“Perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole” (1 Tessalonicesi 4:16-18).

L’apostolo Paolo nell’ultima frase sintetizzò ciò che queste profezie dovrebbero essere per noi, dell’incoraggiamento e non delle fonti di dibattito e di divisione continua. A volte nelle Scritture non è detto chiaramente come fare incastrare i pezzi del puzzle ma sono dei pezzi di puzzle che ci danno speranza. Penso che sia giusto adottare l’ottica nella quale queste parole sono state scritte invece di perderci in dibattiti e divisioni varie.

C’e una domanda che mi è stata fatta da diverse persone riguardo il concetto della ricompensa celeste chiedendomi se saremo ricompensati in Cielo. La verità è che non ci interessa e a dire il vero non penso che sia sano preoccuparsi ora di chi riceverà più ricompense e chi meno. La domanda è basata su di una premessa che potrebbe essere difettosa. La premessa è che le ricompense sono importanti solo se possono servire ad ingelosire gli altri. Si potrebbe ribadire il fatto che la gelosia e la competizione non esistono in Cielo, quindi perché dovrebbero essere importanti?

Ma chi ha detto che la gelosia, la competizione e l’invidia dovrebbero essere dei fattori importanti quando si parla di ricompense?

Una ricompensa si potrebbe ricevere da soli comunicando solo con chi la conferisce senza vantarsi di averla ricevuta. Il ricevere la ricompensa potrebbe essere qualcosa di personale tra chi la dà e colui che la riceve. Vorrei suggerire che se seguissimo l’insegnamento e il tema delle Scritture in generale scopriremmo che le ricompense sono più che altro di natura relazionale. Anche se esistono dei simboli come il ricevere delle corone e altre cose del genere direi che siano rappresentazioni di qualcosa di relazionale e che le Scritture lo insegnino in modo implicito ed esplicito. Le Scritture insegnano quel concetto in modo implicito lungo tutte le letture, l’unica cosa che importa è l’intimità delle relazioni che abbiamo con Dio e l’uno con l’altro. Il passo che includerò qui di seguito insegna in modo esplicito che le relazioni sono una ricompensa: “Qual è infatti la nostra speranza, o gioia, o corona di gloria? Non siete proprio voi, davanti al Signor nostro Gesù Cristo alla sua venuta? Voi siete infatti la nostra gloria e gioia” (1 Tessalonicesi 2:19, 20).

La ricompensa è che le nostre amicizie ora sono per sempre, si sta dando inizio ad una relazione di portata eterna sin da ora. Investire nelle relazioni eterne ora non è tempo sprecato. Viviamo la nostra vita con la priorità di essere altruisti nelle nostre relazioni che è una ricompensa con la quale diamo inizio ad una nuova vita nell’aldilà. Se riuscissimo a comprendere che se viviamo bene la nostra vita ora e che ciò ha avuto un ruolo importante nella vita di qualcun altro aiutandolo ad avvicinarsi a Cristo, solo quella conoscenza sarebbe una ricompensa bellissima. I Vangeli dicono che ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvederà. Quando andrò in Cielo mi rallegrerò tanto di aver preso parte nell’aiutare qualcuno ad avvicinarsi alla fede in Cristo.

La parabola che leggeremo di seguito è causa di dibattito tra diversi teologi perché alcuni la considerano una parabola ed altri no. Non si sa bene se Gesù stesse parlando della realtà o se fosse una storia che Lui inventò li per li per fare un punto. In ogni caso il messaggio contenuto è chiaro. Quando si parla dell’altra vita questa parabola o storia è come l’elefante nella stanza perché descrive in dettaglio tanti fatti particolari su ciò che accadde a due individui dopo la loro morte; un uomo ricco ed un mendicante di nome Lazzaro.

Non si sa perché Gesù non avesse ritenuto importante menzionare il nome dell’uomo ricco; una possibilità è che Lui stesse cercando di punzecchiare la leadership religiosa e politica di quei giorni, in particolare il re Erode Antipa. Lui si vantava di essere religioso, era molto ricco, era al comando ma utilizzava il suo status per opprimere il popolo e stabilire un regno incentrato sulla sua persona. Non era una brava persona. Come mai Gesù avrebbe voluto infastidirlo e perché non menzionò il suo nome? Semplicemente perché se lo avesse fatto il Suo ministero di insegnante sarebbe finito subito e avrebbe fatto la fine di Giovanni Battista. Ci sono degli indizi riguardo al fatto che Gesù si riferisse proprio a lui, in quanto spiega che quest’uomo indossava il color porpora, il colore della regalità. I romani monitoravano chi potesse indossare quel colore perché non era permesso a tutti. Gesù disse che indossava il colore viola e bisso, una finissima tela di lino costosissima che veniva utilizzata per la biancheria intima. Poi Gesù disse che l’uomo ricco aveva anche una proprietà con un cancello, qualcosa di molto particolare che solo le persone molto ricche potevano possedere in quei giorni. Un altro fatto che Gesù menzionò è che avesse cinque fratelli come di fatto anche Erode Antipa. Gesù stava cercando di far sapere a tutti che coloro che sono crudeli e che abusano del potere sarebbero stati puniti.

“«Or vi era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e bisso, e ogni giorno se la godeva splendidamente. Vi era anche un mendicante chiamato Lazzaro, che giaceva alla sua porta tutto coperto di piaghe ulcerose, e desiderava saziarsi delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe” (Luca 16:19-21). Un quadro terribile di miseria e di sofferenza, Lazzaro era un mendicante e l’uomo ricco era consapevole della sua presenza. Nei giorni di Gesù il pane veniva consumato soltanto dai ricchi e usato come fazzoletto e quindi quando mangiavano della carne e avevano delle mani unte si pulivano con il pane e poi lo gettavano sotto il tavolo. La presenza di Lazzaro infastidiva tanto l’uomo ricco. “Or avvenne che il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abrahamo; morì anche il ricco e fu sepolto” (Luca 16:22). Notiamo che per il mendicante Lazzaro, la sua prima esperienza dopo la morte fu di natura relazionale, non fu portato ad un luogo specifico ma alla presenza di una persona. Il fatto che Lazzaro fosse stato portato nel seno di Abrahamo indica che lui era sdraiato nella posizione inclinata assunta da chi partecipava ad un banchetto. Di solito per mangiare ci si doveva sdraiare sul fianco sinistro e mangiare con la mano destra, l’ospite d’onore si sdraiava al fianco destro del padrone della casa e così la sua testa rimaneva all’altezza del suo seno. Allo stesso tempo il padrone di casa era posizionato all’altezza del seno della persona al suo lato sinistro e così via. L’apostolo Giovanni durante l’Ultima Cena si sdraiò nella stessa posizione e mise il capo sul seno di Gesù. Quindi Lazzaro si trovava al fianco destro di Abrahamo durante un banchetto, e da questo fatto si intravedono tante metafore che alludono alla celebrazione e all’intimità.

“… morì anche il ricco, e fu sepolto. E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo, e Lazzaro nel suo seno” (Luca 16:22, 23, Nuova Riveduta). C’è da evidenziare che l’uomo ricco si trovava da solo senza alcuna relazione e questo fatto è l’elemento caratteristico della sua esperienza. L’uomo si trovava nell’Ades, che è il luogo dove le anime dei morti vengono trattenute. Alcuni teologi affermano che l’uomo ricco si trovasse a dover subire una punizione temporanea e che dopo sarebbe stato redento insieme a tutti, nel giorno della risurrezione. Altri dibattono che si trovasse nella sua dimora fissa dove sarebbe stato torturato per l’eternità e ancora altri che dopo un po’ l’uomo ricco avrebbe cessato di esistere. Questa storia si potrebbe adattare a tutte le teorie presentate prima.

Il dialogo tra l’uomo ricco e Abrahamo diede inizio: “Allora, gridando, disse: “Padre Abrahamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito per rinfrescarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma” (Luca 16:24). Tim Keller, un ministro presbiteriano disse: “Ho delle buone e delle cattive notizie, la buona è che le fiamme molto probabilmente sono metaforiche e le cattive è che probabilmente si tratta di qualcosa di molto peggio del fuoco”. L’uomo ricco era privo di relazioni e soffriva di solitudine. Nell’inferno non c’è un grande festone dove tutti si divertono insieme.

Il passo continua: “Ma Abrahamo disse: “Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la tua vita e Lazzaro similmente i mali; ora invece egli è consolato e tu soffri. Oltre a tutto ciò, fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi” (Luca 16:25, 26). L’uomo ricco ricevette ciò che aveva desiderato in vita, era stato lasciato da solo con le sue memorie della vita che avrebbe potuto vivere ma che invece sprecò con i suoi modi egoistici e non apprezzando il privilegio che Dio gli aveva dato. Abrahamo chiese all’uomo ricco di ricordare come avesse vissuto mentre era in vita. Trovo interessante che l’uomo ricco non avesse chiesto di uscire dalla sua situazione limitandosi a chiedere che Lazzaro gli portasse una goccia d’acqua. Non si lamentò dichiarando di non meritarsi una fine del genere. Non c’è nessun indizio che indichi che lui ritenesse che la sua punizione fosse ingiusta o che considerasse che esistesse una via di uscita da quel luogo. E’ come se nell’aldilà si acquisisse un senso più profondo e perciò quando si ricorda il male fatto si sia consapevoli della giustizia della propria punizione.

Il ricco continuò dicendo ad Abrahamo: “Ma quello disse: “Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e così non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Abrahamo rispose: “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli”. Quello disse: “No, padre Abrahamo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno”. Allora egli gli disse: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti”» (Luca 16:27-31). Se i fratelli dell’uomo ricco non davano ascolto alle Scritture ispirate dallo Spirito di Dio in vita, allora esse non potevano risuonare nei loro cuori con quello che lo Spirito stava cercando di comunicare loro. Quindi c’è il senso che mentre si imparano delle cose nuove ciò poi risuona nel nostro essere con quello che sappiamo già. Ciò che risuona nel nostro cuore è che Gesù si trova al centro di tutto ed è ciò che lo Spirito Santo ci insegna, ci indica e ci conferma. L’uomo ricco desiderava che un fantasma spaventasse i suoi fratelli così che loro spinti dalla paura riuscissero ad incamminarsi sulla giusta via, ma quel tipo di cambiamento ha poca durata. Ciò di cui abbiamo bisogno per mantenere un percorso di pentimento è un risuonare continuo tra Gesù, i Suoi insegnamenti, i nostri cuori e ciò che lo Spirito Santo opera in noi.

Perché c’è il nome del mendicante e non del ricco? Un motivo l’ho già menzionato prima, forse c’era un po’ di satira da parte di Gesù verso il potere politico. L’altro motivo è che forse l’identità dell’uomo ricco era collegata a ciò che possedeva. Una volta che gli fu tolto tutto non aveva più un’identità o relazione, il suo nome non aveva più importanza. La sua anima era così legata al suo status e a ciò che lui pensava di meritare che non considerava neanche dare uno sguardo a chi soffriva davanti al suo cancello. Chiediamoci, se Gesù raccontasse la nostra storia personale, avremmo un nome o no? Sarebbe una storia incentrata su ciò per cui vivevamo tipo il lavoro, il successo negli affari, l’istruzione, l’aver raggiunto delle mete sportive o altro? Riflettiamo: senza tutte quelle cose, chi siamo?

Entrambi i personaggi di questo racconto vengono giudicati non sulla base della loro affiliazione religiosa o perché avessero messo la loro fiducia in Cristo. In questo contesto furono giudicati secondo le loro azioni e su ciò che furono in grado di compiere con ciò che gli era stato dato o ciò che non avevano fatto. Una misura di opportunità concessa a loro e poi la loro responsabilità alla luce di essa. Quando penso a livello globale sulla parte che abbiamo nella storia dell’umanità diventa una responsabilità grande.

Il messaggio contenuto nella Bibbia stessa è la miglior evidenza della verità. Cosa possiamo fare come chiesa dopo questo messaggio? Sarebbe interessante leggere tutti i passi sul Giudizio e l’aldilà e riempire la nostra mente di conoscenza o forse dovremmo lasciare che Dio si prenda cura di tutto alla fine? Dato che Dio distruggerà la terra per poi ricostruirla è giusto mangiare bere e festeggiare rilassandoci sapendo che Dio ha tutto sotto controllo? Direi di no.

Dio è Sovrano e a capo di tutto, quindi lasciamo che Lui ci guidi e che sia al volante del nostro autobus della vita. Nel quindicesimo capitolo della prima lettera ai Corinzi, il capitolo più lungo del Nuovo Testamento, si parla della vita dopo la morte, sulla risurrezione di Cristo, di noi e del creato. “Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, irremovibili, abbondando del continuo nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1 Corinzi 15:58). Ciò che facciamo ora nel Signore, collaborando con la Sua volontà per il Suo proposito durerà per sempre. Creerà delle ricompense e una realtà più grande nella vita che verrà. Ciò che facciamo nel Signore seguendolo come il nostro Maestro non è invano. Quindi ci dedichiamo ancora di più a quel lavoro in questo momento senza aspettare che tutto il luogo vada in fumo ma facendo del nostro meglio per gestire il creato, le relazioni del Vangelo stesso mentre cerchiamo di condividerlo non solo tramite delle parole ma manifestandolo con le azioni.

Domande e risposte:

Domanda: Avremo il libero arbitrio dopo la morte e se è così, ci saranno delle conseguenze per le scelte che faremo nell’altra vita?

Risposta: La Bibbia non ne parla nel dettaglio ma penso che possiamo almeno cercare di rispondere ricordando dei fatti. Il Nuovo Testamento parla di come Gesù vivesse sempre cercando di intercedere per noi e che Lui continuasse ad essere il nostro avvocato difensore davanti al Padre. In quel senso nell’opera di redenzione della croce, Gesù diventa una specie di spugna cosmica che assorbe i nostri peccati sulla croce offrendoci la Sua giustizia prima del Giudizio finale. Cristo continuerà ad essere quella spugna cosmica per i nostri peccati anche nel futuro ma due cose saranno diverse: Gesù sarà presente nell’aldilà, e continuerà ad assorbire i peccati su Se stesso. La seconda cosa che sarà diversa è che la nostra natura peccaminosa non esisterà più, non avremo più la carne. Ricordiamo che la tentazione nel Giardino dell’Eden venne dall’esterno. Nel nostro caso nel futuro, Satana sarà legato. Pensiamo a come sarebbe essere consapevoli della scelta giusta e desiderare di farla. Quante volte so che non dovrei mangiare di più ma la mia mano prende il cibo lo stesso. A volte sembra che siamo degli esseri frammentati. Come sarebbe essere consapevoli di ciò che è giusto e non essere solo in grado di fare ciò che si deve ma trovare la nostra gioia e piacere nel mettere in atto la scelta amorevole? Noi in Cielo probabilmente saremo cablati proprio così!

Domanda: C’è qualcosa nella Bibbia che parli della morte senza il Giudizio come nel caso dei bambini e degli animali?

Risposta: La miglior cosa da fare in questo caso è conoscere meglio il nostro Giudice che non ci ha dato tutti i dettagli su tutto perché non abbiamo bisogno di saperli. Nel processo di conoscere meglio il cuore di Dio, la Sua grazia e la Sua compassione, possiamo iniziare a sentirci meglio sul modo in cui giudicherà tutte le persone e ricreerà questo mondo. La Bibbia non parla in modo specifico di questo tema ma Gesù di continuo parlava e innalzava dei bambini come esempi da seguire per la loro fede. Il tipo di fede di cui abbiamo bisogno per entrare nel Regno. Conoscere il Suo cuore e i Suoi modi gentili con i bambini sono dimostrazione della Sua grazia e di come si applica in quelle situazioni. Riguardo gli animali, penso che ci saranno di tutti tipi e sarà stupendo.

Conclusione: Con chi ci identifichiamo di più, con l’uomo ricco o con Lazzaro? Gesù desidera che vediamo noi stessi in questa storia. Prima della parabola Lui stava parlando con dei personaggi religiosi ricchi che amavano il denaro e anche Dio ma il loro amore per i soldi stava rovinando tutto. Non stavano facendo delle scelte migliori. Quando Gesù raccontò la storia dell’uomo ricco e di Lazzaro lo fece con l’intenzione che chi lo ascoltasse si identificasse con i personaggi. Gesù voleva che il Suo pubblico si identificasse con l’uomo ricco ed in quel senso anche noi occidentali lo siamo.

Io direi che potremmo identificarci con i fratelli dell’uomo ricco. Siamo nella stessa situazione dei suoi fratelli, abbiamo una posizione privilegiata. La buona notizia è che la nostra storia non è ancora finita e non siamo l’uomo ricco, il Giudizio non è ancora accaduto ma arriverà. Abbiamo bisogno di un fantasma che ci spaventi a cambiare strada? Dio potrebbe farlo e forse cambieremo per un tempo breve. Ciò che Dio ci comunica tramite Gesù però è che abbiamo le Scritture che ci insegnano come vivere e cosa fare con i nostri averi e con la nostra influenza. Le Scritture ci indicano come passare il nostro tempo e cosa mettere come priorità nelle nostre relazioni. Gli insegnamenti contenuti nella Bibbia su come svolgere la nostra vita hanno poco di teorico. Abbiamo molte teorie riguardo l’aldilà ma quando le Scritture nel Nuovo Testamento parlano di come dovremmo vivere, perdonare, abbracciare e servire, il messaggio è bello chiaro. Abbiamo le Scritture per aiutarci, non abbiamo bisogno che qualcuno si innalzi dai morti tranne Gesù, Lui lo ha già fatto. La domanda da chiederci è: come riusciremo a scrivere al fine della nostra propria storia?

Preghiera:

Padre Celeste, ti ringrazio per averci cercato e donato l’abilità di scegliere e di rispondere. Ti ringraziamo per averci raggiunto come coloro che portano la Tua immagine e che ci hai chiamato a cambiare i nostri modi. Grazie che non ci costringi a fare nulla. Ci hai detto che la giustizia sarà fatta. Prego che possiamo diventare degli individui coraggiosi ed iniziare a vivere ora nel modo in cui ci hai chiamati a vivere. Nelle nostre relazioni, con i nostri averi, con le nostre finanze e tanto altro e anche nella relazione con Te e cosa facciamo con la Tua verità e realtà. Prego che possiamo acquisire la consapevolezza della nostra propria abilità di scegliere. Scegliamo la via dell’amore che sappiamo bene sia la via di Cristo. Nel nome di Gesù, amen