Perché Gesù è dovuto morire? La Bibbia ebraica aveva predetto che un giorno, Dio avrebbe cambiato il modo in cui le persone si sarebbero rapportate con Lui. Questo “Nuovo Patto” sarebbe stato più intimo, più relazionale – un patto d’amore e non legalistico.

“Ecco, i giorni vengono, dice il SIGNORE, in cui io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri…

Io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore…

Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato”.

Il Profeta Geremia

“Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni”.

Il Profeta Ezechiele

“Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue”.

Gesù

Gesù durante l’Ultima Cena nella notte in cui fu tradito prima di essere arrestato e giustiziato, infuse profondo significato alla Sua stessa morte prendendo il calice e presentandolo ai Suoi discepoli per aiutarli a ricordare in modo simbolico la Sua morte. “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue…” (Luca 22:20). Gesù usò queste parole per descrivere il modo principale e conclusivo in cui considerava la Sua morte e come desiderava che i Suoi discepoli lo ricordassero. Quando si celebra insieme il pasto simbolico dell’Eucaristia, Comunione o Santa Cena (tutti nomi dello stesso evento) ricordiamo che la morte di Gesù ha introdotto tutto un altro modo di relazionarci con Dio chiamato il “Nuovo Patto”. Il Nuovo Patto è stato infuso di significati profondi con delle forti implicazioni.

A seguito prenderemo del tempo per esaminarli.  

  Ci abbiamo mai chiesto come mai la crocifissione di Cristo sia diventata un’icona così popolare all’interno della simbologia occidentale?

Dal punto di vista storico come si è potuto considerare la Sua crocifissione una Buona Novella? In quale modo la fustigazione, la tortura e l’esecuzione pubblica di un uomo innocente potrebbe essere mai considerata qualcosa di positivo, chiamarlo Vangelo e divenire il centro della nostra fede? Teniamo in mente il modo in cui abbiamo abbracciato quell’evento nella tradizione cristiana nelle chiese, nell’iconografia, nei crocifissi, nelle vetrate colorate e perfino nei gioielli che indossiamo. Se Gesù fosse vissuto in un contesto moderno e fosse stato giustiziato sulla sedia elettrica, in un contesto più vicino ai nostri giorni anche se strano, forse ci potremmo trovare a indossare delle sedie elettriche a mo’ di gioiellino al posto della croce per ricordarlo, probabilmente i cattolici avrebbero Gesù seduto sulla sedia e i protestanti no.

L’idea bizzarra alla quale tutti noi ci stringiamo attorno non è mai andata a genio ai non credenti. La prima raffigurazione artistica di Gesù sulla croce è una presa in giro, qualcuno la dipinse per schernire qualcun altro, ( il graffito di Alessameno) datato intorno all’anno 200 d.C.. Incisa sull’intonaco di un muro si può osservare Gesù raffigurato crocifisso con la testa di un asino con ai suoi piedi uno dei suoi fedeli che lo adora. La gente comune si è chiesta, sin dall’inizio, come si potesse adorare un dio crocifisso, per loro era una cosa da somari e lo trovavano ridicolo e si può ben comprendere il perché. Gesù affermava di essere un re e di aver stabilito un nuovo Regno, quindi la gente si chiedeva giustamente come fosse possibile avere un tale sovrano. Il concetto che un messia o re fosse crocifisso per loro era un ossimoro, un controsenso, perché essere stato crocifisso significava essere stato sconfitto, che Roma avesse prevalso e non il Regno di Cristo.

Gesù capovolse la nostra comprensione di potere, di regno, di connessione e di società. Disse che intendeva stabilire un Regno di amore dove il potere supremo governa e sacrificò Sé stesso. Gesù infuse la Sua morte di nuovo significato e ne parlò molte volte con storie e simbolismi. Nei Vangeli in tre occasioni Gesù chiese ai Suoi discepoli di essere pronti perché Egli sarebbe stato arrestato, crocifisso e che poi sarebbe risorto. Lo disse ben tre volte in modo chiaro senza contare le volte in cui fece allusione a quegli eventi con delle parabole che raccontava.

Quando Gesù parlava di quel tema i discepoli fedelmente reagivano ignorandolo o protestando, dicendo che non era possibile.  

A seguito ho incluso un intervento dello storico e rinomato scrittore N.T. Wright.

N.T .Wright: La parola “perché” è più sconcertante di quel che immaginiamo. Uno potrebbe concludere che Gesù morì perché il Suo cuore non ha retto più o perché smise di respirare. Potremmo dire che è morto perché i sommi sacerdoti gli erano contro o perché i romani desideravano sbarazzarsi di un potenziale leader messianico. Oppure perché i Suoi discepoli fuggirono lasciandolo solo a dover affrontare il Suo destino.

Anche se tutti questi ragionamenti sono basati sui fatti veramente accaduti, non colgono il cuore di tutto. La vera domanda da porsi è: “Gesù si aspettava e intendeva morire?”, non è una cosa strana?”

Ricordo che una volta, quando abitavo in Canada ed ero insegnante di una scuola domenicale in un piccolo paesino nelle periferie di Montreal chiamato Hudson Heights, posi ai miei studenti adolescenti la domanda: “secondo voi, perché Gesù morì?” Chiesi alla classe di scrivere i loro pensieri senza però confrontarsi gli uni gli altri. Tutti scrissero le loro risposte e poi le lessero a voce alta. Incirca metà della classe diede delle motivazioni politiche dicendo che fosse stata colpa dei sommi sacerdoti perché volevano disfarsi di Gesù o dei romani perché infastiditi dalla Sua figura o dei farisei perché non lo sopportavano. L’altra metà della classe scrisse delle motivazioni di natura teologica dicendo che fosse morto per salvarci dal peccato così che potessimo ricevere il perdono ed andare in Paradiso. Non mi ricordo se qualcuno disse che Gesù era morto per portare il regno di Dio, quella sarebbe stata la risposta giusta. Ma abbiamo speso del tempo a svolgere l’interessante compito di mergere i concetti contenuti nelle loro risposte. I concetti si incastravano bene e la narrativa dei Vangeli ce lo conferma.

La storia è questa. Sembra che il concetto che Dio diventi Re costituisca una sfida ai poteri delle tenebre. Non abbiamo le parole giuste per descrivere come operino i poteri delle tenebre. Neanche chi viveva nel primo secolo le aveva ma basta guardarsi attorno per comprendere che ci sono forze occulte al lavoro oggi come allora. Gesù non è stato vittima della follia umana ma dell’opera di potenze oscure.

Vediamo questo conflitto nell’opera di Gesù. Egli si avvicinava ai luoghi dove le forze delle tenebre erano forti, lo vediamo in crescendo nei Vangeli, c’era chi gli urlava contro nelle sinagoghe, chi complottava contro la Sua vita e infine colse l’attenzione di chi governava. Sembra quasi che tutte le tenebre presenti nel mondo si concentrassero su Gesù mentre Egli si incamminava verso la Sua morte. In qualche modo Gesù distrusse l’autorità massima dei poteri oscuri, vale a dire la morte stessa così che, con la Risurrezione, si potesse dare inizio alla nuova creazione. La Risurrezione significa che sulla croce Gesù sconfisse la morte e tutto ciò che contribuisce ad essa. Non così che potesse immediatamente arrivare l’utopia ma per gettare il seme di questa nuova vita e rivendicare il terreno che Gesù aveva vinto tramite la Sua vittoria sulla morte stessa.

Cosa ha ottenuto la croce e perché Gesù morì? Lui diede la Sua vita per noi peccatori prendendo il nostro posto sottraendo l’autorità ai poteri occulti che traggono il loro potere dal peccato delle persone. Gesù prese il posto dei peccatori dando la Sua vita e così fu vittorioso sul peccato e sulla morte. Per una spiegazione più completa si dovrebbe dire molto di più ma questo è il nocciolo.

(Fine dell’intervento di N.T. Wright)

Come N. T. Wright ha evidenziato, possiamo rispondere alla domanda del perché Gesù morì dal punto di vista umano e da quello spirituale. Dal punto di vista umano i leader religiosi e politici volevano la Sua morte perché per gli uni rappresentava una minaccia per il loro sistema religioso mentre i politici lo ritenevano una minaccia al loro potere. Quando la religione e la politica si mergono il risultato è sempre disastroso. Gesù incoraggiava le persone a vivere secondo l’amore piuttosto che secondo la legge di Mosè, e questo significava la fine del loro sistema religioso. I politici avevano invece paura del Suo proclamarsi Messia. Questa è la risposta dal punto di vista umano. Gesù però ci dà anche una prospettiva spirituale. Egli era consapevole che gli eventi della Sua vita lo avrebbero prima o poi condotto alla morte. Come in una sorta di gioco a scacchi cosmico, era consapevole di dove avrebbero portato le sue mosse e quelle degli altri giocatori. Mentre apparentemente ha giocato il gioco dei suoi avversari, da un punto di vista spirituale, Egli aveva una mossa inaspettata e imprevedibile che avrebbe capovolto l’apparente iniziale sconfitta.

È quello di cui ha parlato N.T. Right, Egli aveva preventivamente avvertito i Suoi discepoli di quello che sarebbe accaduto. Faceva parte dei suoi piani. Cercheremo adesso di comprendere il significato della Sua morte apprendendolo dalle sue stesse parole. Cosa ha detto Gesù riguardo la Sua propria morte? Riflettendo sugli insegnamenti dello studio precedente, Gesù ci ha offerto il Vangelo e i Suoi insegnamenti possono essere suddivisi in diversi temi.

Il Vangelo in trenta parole è: Gesù è Dio con noi, venuto a mostrarci l’amore di Dio, salvarci dal peccato, istaurare il Suo Regno e mettere fine alla religione per farci partecipi della Sua vita. Gesù insegnò che la Sua morte avrebbe adempiuto ognuna di queste cose. Alla domanda “perché Gesù dovette morire?” potremmo rispondere con quelle stesse parole: Gesù è morto per mostrarci l’amore di Dio, salvarci dal peccato, istaurare il Suo Regno e mettere fine alla religione. Questo è il motivo per il quale Gesù riteneva che sarebbe stato messo a morte. Possiamo utilizzare gli stessi temi dello scorso studio: amore, perdono, Regno e grazia, per evidenziare ognuno dei motivi per i quali Gesù diede la Sua vita.

Gesù spiegò la Sua propria morte con una parola: amore. La Sua morte è stata una manifestazione e dichiarazione di amore. Perché morì Gesù? Per mostrarci l’amore di Dio, una manifestazione e dichiarazione di amore, stava cercando di comunicare qualcosa. Gesù sperava che avremmo compreso il motivo principale riguardo la Sua morte, il messaggio che Dio ci ama nonostante quello che potremmo fare. Gesù comunicò perdono perfino ai romani che lo inchiodarono sulla croce, dimostrò amore a chi lo aveva rifiutato e lo stava uccidendo. Quando approfondiamo la crocifissione, realizziamo che Gesù dimostrava amore nonostante tutto. Vediamo questo stesso amore anche dopo la Risurrezione. Nessun cenno di vendetta da parte Sua, solo amore e perdono. Ciò ci ricorda che non esiste nulla che potremmo fare perché Dio smetta di amarci.

Gesù ha meravigliosamente dimostrato e manifestato l’amore di Dio. Ricordiamo che Egli disse ” E chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Giovanni 12:45). Anche il sacrificio della Sua morte sulla croce, è una espressione di chi è Dio. Gesù disse anche: ” Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13:34, 35). “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio” (Giovanni 15:12-15). Gesù ha dato la Sua vita per noi, non esiste un’espressione di amore più grande di questa. Egli credeva che la Sua morte fosse necessaria, per incoraggiarci e farci comprendere il grande amore che Dio ha per noi. Quando Gesù fu davanti al governatore romano Ponzio Pilato che eventualmente lo fece crocifiggere, Egli disse: «…per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità; chiunque è per la verità ascolta la mia voce». (Giovanni 18:37). Lo disse nel contesto della Sua imminente morte e Gesù disse di essere venuto per rendere testimonianza alla verità. C’è qualcosa riguardo la Sua morte e la Sua vita che rende testimonianza alla verità, vale a dire che cancella qualunque concetto sbagliato che abbiamo di Dio rimpiazzandolo con la verità di chi Dio è. Se Gesù è Dio e ci sta davvero mostrando come Dio è, questo corregge il concetto sbagliato che l’universo sia dominato da una forza coercitiva. L’universo ebbe inizio, e a tutt’oggi, opera ed è sostenuto ogni giorno dalla potenza dell’amore umile. Vedere la croce di Cristo come una manifestazione dell’amore di Dio per noi, cambia il mondo in cui viviamo ed il modo in cui percepiamo ciò che accade intorno a noi e cambia come decidiamo di vivere. Perché Gesù morì? Per dimostrarci l’amore di Dio.

Perché Gesù morì? Per salvarci dal peccato, e quella parola è: perdono. Gesù vide la Sua morte come riscatto dalla schiavitù del peccato e ristorazione di una completa sanità spirituale. Gesù morendo sulla croce disse: «…Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Luca 23:34). Supponiamo che Dio abbia davvero risposto a questa preghiera… e che siano stati perdonati. Se noi esseri umani possiamo essere perdonati per una cosa del genere, possiamo ricevere perdono per qualsiasi cosa. Questo è molto incoraggiante.

Gesù ci dice che il peccato, le mancanze, il modo in cui facciamo del male sia a noi stessi che agli altri, è una sorta di schiavitù. Le nostre dipendenze malsane ci rendono schiavi e a nostra volta, anche noi contribuiamo a creare dei sistemi di schiavitù. A volte è qualcosa di evidente e percepibile, altre volte si esprime in maniera più subdola e nascosta, ma in entrambi i casi sono frutto della stessa forza coercitiva che domina e schiavizza il mondo. Frutto della stessa forma di potere oppressivo che mette gli uni contro gli altri. Gesù vide il nostro peccato come una manifestazione e contributo a quel tipo di sistema. Il peccato inizia nel cuore umano, per poi contribuire a creare dei sistemi di schiavitù.

Gesù disse: “Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti» (Marco 10:45). Gesù pagò per la nostra libertà, con la Sua morte; il prezzo più alto che si possa pagare, ma che ci dona la libertà suprema. Parlare di schiavitù riverberava bene alle orecchie degli ebrei a cui parlava, essi avevano sperimentato sulla loro pelle la schiavitù dell’Egitto ed erano stati riscattati da Dio da quella condizione, tramite Mosè. Possiamo leggerne la storia nel libro dell’Esodo.

Gesù ha usato la metafora della schiavitù per farci comprendere che esiste un altro tipo di schiavitù: il nostro peccato. Egli ci dice che ognuno di noi può intraprendere un esodo personale che ci libererà dalla schiavitù del peccato, e dai sistemi oppressivi di questo mondo.

Gesù era disposto a pagare il prezzo. Egli vedeva la Sua morte come lo strumento che ci avrebbe portato libertà e guarigione. Egli non solo ci libera ma ci rende delle nuove creature.

C’è una storia nell’Antico Testamento a cui fa riferimento. La storia ci racconta della morte di diverse persone perché morsi da serpenti velenosi. In quell’occasione, Dio chiese a Mosè di costruire un serpente di bronzo attorno ad un palo e di presentarlo al popolo. Chi lo guardava con fede veniva guarito istantaneamente. Nel terzo capitolo del vangelo di Giovanni, parlando della Sua morte, Gesù fa riferimento a quella storia, mentre conversa con un leader religioso. “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:14, 15). In altre parole, Gesù disse che desiderava risucchiare il veleno dei nostri peccati, vale a dire: la morte, la distruzione, l’antagonismo, l’egoismo, la separazione. Come il serpente di bronzo, anche Gesù sarebbe stato innalzato su un palo, e chiunque si sarebbe volto a Lui in fede, sarebbe stato infuso di vita, di vita eterna. Il perdono dai peccati e la conseguente guarigione e sanità interiore è un’altra cosa che Gesù vedeva come risultato della Sua morte.

In un mondo piagato dalla separazione, Gesù porta unità e guarigione sociale. Ci dice che possiamo diventare una famiglia di fede. Nel perdono Egli incluse persino i romani che lo stavano uccidendo e perseguitando e gli ebrei che lo avevano condannato. Egli ci dice che possiamo essere tutti fratelli e sorelle. Gesù desidera guarire il nostro cuore spezzato, e le nostre relazioni infrante o corrotte.

Perché morì Gesù? Per mostrarci l’amore di Dio, per salvarci dal peccato e per istaurare il Suo Regno.

Gesù vedeva la Sua morte come la sua incoronazione e l’inizio del Suo Regno sulla terra. Gesù ci parlò dei regni di questo mondo, dei regni politici e anche dei regni spirituali governati da Satana, parola che in greco significa Avversario.

La dipendenza dal potere e dalla violenza, ed il modo in cui le persone si trattano a vicenda, disumanizzando gli uni gli altri, è evidenza che esiste una forza spirituale che alimenta il tutto. Gesù ha detto di essere venuto per stabilire il Suo Regno di amore, e che la Sua luce avrebbe cacciato via l’oscurità. Possiamo leggerlo nel Vangelo di Giovanni: “Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti (quindi: oppressi e oppressori) a me” (Giovanni 12:32). Ci dice che insieme possiamo imparare ad essere famiglia. Ci chiama a fare parte di questo regno alternativo. Gesù considerava la crocifissione come il giorno della Sua incoronazione, e l’inizio del Regno di amore di Dio, un amore che si dona.

Leggendo i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni vediamo che tutti ritraggono la crocifissione di Cristo, in modo ironico, come un’incoronazione. Mentre Gesù veniva torturato e flagellato e poi crocifisso, i romani fecero qualcosa con l’intento di deriderlo, ma che in realtà, in modo simbolico, rivelava senza volerlo qualcosa di vero. Essi lo presero in giro. Ma che razza di re era? Ai loro occhi sembrava che avesse fallito come sovrano. I soldati gli misero un mantello viola, il colore della famiglia reale, gli diedero una canna come scettro e una corona di spine che alla fine contribuì alla tortura che dovette subire. Poi misero un cartello sulla croce sopra la sua testa, in cui era scritto che Gesù era il “re dei giudei”. I soldati trovarono un modo per insultare gli ebrei e Gesù allo stesso tempo.

Paradossalmente, ciò che i soldati fecero per deridere Gesù fu qualcosa che in seguito i seguaci di Cristo presero come segno del Regno alternativo di Dio: l’incoronazione del loro Re. Noi siamo dei sudditi di un Regno che si espande non tramite il potere violento ma tramite l’amore. Un regno che ama i nemici, come Gesù fece mentre andava incontro alla Sua morte.

Perché morì Gesù? Per mostrarci il Suo amore, per salvarci dal peccato, per istaurare il Suo Regno e per mettere fine alla religione.

Gesù fece riferimento al Suo corpo come il “nuovo Tempio”. Il Tempio a Gerusalemme era il luogo dove il sistema religioso offriva i sacrifici. Gesù disse che il Suo corpo era il Tempio, che sarebbe distrutto ed in tre giorni sarebbe stato ricostruito. I Suoi interlocutori pensarono che si riferisse al Tempio di Gerusalemme ma Egli invece parlava del proprio corpo.

Giovanni Battista parlando di Gesù disse. “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo!”. Gesù sostenne di essere il Tempio, vale a dire che il sistema religioso era stato assorbito nella Sua Persona. Giovanni Battista aggiunse che Gesù non solo era il Tempio ma anche i sacrifici che venivano offerti nel Tempio. La religione ebraica esigeva che venissero fatti dei sacrifici con regolarità, così che le persone potessero ottenere il perdono e riconciliarsi con Dio. In realtà questo accadeva per quasi ogni religione di quei tempi. Anche la religione romana, greca e pagana esigeva il sacrificio di animali per essere a posto con un dio o con gli dei. Gesù disse di essere sia il luogo dove offrire dei sacrifici che il sacrificio stesso. Altri seguaci di Cristo lo chiamarono anche “sommo sacerdote”, cioè colui che offre i sacrifici. Quindi, secondo la narrativa di Cristo, Egli è il luogo dove offrire dei sacrifici, il sacrificio stesso e il Sommo Sacerdote. Gesù riassume in Sé l’intero sistema religioso tramite la Sua crocifissione. In poche parole la Sua morte rappresenta la fine dell’intero sistema religioso. (Il sistema religioso muore e al suo posto risorge Gesù che è Tempio, Sacrificio e Sommo Sacerdote.)

Nelle Scritture dell’Antico Testamento troviamo diverse profezie interessanti. Il profeta Geremia ci dice: “Ecco, verranno i giorni», dice l’Eterno, «nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore», dice l’Eterno. «Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni», dice l’Eterno: «Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non insegneranno più ciascuno il proprio vicino né ciascuno il proprio fratello, dicendo: “Conoscete l’Eterno!”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande», dice l’Eterno. «Poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato» (Geremia 31:31-34).

Il termine “patto” significa un nuovo modo di relazionarsi. Il patto di Mosè consisteva nel collaborare insieme a Dio basandosi sulla legge e ubbidendo alle Sue regole, i dieci comandamenti e tutti gli altri comandamenti. Era un patto governato dalla legge. Il Nuovo Patto invece è un patto di amore. In questo patto d’amore, Dio ci dà Gesù come modello da seguire, e lo Spirito come guida interiore per discernere di volta in volta quale sia la via dell’amore. Un patto è un modo di relazionarsi. Il profeta comprese che in quel momento erano sotto la legge di Mosè ma che un giorno Dio avrebbe stabilito un Nuovo Patto con il Suo popolo che sarebbe stato diverso da quello stabilito con i loro antenati. Si trattava di un Patto totalmente diverso, che Dio avrebbe messo nella mente e scritto nei cuori; avrebbe perdonato la loro iniquità e non si avrebbe ricordato più del loro peccato, sarebbe stato cancellato e dimenticato. Il peccato non avrebbe più fatto parte della relazione fra noi e Dio. Non sarebbe più stato necessario continuare a fare dei sacrifici per essere a posto con Dio. Dio decise amorevolmente di dimenticare il tutto e di voltare pagina insieme a noi. Egli ci dice che le Sue vie saranno scritte nel nostro essere.

Il profeta Ezechiele scrisse: ” …Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e vi farò camminare nei miei statuti, e voi osserverete e metterete in pratica i miei decreti” (Ezechiele 36:26, 27). Un nuovo cuore, un nuovo spirito e il Mio Spirito. Dio avrebbe fatto una ristrutturazione interna per venire ad abitare proprio nel nostro cuore. Il Nuovo Patto sposta il centro di controllo e di guida. Sotto la religione del Vecchio Patto il centro di controllo era esterno. Si trovava nei dieci comandamenti, nella Torah, nelle leggi di Mosè, nella Bibbia. Secondo il Vecchio Patto la guida si trova in fonti esterne, nel manuale delle regole. Il Nuovo Patto non elimina il libro ma ci riempie del Suo Spirito così che possiamo dare ascolto alla Sua voce e a ciò che ci comunica in modo diretto. Il centro del controllo è cambiato da una fonte esterna a una interna, a Dio stesso che collabora con noi con la Sua presenza dentro di noi.

Ricordiamo che Gesù la notte in cui fu arrestato spiegò la propria morte ai Suoi discepoli dicendo: ” Così pure, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è sparso per voi” (Luca 22:20). Un altro modo per dire “stabilire un patto” era “tagliare un patto”, perché a quei tempi per fare un patto si doveva versare il sangue di un animale. Si doveva uccidere un animale per ottenere perdono e per mettersi a posto con Dio o per fare dei patti o contratti con altre persone. In quei giorni non si usava carta e inchiostro per firmare documenti, l’usanza era quella di uccidere un animale insieme. Era un modo per dire che si stava prendendo sul serio ciò che veniva pattuito. Gesù ci chiese di raffigurare nelle nostre menti l’immagine della Sua morte come il “taglio di un patto” e l’adempimento delle profezie ebraiche che annunciarono ciò che sarebbe successo. Questo Nuovo Patto pone fine alla religiosità del passato. Infatti Gesù non la chiama più religione ma fede, che significa “fiducia”. Ci invita a una semplice e personale relazione di fiducia e la Sua morte è al centro di tutto.

Abraham Maslow elaborò la gerarchia dei bisogni. Nello studio precedente l’abbiamo analizzata mettendola in contesto con gli insegnamenti di Gesù. Quasi in cima a questa gerarchia troviamo l’autorealizzazione, (ovviamente al top si trova la Trascendenza di cui però parleremo in uno studio successivo per analizzare come siamo stati creati per avere una relazione intima con l’Onnipotente).

L’autorealizzazione significa riuscire a diventare pienamente chi siamo, attualizzare tutta la potenzialità che abbiamo. A volte percepiamo di essere stati creati per qualcosa di più e che non stiamo vivendo all’altezza del nostro potenziale. Altre volte invece percepiamo che stiamo facendo esattamente ciò per cui siamo stati creati. Stiamo vivendo un’espressione di autorealizzazione, che secondo Maslow è un impulso e un bisogno presente in ogni essere umano.

Il Nuovo Patto che Gesù ci offre, ci consente di autorealizzarci appieno. Partendo dal cuore. Il Nuovo Patto ci aiuta a vivere l’esperienza umana nel modo in cui era inteso che la vivessimo, un ritorno al giardino dell’Eden. Si tratta di una relazione intima con Dio di semplice fiducia. Nella nostra relazione con Dio, il nostro cuore e la coscienza, il Suo Spirito in noi, diventano la guida nel fare delle scelte amorevoli nelle relazioni gli uni con gli altri e con tutto il creato. Vivere in questo modo significa essere finalmente noi stessi. A causa del peccato, della durezza del nostro cuore e della nostra testardaggine, abbiamo avuto bisogno per un po’ di tempo di regole, norme, rituali e routine che ci facessero da guida esterna per evitare che ci uccidessimo a vicenda e per tenerci in riga come specie umana. Gesù è venuto per togliere la durezza dei nostri cuori e per soffiare in noi il respiro Dio, il Suo Spirito, che ci aiuta a diventare pienamente noi stessi.

Diventeremo la vera umanità che avremmo sempre dovuto essere. Potremo dare ascolto al nostro cuore perché sarà un cuore nuovo, con un nuovo spirito: lo Spirito di Dio. Ciò non significa che non dobbiamo più leggere la Bibbia o ascoltare la voce di Gesù: possiamo fare entrambe le cose.

Non abbiamo più bisogno di consultare le regole, norme, rituali e routine ma piuttosto la Persona di Gesù. Leggiamo le Scritture con la consapevolezza che Cristo è al centro. È Lui il punto focale e la chiave di lettura di ogni passo nella Bibbia.

Egli è il nostro esempio e Colui che ci addestra a dare ascolto a ciò che lo Spirito comunica al cuore.

Gesù disse: “…«Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva». Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui; lo Spirito Santo infatti non era ancora stato dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Giovanni 7:37-39).

Notiamo due elementi importanti. Il primo passo, gesto o direzione è dall’esterno. Gesù ci dice che se siamo assettati dovremmo avvicinarci a Lui, non ci dice di guardare in noi e seguire il nostro cuore, alcune persone in mancanza di alternative tendono ad agire in quel modo. Egli ci dice che prima di tutto dovremmo avvicinarci a Lui per bere.

Non è qualcosa che facciamo una volta sola per poi cercare le risorse solo nel nostro cuore, dovrebbe essere qualcosa che facciamo di continuo, una disposizione interiore con cui dichiariamo che Gesù è la nostra fonte di acqua viva.

Quindi se abbiamo sete spirituale, dovremmo tornare sempre da Gesù per ricalibrare e rimettere a fuoco la nostra fede. Quando lo facciamo Gesù soffia su di noi l’alito di Dio. Lo Spirito Santo che Gesù in questo passo simbolizza come acqua vivente. Egli versa il Suo Spirito in noi. Perciò come primo passo ci avviciniamo a Gesù per comprendere come Dio è , e come dovremmo vivere. Dopo prendiamo del tempo per ascoltare il nostro cuore e sentire ciò che lo Spirito sta cercando di comunicarci per aiutarci ad applicare gli insegnamenti di Gesù a tutti i diversi scenari che si presentano nella nostra vita. L’acqua vivente a quel punto sgorga da dentro di noi, dopo che ci siamo abbeverati alla fonte che è Gesù. In questo passo, l’apostolo Giovanni, chiarisce che Gesù parla dello Spirito Santo che i credenti avrebbero ricevuto dopo la morte di Cristo.