Ammettiamolo, la preghiera può sembrare un’attività strana, una disciplina spirituale che spesso non viene compresa. A volte non si sa cosa dire in preghiera, perciò non si è motivati a pregare. Tutto ciò, fino al momento in cui veniamo colpiti da una crisi o da un bisogno importante ed è lì che siamo mossi ad intercedere e a formulare delle richieste personali a Dio per i nostri bisogni. Quindi la preghiera a volte, viene ridotta ad un’attività egocentrica e viene messa in pratica soltanto nei momenti di necessità.
Proviamo, oggi, insieme, ad utilizzare la struttura degli insegnamenti di Gesù e delle Scritture come guida, per quando preghiamo, conversando con Dio; questo ci aiuta a pregare in un modo più completo, non limitandoci alle preghiere personali.
In questo studio approfondiremo come pregare utilizzando le Scritture come strumento. Questo metodo consiste nel leggere un versetto o due e poi pregare seguendo il tema del verso appena letto. Dopo la preghiera si ripete il processo e si prega ancora andando avanti fino alla fine del periodo del capitolo scelto da leggere. E’ molto bello pregare in questo modo, perché si dà spazio a Dio di parlarci tramite le Scritture e a guidare la nostra conversazione. In quel modo la preghiera diventa molto più che un’espressione di richiesta, ci immergiamo completamente in Dio.
La meditazione ebraica si distingue dal significato popolare e attuale che si da alla parola meditazione. Vorrei spiegare meglio. Esistono due tipi di meditazione che prendono due nomi diversi tra loro: esiste la meditazione “catafatica” e quella “apofatica”. La meditazione catafatica consiste nel focalizzarsi su qualcosa e riempirsi la mente di essa. In quel caso i pensieri negativi vengono sostituiti dai pensieri positivi sui quali uno sceglie di concentrarsi. La meditazione apofatica invece si focalizza sul negare, e sullo svuotare la mente; sul lasciare andare le distrazioni negative. Quest’ultima rappresenta la meditazione più praticata nella nostra cultura, una pratica davvero utile e valida che ci aiuta a prepararci a riempire le nostre menti con l’informazione giusta.
In questa riflessione approfondiremo la meditazione catafatica ebraica e ci focalizzeremo su ciò che è più importante. “Meditare” dall’ebraico originale “hagad” nelle Scritture significa “borbottare, biascicare, gemere o ponderare qualcosa verbalmente”. Una delle immagini da tenere presente con questo termine è l’immagine di una mucca che rumina nei pascoli. Le mucche sono degli animali particolari, esse mangiano inghiottendo grosse quantità di erba, poi più tardi rigurgitano il cibo ingerito previamente prendendo del tempo per masticarlo meglio ed inghiottirlo nuovamente. Questo perché non avendolo masticato bene all’inizio le enzimi presenti all’interno dello stomaco della mucca non riescono a decomporlo o a digerirlo bene. Quando il cibo viene rigurgitato e masticato di nuovo le mucche riescono a trarre un beneficio completo dal cibo riuscendo a prendere tutti i nutrienti. La meditazione potrebbe essere paragonata a quel processo. Di solito non abbiamo il tempo di ben “digerire” ciò che leggiamo o che ascoltiamo durante un servizio domenicale ad esempio, quindi sarebbe indicato prendere appunti, segnarsi i punti chiave o altro, in maniera da meditarci successivamente. In un secondo momento come ho già menzionato, dovremmo cercare di “ruminare” mentalmente sui punti che desideriamo digerire meglio e metabolizzare in modo più profondo. Ciò rappresenta un’ottima pratica spirituale da imparare e da inserire nella routine della nostra settimana.
Il salmo 77 fu scritto da Asaf e non dal re Davide. Lui espresse in modo onesto ciò che stava attraversando dandoci uno sguardo del suo mondo interiore e di ciò che stava sentendo. Trovo stupendo che questo tipo di espressione sia intrecciato nel tessuto comunitario ebraico di adorazione. I salmi erano le canzoni che essi cantavano nei loro momenti di lode, testi, che prima di concludere proclamando la bontà di Dio, portano attraverso un percorso dove i sentimenti negativi non vengono nascosti. La loro esperienza di lode era autentica e non nascondevano il fatto di avere delle difficoltà. Gli ebrei, portavano i loro problemi al centro delle loro discussioni e poi, tutti insieme, si proponevano di fare di queste difficoltà una canzone o una poesia.
Asaf non fu mandato via per aver scritto ciò che stava provando, anzi, le sue parole furono incluse nelle Scritture! La prima parte del salmo 77 si parla di quanto lui si sentisse come un verme senza sapere se Dio esistesse e se fosse addirittura interessato a lui. “La mia voce si eleva a DIO e grido; la mia voce si eleva a DIO ed egli mi darà ascolto. Nel giorno della mia avversità ho cercato il Signore; durante la notte la mia mano è rimasta protesa senza stancarsi e l’anima mia ha rifiutato di essere consolata. Mi ricordo di DIO e gemo; mi lamento e il mio spirito viene meno” (Salmi 77:1-3).
Trovo curioso che non avesse detto “Mi ricordo di Te DIO e sorrido, non riesco a non gioire..”. ” Tu mantieni aperte le mie palpebre; sono così turbato che non posso parlare. Ripenso ai giorni antichi, agli anni dei tempi passati. Durante la notte mi ritorna alla mente il mio canto, medito nel mio cuore e il mio spirito investiga. Mi rigetterà il Signore per sempre? E non mi gradirà mai più?” (Salmi 77:4-7).
Tutti noi abbiamo un bel carico di esperienze negative passate che quando ci tornano in mente hanno il potenziale di buttarci giù nel presente, particolarmente se ci focalizziamo su di esse.
“È la sua benignità cessata per sempre e la sua parola venuta meno per le generazioni future?” (Salmi 77:8). Il termine “benignità” in questo passo nell’ebraico originale è “hessed” e nel greco originale del Nuovo Testamento è “agape”, due termini che significano “amore incondizionato, infallibile e leale”. E’ l’amore che rappresenta il cuore di Dio, il dna del divino. Asaf si stava chiedendo se quell’amore fosse svanito per sempre e se le promesse di Dio non sarebbero state più compiute. La comunità di fede dovrebbe essere un luogo di onestà, di accettazione e di accoglienza dove possiamo essere noi stessi e portare a Dio le domande spirituali che abbiamo.
“Ha DIO forse dimenticato di avere pietà e ha nell’ira posto fine alle sue compassioni?” (Salmo 77:9). Tanti hanno l’idea che Gesù sia venuto a salvarci dalla terribile ira di Dio e che Dio sia sempre adirato e giudicante. L’apostolo Paolo descrisse quella posizione molto bene quando disse: “Questo vale anche per voi, che una volta eravate così lontani da Dio. Eravate suoi nemici e Lo odiavate, ed eravate separati da lui a causa dei vostri pensieri e delle vostre azioni malvagie” (Colossesi 1:21 Bibbia della Gioia). Penso che sia interessante che abbia detto che eravamo nemici di Dio nelle nostre menti. La salvezza secondo la visione del Nuovo Testamento consiste nella nostra riconciliazione con Dio e non nel contrario. Coloro che hanno bisogno di avvicinarsi, riconciliarsi e cambiare, siamo noi!
Dio non ha bisogno di sbarazzarsi della Sua ira per poter riuscire ad amarci e ad accettarci di nuovo, siamo noi a dover comprendere il Suo grande amore e la Sua Persona.
“Io ho detto: «Il motivo della mia afflizione è che la destra dell’Altissimo è mutata». Ricorderò le opere dell’Eterno, sì, ricorderò le tue meraviglie dei tempi passati” (Salmi 77:10, 11). Asaf decise di riportare a memoria tutti i momenti di quando lui aveva sentito l’amore di Dio nella sua vita. Decise di focalizzarsi sul positivo, su tutti i miracoli che operò per liberarli dalla schiavitù in Egitto, su come Dio avesse fatto dei miracoli per stabilire Israele come popolo. “Mediterò su tutte le tue opere e considererò le tue gesta” (Salmi 77;12). Da queste parole comprendiamo che non stava più concentrandosi sui propri problemi personali ma sulle dimostrazioni del potere divino e dalla cura che Dio aveva verso Israele. “O DIO, la tua via è santa; quale Dio è grande come DIO? Tu sei il Dio che compie meraviglie; tu hai fatto conoscere la tua forza fra i popoli. Col tuo braccio hai riscattato il tuo popolo, i figli di Giacobbe e di Giuseppe” (Salmi 77;13-15).
Di seguito Asaf proseguì meditando sui dettagli di ciò che stava illustrando nella sua mente. “Le acque ti videro, o DIO, le acque ti videro e furono spaventate; anche gli abissi tremarono. Le nubi versarono diluvi d’acqua, i cieli tuonarono e le tue saette guizzarono. Il fragore del tuo tuono era nel turbine, i lampi illuminarono il mondo e la terra fu scossa e tremò” (Salmi 77:16, 17). E’ curioso che ciò che Asaf riporti nella sua canzone non sia parte del racconto della storia dell’esodo (Esodo 14). Nel libro dell’Esodo viene raccontato che Dio riscattò Israele aprendo il mar Rosso aiutandoli ad attraversare dall’altra parte. Non viene detto nulla riguardo la risposta emotiva degli elementi, dei terremoti, dei suoni dei tuoni e tanto altro. Asaf mentre meditava stava “rivivendo” quei momenti in prima persona unendo le Scritture alla sua immaginazione. Mentre lui meditava con le Scritture inseriva se stesso nella storia, così in un certo senso sentiva, udiva e sperimentava delle cose che le Scritture non menzionano ma che a livello emotivo, lui stava vivendo. Le Scritture descrivono in modo limitato quegli eventi portentosi. La meditazione apre le porte a questo tipo di esperienza e ciò ci aiuta a metabolizzare le Scritture meglio in un modo più profondo. Quindi quando inseriamo noi stessi nella storia tramite la meditazione ciò ci aiuta a prendere tutto il nutrimento contenuto nel verso.
Per Asaf, l’esodo rappresentava l’evento più importante al quale far riferimento per ricordare la bontà di Dio. Per noi invece l’evento più importante è la rivelazione di Cristo, come interagiva con chi falliva, come era capace di amare colui che non si rendeva amabile, la sua vita, i suoi insegnamenti, la sua morte e la sua Risurrezione. Possiamo ricordare gli eventi di Cristo rivivendoli e così riportare a memoria la bellezza della verità di Dio.
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