Nella lettera di Paolo ai Romani leggiamo queste parole:

“Infatti il bene che io voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me…”

(Romani 7:19, 20).

Quindi: “…non sono più io che lo faccio, ma il peccato che abita in me…”, l’apostolo Paolo era convinto che il nucleo del nostro essere, cioè dove risiede lo Spirito Santo, fosse già giusto e perfetto in Cristo. Siamo però avvolti nella carne, nella nostra mente, nei nostri pensieri e nelle scelte che facciamo con il corpo; quella è la fonte del peccato. L’apostolo Paolo voleva assicurarsi di non dare un messaggio che non fosse fondato sulla grazia, non ha mai fatto passi indietro riguardo alla grazia. Ha voluto rendere chiaro che i nostri spiriti sono puri ma che dovremo trasferire quel messaggio anche al resto del nostro corpo.

“Celebriamo perciò la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malvagità e di malizia, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1 Corinzi 5:8).

Sarebbe davvero bello vivere nel contesto di una comunità dove regna un’atmosfera di sincerità e di verità. Essere liberi di essere onesti l’uno con l’altro, un luogo dove non si fa finta di essere sinceri con lo scopo di manipolare ma dove si è genuini ed intimi l’uno con l’altro. Questo è idealmente il contesto in cui la disciplina può essere messa in atto: un ambiente genuinamente amorevole.

A seguito racconterò dei particolari di una conversazione con un mio caro amico, ovviamente con il suo consenso. Il mio amico mi disse di possedere una grande abilità creativa per ingannare gli altri e sé stesso. È una persona che ha un senso sociale molto sviluppato, sa manipolare le situazioni per raggiungere i suoi obiettivi e riesce a portare a termine ciò che si propone. L’essere diventato così bravo in quegli aspetti lo ha portato a diventare bravo anche a peccare e a passarla liscia. Le abilità che abbiamo possono essere utilizzate per il bene o per il male. Egli è bravo a mentire e a inventare delle scuse perché è un individuo altamente creativo.

Ultimamente ci siamo confrontati perché mi ha chiesto di aiutarlo ma, giacché è bravo a manipolare, lo stava facendo anche con me. Quindi gli chiesi di non usarmi come scudo per sentirsi meglio riguardo al suo peccato. Ci vogliamo bene e possiamo essere sinceri l’uno con l’altro. Il pericolo del mentire in continuazione è che si diventa sempre più bravi ad ingannare gli altri ma alla fine inganniamo perfino noi stessi. Il mio amico era arrivato al punto di essere scollegato dalla realtà di chi era veramente, non era in grado di riconoscere le cose che faceva e che gli altri gli facevano notare. Io lo sfidai a rivelare il suo vero io, perché il pericolo maggiore è quello di dovere affrontare un futuro di solitudine perché nessuno sa chi si è veramente.

Farci conoscere ci apre alla possibilità di essere pienamente amati. Quando nessuno ci conosce appieno, l’amore che le persone ci offrono è parziale perché non conoscono veramente la persona che stanno amando. Dentro di noi penseremo sempre che se ci conoscessero davvero, sicuramente non ci amerebbero. In una comunità dove regna un ambiente di sincerità e verità possiamo essere audaci e onesti riguardo alle nostre mancanze, i fallimenti e anche i nostri successi. Si impara a conoscersi in modo completo anche nelle nostre debolezze e ci si proietta verso un futuro senza più maschere e solitudine.

Nessuno di noi desidera arrivare alla fine della propria esistenza, sentendosi soli e senza nessuno che ci abbia mai conosciuto veramente. È meglio essere conosciuti come dei disastri ma anche come dei gloriosi portatori dell’immagine di Dio.

Ho condiviso questa storia con voi perché nel caso del mio amico le cose cambiarono per il meglio. Spesso in momenti particolari quando il nostro spirito riesce a svegliarci e ci rendiamo conto dei nostri sbagli e di dover rimuovere il “lievito” con l’aiuto dei nostri fratelli e sorelle, da li in poi inizia la sfida del mantenere i nostri propositi. Nel suo caso, già diverse volte nel corso delle nostre conversazioni mi ha detto una cosa ma poi è tornato da me quasi subito per dirmi di aver mentito. È bellissimo testimoniare come il suo spirito sta prendendo il sopravvento sugli sforzi della carne di sabotare tutto. Sono molto felice per lui ma gli stessi principi e possibilità valgono anche per tutti noi.

Nei passi seguenti del capitolo che stiamo approfondendo, l’apostolo Paolo ha fatto luce su un punto che aveva menzionato in una lettera precedente che fu mal interpretato dai credenti di Corinto. Paolo aveva chiesto loro di non associarsi con certe persone che stavano conducendo una vita immorale ma i credenti lo interpretarono come se dovessero giudicare la gente del mondo. L’apostolo Paolo ammonì loro di non giudicare il mondo perché quello è il compito di Dio. Dovrebbero invece continuare a correggersi a vicenda tra credenti, aiutandosi e sfidandosi quando necessario. Se fatto in amore e nello Spirito, lo Spirito Santo dentro ognuno di noi ci aiuterà a diventare ciò che dovremmo essere partendo dal nostro cuore.

Ricordiamo ancora una volta che non è compito nostro giudicare il mondo. Spesso nel mondo cristiano questo non viene capito e si diventa dei moralisti arroganti, dei giudici del mondo che si lamentano e inveiscono contro tutto ciò che non va. Questo atteggiamento è purtroppo spesso intriso nella storia del cristianesimo. L’apostolo Paolo ci aveva già ammonito dicendoci che non sono affari nostri, che non è compito nostro imporre delle etiche cristiane a chi non crede. Invece di concentrarci su come riuscire a far si che tutto il mondo viva come cristiani, ricordiamoci che abbiamo già abbastanza da fare con noi stessi nel cercare di aiutare noi cristiani a vivere come cristiani. Un compito che durerà per il resto della nostra vita.

L’apostolo Paolo chiamò i credenti a valutare bene ciò che significa seguire Cristo.

“Ma ora vi ho scritto di non mescolarvi con chi, facendosi chiamare fratello, sia un fornicatore, o un avaro o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non dovete neppure mangiare” (1 Corinzi 5:11).

L’apostolo Paolo sottolineò diversi atteggiamenti all’interno della chiesa che dovevano essere affrontati. Egli stava cercando di lanciare una sfida a chi non desiderava pentirsi ed era ostinato a continuare su una brutta strada, non a chi stesse affrontando delle difficoltà con il peccato ma stesse cercando di combatterlo. C’è una grande differenza tra chi per esempio ammette di essere un alcolizzato e riconosce di aver bisogno di aiuto, di dover affrontare delle ricadute ma che sta cercando con tutto il suo essere di cambiare e chi invece forse beve molto meno in modo strategico per socializzare meglio e che poi apre le porte a fare delle scelte che portano lui o lei a peccare. Quegli individui si nascondono poi dietro la scusa di aver bevuto troppo e di aver commesso uno sbaglio “stupido”. Quella scusa serve a chi lo fa per non sentirsi in colpa il mattino dopo per aver scelto di peccare coprendo tutto con il dire di essere stati stupidi ad avere bevuto un po’ troppo.

È la nostra indole creativa che inventa degli scenari in cui noi diventiamo le vittime invece di prenderci la responsabilità dalle nostre azioni. È un ottimo modo per peccare senza sentirsi in colpa. Brillante! La triste verità è che si finisce per auto ingannarci. Invece di comprendere di esserci comportati male, di aver peccato e di essere stati ribelli contro il Dio che amiamo, scegliamo di credere di avere semplicemente fatto una stupidata. In quel modo la nostra coscienza non viene sfidata ritenendo che sia stato solo il risultato di una bevuta di troppo. Questo è il tipo di ubriacatura al quale l’apostolo Paolo si riferiva.   

“Siamo chi siamo!” Quando rinunciamo ad un peccato e alla falsità che lo accompagna, scegliendo di condurre una vita in Cristo, stiamo permettendo al nostro essere interiore di esprimersi e di essere chi è davvero. Siamo già delle nuove creature tramite la rinascita e lo Spirito Santo che abita in noi.

“Perché ora siete rinati…” (1 Pietro 1:23, Bibbia della Gioia).

È una cosa già compiuta, è un’opera della grazia! Quando abbiamo difficoltà ad agire secondo l’uomo nuovo, rigenerato in Cristo, è in quel momento che possiamo sperimentare la potenza dello Spirito Santo, e possiamo osservare come opera in noi e tramite noi. Tutto quanto è un dono della grazia. Perfino la disciplina della chiesa è un dono della grazia per noi quando viene messa in pratica con amore e intimità.

Domande e risposte:

Domanda: Gesù disse: “Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello” (Matteo 18:15). In questo passo sembra che Gesù intendesse che dovremmo riprendere sia i non credenti che i credenti solo quando peccano contro di noi specificamente?

Risposta: Quindi la domanda è: dovremmo seguire la procedura spiegata nel verso biblico solo se qualcuno pecca contro di noi? Nei manoscritti più antichi del Vangelo di Matteo il passo leggeva: “Ora, se il tuo fratello ha peccato, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello”. La frase “contro di te” fu aggiunta in manoscritti prodotti più avanti nel tempo. Il principio contenuto in questo passo però è che, se osserviamo che un nostro fratello o sorella si sta dirigendo verso una direzione sbagliata, dovremmo riprenderlo. Se vediamo il nostro fratello o sorella ubriacarsi al punto da non riuscire a reggersi in piedi durante una festa e poi notiamo che sta andando verso la propria macchina per guidare, dovremmo ignorarlo o prendere in considerazione il rischio che la sua azione potrebbe avere su se stesso e sugli altri? La cosa giusta e amorevole ovviamente sarebbe di intervenire e non farlo guidare. Quindi dato che siamo famiglia dovremmo riprenderci quando ne vediamo il bisogno, sia che il male sia verso di noi, a danno degli altri o dalla persona stessa. Dovremmo sentirci responsabili e coinvolgerci.

Domanda: Come si fa a convincere un cristiano ipocrita ad evitare il peccato se è convinto di essere salvo per grazia e che può semplicemente chiedere perdono dopo la morte?

Risposta: Anzitutto si potrebbe parlare con la persona e spiegare perché la sua teologia sembra di essere parecchio confusa e sbagliata. La prova che qualcuno sia genuinamente salvo con un cuore rinnovato e una nuova creazione in Cristo è il proprio desiderio di seguire Gesù. È questa l’evidenza tangibile del miracolo. Se l’evidenza non c’è, sarebbe giusto che quella persona si chiedesse se è diventata davvero un cristiano o no.             Sarebbe giusto che si chiedesse se sia solo stato attratto da una dottrina che promuove l’andare facilmente in Paradiso, pur continuando a vivere ignorando Dio in questa vita. Il Vangelo della grazia è stato dato per le persone il cui cuore è stato toccato dallo Spirito Santo e che dichiarano di voler costruire una vita insieme a Cristo ed essere la Sua sposa.

Il matrimonio è un’analogia molto utilizzata nel Nuovo Testamento. Desideriamo davvero costruire una vita insieme a Gesù? Chi dice di volersi sposare ma di desiderare che il proprio partner gli permetta di continuare a frequentare anche altri uomini o donne, non ha le idee chiare. Chi cerca sempre di negoziare per avere sempre più libertà egoistica all’interno del matrimonio non è qualcuno che ha preso il matrimonio sul serio ma qualcuno che sta cercando di manipolare un contratto. È qualcuno che desidera avere chi gli prepari da mangiare a casa mentre continua a vivere da single; un abuso lampante di una relazione. Gesù non ha detto che sia cristiano comportarsi in quel modo.

         Se non c’è evidenza che il cuore desideri seguire Cristo, incoraggerei fortemente di porci la domanda, siamo cristiani davvero? Siamo qualcuno che ha scelto di seguire Gesù? Perché desideriamo seguire Gesù? Siamo consapevoli della vita che ci aspetta? Dobbiamo però essere anche consapevoli che se desideriamo seguire Gesù ed essere come Lui faremo comunque dei grossi sbagli. Se questa è la nostra preoccupazione, possiamo essere rincuorati dal comprendere che Gesù ci salva per grazia, è un dono da Dio. Dobbiamo solo focalizzarci sul seguire Cristo e dilettarci in Lui. È una promessa per chi desidera davvero seguirlo non per chi è interessato solo al dono. Il nostro non è un invito ad accettare Gesù come Salvatore personale ma piuttosto un invito ad accettarlo come Signore della nostra vita. La buona novella, il Vangelo della grazia è che quando si accetta Gesù come Signore, egli diventa anche il nostro Salvatore. Gesù ci rassicurerà e toglierà la nostra paura mentre lo seguiamo, perché è ciò che egli desidera.

È arrivata l’ora di fare pulizia sia nella nostra vita personale che nella dimora della chiesa come espresso dall’apostolo Paolo.

“Confessate i vostri falli gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri, affinché siate guariti; molto può la preghiera del giusto, fatta con efficacia” (Giacomo 5:16).

È una chiamata dello Spirito Santo dentro ognuno di noi a mettersi al servizio degli altri aiutandosi a vicenda. Come gli ebrei tolgono il vecchio lievito quando arriva la Pasqua ebraica e si ispeziona ogni angolo della casa per assicurarsi che sia tolto del tutto, così anche noi dovremmo ispezionare i nostri cuori. Le cose negative che abbiamo nascosto, quel lievito con il potenziale di corrompere tutto dovrebbe essere tolto. Lo stesso si applica alla nostra famiglia di fede, dovremmo togliere il lievito malvagio dalle nostre relazioni. Incoraggio tutti a fare pulizia nelle vostre chiese in casa, parliamo dei problemi, preghiamo gli uni per gli altri, confessiamo i nostri peccati. Dedichiamoci e rinnoviamo il nostro impegno a diventare chi siamo davvero.

Preghiera: Padre Celeste, ti ringrazio per il tuo dono della grazia. Ci scusiamo per il modo in cui abbiamo cercato di manipolare la tua gentilezza verso di noi pensando solo a noi stessi. Rifiutiamo l’influenza della nostra carne e chiediamo che il Tuo Spirito riesca ad influenzarci e a fortificarci. Desideriamo essere come Gesù. Nel nome di Gesù, amen.