Nelle Scritture scopriamo che lo Spirito di Dio, la Sua potenza nella nostra vita, opera attraverso il Vangelo e la chiesa. Dio opera con l’insieme dei credenti e la diffusione del Vangelo, nella vita delle persone.
La grazia di Dio ci fortifica e ha il privilegio di permetterci di entrare con più gentilezza e comprensione nelle relazioni. Il concetto della grazia potrebbe però rappresentare un pericolo, se divenisse una sorta di licenza di peccare. Così come ad esempio una patente di guida non dovrebbe essere una via libera per fare un incidente, quando veniamo liberati dal peccato non significa che siamo liberi di agire come vogliamo. Dico questo perché ciò che desideriamo, spesso ha una natura egocentrica, a volte infantile, immatura e distruttiva per le nostre relazioni.
“E, essendo stati liberati dal peccato, siete stati fatti servi della giustizia” (Romani 6:18).
Come il verso ci indica, siamo stati liberati dal peccato, tuttavia siamo ancora al servizio della giustizia. Essere umani significa essere limitati, si riesce a raggiungere il nostro massimo potenziale solo se in relazione con gli altri e con lo Spirito di Dio. Abbiamo infatti bisogno della Sua potenza e dell’incoraggiamento degli altri nella nostra vita. Siamo stati progettati per essere in relazione e così diventare pienamente umani.
Non siamo noi il dio dell’universo, anche se lo vorremmo, e non siamo al centro di tutto. Ammettiamo che esiste una potenza più alta, qualcosa di più grande di noi che porta avanti il tutto. La vera domanda è: chi stiamo servendo? Bob Dylan lo espresse in una canzone: “Gotta Serve Somebody” (“Dobbiamo servire qualcuno”). Tutti noi siamo al servizio di qualcuno, e potrebbe essere il diavolo oppure il Signore. Inganniamo noi stessi quando dichiariamo di non essere servi di nessuno e di vivere per servire noi stessi. Se fosse vero, in quel caso si starebbe al servizio della versione più immatura di noi stessi e si diventerebbe schiavi della nostra immaturità. Diventeremmo sempre più incentrati su noi stessi, un’anima rimpicciolita.
L’apostolo Paolo disse che restiamo schiavi fino al momento in cui ci dedichiamo al servizio di Cristo. Siamo stati liberati per diventare servi di qualcosa di più grande. Dio ci chiama a quel tipo di giustizia e il Vangelo della grazia consiste in quello. Dio ha mandato Gesù per dimostrarci il Suo amore, salvarci dal peccato, per stabilire il Suo Regno e per chiudere con la religione.
Diverse chiese e persone spesso si concentrano su certi passi biblici, esaltandone l’importanza a danno del resto del messaggio. Questo accade quando si parla solo dell’amore di Dio, del Suo perdono dai peccati, della salvezza e tanto altro. Anche un messaggio irreligioso, è possibile che faccia leva sulla nostra natura egocentrica e peccaminosa cercando di abusarne il significato, incoraggiandoci a vivere senza riguardo alcuno, a discapito della verità. Tuttavia così facendo, si sabota il Vangelo manipolandolo per giustificare le nostre azioni.
Il concetto del Regno ci indica che siamo stati progettati per sottomettere la nostra volontà ad una volontà più alta e così entrare oltre i limiti di noi stessi. Contribuire a stabilire il Regno di Dio su questa terra, è il principio evidenziato nel messaggio di Gesù quando Egli proclamava la Buona Novella del Regno. Essere alla ricerca di persone che la pensino come noi, di una realtà della quale poter far parte, di un gruppo al quale aderire, fa parte dei bisogni della nostra natura umana. C’è un Nuovo Regno, una nuova cultura e modo di vivere che proclama Gesù come Re e Signore e riempie quel vuoto e bisogno della nostra anima.
Il Vangelo è un dono di Dio non solo per la nostra salvezza, ma anche per prepararci a confrontare ciò che il peccato compie nelle nostre vite. Abbiamo bisogno del Vangelo tutti i giorni. Il modo di poter comprendere cos’è il peccato e la forma che prende nelle nostre vite è quella di analizzare bene il piano originale di Dio per noi nel Giardino dell’Eden. Dio ci ha creati a Sua immagine e somiglianza, siamo degli esseri creativi, potenti, relazionali e sessuali. Quando il peccato corrompe l’immagine di Dio in noi in quegli aspetti, l’opera disfacente del peccato viene a galla e si manifesta nelle nostre vite.
Caino e Abele erano figli di Adamo ed Eva. Caino uccise Abele. Soltanto una generazione dopo la caduta di Adamo ed Eva, il peccato degenerò, in omicidio. Dio disse a Caino prima del delitto:
“Se fai bene non sarai tu accettato? Ma se fai male, il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri sono volti a te; ma tu lo devi dominare” (Genesi 4:7).
La personificazione del peccato in questo passo è un’interessante illustrazione metaforica. Il peccato non si trova fuori da una porta concreta ma è qualcosa che tutti noi portiamo dentro il nostro essere. Perciò una parte dell’essere di Caino desiderava prendere il sopravvento e Dio gli consigliò di dominarla. È molto comprensibile e fa parte dell’esperienza umana universale.
Esiste una parte di noi che ci opera contro e dovremmo imparare a tenerla sotto controllo. La buona novella del Nuovo Patto è che Dio ha mandato il Suo Spirito per ricreare, avere comunione e collaborare con i nostri cuori per ricevere la potenza di Dio e combattere il peccato che ci spia alla porta. Dovremmo imparare a dominare quell’aspetto di noi. Il peccato fa parte dell’esperienza umana universale. Nessuna dottrina è più palesemente evidente nella storia della creazione, che il peccato, la caduta dell’uomo e il peso della carne.
Esistono certe forme di evangelizzazione utilizzate da alcuni credenti che predicano la legge e i dieci comandamenti come punto di partenza per portare qualcuno a Gesù. Quel tipo di approccio apre le porte a discussioni dove chi ascolta spesso si mette sulla difensiva dicendo di non essere sicuri di credere nella Bibbia o nei dieci comandamenti. Sono del parere che la cosa migliore per chi desideri parlare della legge come punto di partenza, sia parlare della legge interiore di Dio scritta nei nostri cuori e menzionata dall’apostolo Paolo (in Romani 2). La verità è che noi esseri umani non solo non seguiamo i dieci comandamenti ma neanche ciò che riteniamo sia giusto.
L’esperienza umana universale ci dimostra che esiste una versione di noi stessi che afferma certe cose e un’altra che sabota la nostra capacità di metterle in atto. Freud ne era consapevole e affrontò il tema parlando di manifestazioni di colpa percepita, chiamandole neurosi e spiegando che rappresentano qualcosa che l’essere umano deve sempre affrontare; delle colpe non reali. Dall’altra parte, la Bibbia ci sfida a chiederci se siamo davvero colpevoli perché forse lo siamo. In quel caso, al posto della terapia forse c’è bisogno del perdono e di riconciliarci con Dio smettendo di combatterlo.
“In realtà ognuno è tentato dal proprio cattivo desiderio che lo attrae e lo seduce” (Giacomo 1:14, Bibbia della Gioia).
Ognuno di noi lo ha sperimentato, ci auto sabotiamo da soli. Siamo spacciati.
“La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste” (Galati 5:17).
Siamo spacciati perché finiamo per fare ciò che non desideriamo.
“Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri della carne che guerreggiano contro l’anima” (1 Pietro 2:11).
Di solito ci immaginiamo che esistano due forze coeguali in contrasto nell’anima o nella psiche umana, che ci dividono interiormente a metà e che sono sempre in guerra. Da una parte la carne e dall’altra, lo spirito. Di solito si sostiene che vince la parte di noi che si sceglie di nutrire di più. Direi che è un concetto interessante ma non molto accurato dal punto di vista di un seguace di Cristo che ha chiesto a Gesù di donare il Suo Spirito e aperto le porte a Lui per operare nel proprio cuore rinnovandolo e facendo tutte le cose nuove.
Le Scritture ci insegnano che la carne non è una parte del nostro essere ma che è una sorta di parassita psicologico e spirituale del nostro vero essere, del nostro vero io che è in collaborazione con lo Spirito di Dio. Il nostro vero io ha un cuore nuovo e uno spirito rinnovato, una rinascita interiore che abbraccia tutto un nuovo modo di essere, vivere e sentirsi. Quella nuova versione di noi, l’uomo nuovo, desidera ciò che Dio desidera.
Siamo degli esseri umani rivestiti di carne che hanno lo Spirito di Dio all’opera dentro i nostri cuori. Abbiamo il corpo, la mente e lo spirito. Il corpo e la mente sono la “carne” ma il nostro vero io è il nostro spirito che non è stato contaminato dalla carne. Il nostro vero io è puro e giusto in Cristo Gesù nostro Signore, anche se siamo ricoperti di carne e dai desideri del corpo. La nostra mente è il campo di battaglia tra il corpo e lo spirito. La mente è un prodotto del nostro cervello che svolge una miriade di funzioni biochimiche e anche malfunzioni. I nostri pensieri e la nostra mente non rappresentano ciò che è la nostra anima. La mente e lo spirito non sono la stessa cosa.
Sappiamo bene ciò che significhi avere dei pensieri che non desideriamo avere, non è così? Riflettiamo: quale coscienza interiore non desidera tali pensieri? Esiste un “io” che è superiore del lobo pre-frontale della nostra corteccia cerebrale? Esiste uno spirito, un’anima dentro di noi che valuta i nostri pensieri ed è in grado di discernere quali siano giusti o meno? Quella parte di noi è il nostro vero “io”. La parte che Dio desidera aiutarci a nutrire, maturare e a combattere contro la carne.
Nei primi quattro capitoli della prima lettera ai Corinzi l’apostolo Paolo diede ai credenti di Corinto una base teologica e delle spiegazioni di alcuni principi importanti. Anche se i credenti di Corinto avevano distorto e abusato del Vangelo della grazia facendolo diventare una via libera per peccare, l’apostolo Paolo non smise di predicare la grazia. Non tornò sui suoi passi iniziando a predicare la legge mosaica o altre dottrine più rigide. Egli scelse di aiutare la chiesa di Corinto a diventare ciò che il Vangelo insegnava. Nei primi capitoli, l’apostolo Paolo ricordò a tutti il messaggio da lui annunciato quando era stato con loro. Il Vangelo della grazia fu dato a chi desidera collaborare con Cristo. Chi sceglie invece di restare con un cuore di pietra ed è interessato soltanto nel ricevere un biglietto per andare in Paradiso continuando a vivere in modo egoistico, non fa che distorcere il Vangelo.
Il matrimonio è una relazione fra due persone che desiderano collaborare e progettare una vita insieme. C’è chi desidera invece continuare a vivere da single e ad avere appuntamenti romantici con diverse persone. Il matrimonio non è stato progettato per essere qualcosa che si possa aggiungere alla vita da single. Uno si sposa quando desidera cambiare vita ed è disposto a rinunciare a certe cose per poi accettare qualcosa di meglio. Lo stesso si applica al Vangelo. Il Vangelo ci invita a quel tipo di relazione. Si tratta del messaggio della Buona Novella che ci dimostra che Dio ha reso tutto possibile per noi. Se il nostro cuore è duro questo non significa che la grazia implichi che si possa vivere come ci pare e che niente importa. L’apostolo Paolo chiama tutti ad essere responsabili della propria ipocrisia.
L’apostolo Paolo evangelizzava mettendo l’enfasi sul potere che lo Spirito di Dio ha nel parlare alle coscienze e nel convincere. Non si affidava sulla propria abilità persuasiva.
“Anch’io, fratelli, quando venni da voi, non venni con eccellenza di parola o di sapienza, annunziandovi la testimonianza di Dio, perché mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesù Cristo e lui crocifisso. Così io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore. La mia parola e la mia predicazione non consistettero in parole persuasive di umana sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza” (1 Corinzi 2:1-4).
L’apostolo Paolo era un oratore, pensatore e filosofo brillante ma non utilizzò quel suo punto di forza per manipolare o convincere gli altri, qualcosa di molto importante da tenere presente quando ci relazioniamo con gli altri. Ciò non significa che ogni stile di fare chiesa sia di per se sbagliato, probabilmente c’è una versione manipolativa e non manipolativa di ogni stile di chiesa esistente. Alcuni ambienti di fede potrebbero essere accusati di manipolare la gente perché mostrano dei video troppo mondani o dei film, altre invece predicano il Vangelo ribadendolo con un tono intimidatorio. Esistono probabilmente delle versioni buone e cattive di ogni cosa che una chiesa propone, ciò che importa però è che quando si predica il Vangelo dovremmo assicurarci di dare spazio alle persone per rispondere alla chiamata dello Spirito piuttosto che a quella di una figura pastorale.
Gesù ci ha insegnato di dare del tempo alle persone per contare il costo, questo è il motivo per il quale non le spingiamo a prendere una decisione ma le incoraggiamo piuttosto a contare il costo, a valutare se sono davvero disposte a seguire Gesù, a offrire la loro vita ed a prendere la propria croce.
L’apostolo Paolo insegna che lo Spirito Santo è Colui che parla alle coscienze delle persone…
“ E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio” (Giovanni 16:8).
Quando condividiamo il Vangelo con gli altri è importante ricordare questo principio. Non è necessario vincere il dibattito o avere per forza ragione, ciò che importa davvero è vincere degli amici. Dall’altra parte, è positivo utilizzare la logica e dibattere all’interno di un contesto di amicizia? Direi di sì, in altri studi abbiamo imparato come eccellere nel presentare gli aspetti logici e storici del Vangelo e dei motivi validi per scegliere di credere. Tutto con uno spirito collegiale e collaborativo, utilizzando la gentilezza e sempre col desiderio di vincere degli amici e non di vincere il dibattito.
Non si può utilizzare l’intimidazione per cercare di convincere le persone a cambiare il loro credo. Se qualcuno non crede lo dovremmo accettare così com’è. Potremmo utilizzare dei metodi intimidatori ed è possibile che allora qualcuno dica di essere d’accordo, ma sarà solo per essere lasciato in pace, non perché abbia davvero cambiato parere. Il credere è qualcosa di molto personale e quindi dovremmo cercare di fare appello alla mente e ai cuori delle persone dando però loro spazio per prendere in considerazione se iniziare un percorso spirituale o meno.
L’apostolo Paolo considerava Gesù l’unica via per arrivare a Dio e per chi si era perso, l’unica via di ritorno al Padre. Gesù è il nostro fondamento, tutto è incentrato attorno a Lui. Gesù ci guida a Dio e ci tiene sulla giusta via. Gesù rappresenta il centro di tutto per chi segue uno stile di vita cristiano. Egli non è solo il primo di un elenco di punti da affrontare. Cristo è al centro di tutto ed ogni tema è collegato alla Sua persona. Quando teniamo i nostri occhi fissi su di Lui, Egli diventa il nostro mentore e insegnante, Colui che ci dà lo Spirito Santo e lo Spirito Santo ci dona la mente di Cristo come ci ha detto l’apostolo Paolo.
Segue parte 2
Commenti recenti