuttosto un torto? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare?” (1 Corinzi 6:7). Questo concetto fu appreso dagli insegnamenti di Gesù e applicato alla loro situazione. “Voi invece fate torto e defraudate, e questo nei confronti dei fratelli” (1 Corinzi 6:8). L’apostolo Paolo stava rimproverando tre diversi gruppi di persone: chi faceva denunce, chi defraudava i fratelli e l’intera chiesa per aver creato una cultura dove dette azioni erano permesse. Lui stava cercando di incoraggiare tutti a riconsiderare i loro valori. La storia di Abramo e di Lot nel libro della Genesi racconta delle loro dispute sui diritti fondiari, di proprietà ed altri temi correlati. Il tribunale civile di solito si occupa degli aspetti finanziari, di territorio o degli averi materiali. Il fatto che tra fratelli si denunciassero e andassero a finire a litigare per vie legali sembrava assurdo. “Così Abramo disse a Lot: «Deh, non ci sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, perché siamo fratelli” (Genesi 13:8). Abramo non desiderava avere contese con Lot perché parenti. “Ecco, quanto è buono e quanto è piacevole, che i fratelli dimorino assieme nell’unità!” (Salmi 133:1). E’ bellissimo quando una famiglia riesce a risolvere dei conflitti, è un atto che onora Dio.
Cristo ha dimostrato come dovremmo vivere e l’apostolo Paolo ha istruito la Prima Chiesa come applicare ciò che Gesù ha insegnato. Perciò l’apostolo Paolo non ha rielaborato gli insegnamenti di Cristo ma ha cercato di dare degli esempi concreti di come applicarli alla propria vita. L’apostolo era già stato di persona a Corinto dando esempio della via di Cristo e nella lettera ai Corinzi scrisse loro con l’intento di aiutarli a realizzare dove stessero sbagliando dando degli esempi concreti. C’è chi afferma che l’apostolo Paolo abbia sabotato gli insegnamenti di Gesù incoraggiando i credenti a seguire una via alternativa. Esistono una marea di libri che teorizzano che l’apostolo Paolo, una figura carismatica si abbia appropriato del movimento cristiano trasformandolo in una religione centrata sui suoi insegnamenti e non su quelli di Cristo. Ritengo che siano delle teorie sensazionalistiche che attirano chi viene attratto dagli scandali. Penso che sia evidente dagli insegnamenti dell’apostolo Paolo che lui stesse cercando di applicare gli insegnamenti di Cristo. L’analogia utilizzata dallo storico N.T. Wright è che Gesù sia il compositore dell’opera musicale, l’apostolo Paolo il direttore di orchestra e che i membri dell’orchestra siano la chiesa. “Voi avete udito che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico: Non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello” (Matteo 5:38-40). Gesù incoraggia una generosità radicale. La chiesa di Corinto era a conoscenza di ciò che era giusto e dovrebbero aver agito di conseguenza.
Segue parte 2
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