Questo studio ci condurrà verso una relazione più profonda con Gesù. L’opportunità di mettere in atto o meno ciò che seguirà, resterà una propria scelta. Gli insegnamenti della domenica, gli incontri di chiesa in casa o via zoom e la nostra comunità di fede possono esserci utili fino ad un certo punto, tuttavia la domanda è: “finisce tutto lì o dovremmo vivere ciò che impariamo”? Se non lo avessimo ancora fatto, vi dico, non è mai troppo tardi, iniziare a vivere in modo diverso, cambiare il nostro stile vita è molto importante. Altrimenti il nostro leggere non sarebbe altro che un esercizio religioso per aumentare la nostra conoscenza. Vivere nella consapevolezza che Dio è con noi è il tema di questo studio. Come si fa ad ottenere questa consapevolezza? Siamo coscienti del fatto che Dio cambi il nostro cuore ed il nostro modo di agire? Raggiungendo la consapevolezza della vicinanza di Dio nella nostra vita quotidiana e aprissimo il nostro cuore aLui, potremmo sperimentare un cambiamento radicale del nostro stato interiore. Quando ero in seconda media ricordo bene che un giorno la ragazza che mi piaceva si sedette accanto me per guardare un evento sportivo nella palestra della nostra scuola; vi dico che ero davvero cotto per lei!! Ad un certo punto, dato che non c’era tanto spazio per sedersi, lei fu costretta ad avvicinarsi ancora di più a me…tutto il mio corpo era focalizzato sul fatto che le sue gambe erano a pochissimi centimetri dalle mie. Per me questa vicinanza diventò il centro del mio universo in quel momento, ero talmente preso da lei e dalla sua presenza. La partita perse il mio interesse. Riflettiamo, se la vicinanza di una persona che ci piace può avere quell’effetto su di noi, immaginiamo il potenziale di ciò che potremmo fare se vivessimo momento dopo momento nella consapevolezza della prossimità di Gesù a noi, del Dio che ha creato l’universo. Il Dio che ci ama e che è innamorato di noi, Colui che ha scelto di rimanerci accanto e che non si dà per vinto; Colui che ci ama più di ciò che potremmo immaginare è con noi. Gesù ci ha promesso di rimanere al nostro fianco e desidera essere presente nella nostra vita. Come potrebbe cambiare il nostro mondo interiore il prendere coscienza di tutto ciò? Renderci consapevoli della presenza di Dio significa sintonizzarci sulla realtà spirituale. Questo studio non consiste nell’utilizzo di giochetti mentali o di trucchi cognitivi che potremmo applicare su noi stessi per distaccarci della realtà o per immaginare qualcosa che non esista. Il punto è che qualsiasi tattica o pratica che possiamo implementare nelle nostre vite con il proposito di aiutarci a sintonizzarci se crediamo veramente, saranno degli strumenti che ci permetteranno di focalizzarci sulla realtà; ci aiuteranno a renderci più consapevoli di ciò che sappiamo sia vero. Dette pratiche ci aiuteranno a diventare una persona più completa e il nostro credo, comportamento e il nostro mondo interiore si fonderanno insieme. Dopo un tempo di preghiera faccia a faccia con Dio, è bello continuare a camminare fianco a fianco a Lui e spesso la conversazione, continua. La nostra vita di preghiera privata in un certo senso si amalgama con la nostra vita quotidiana e così la nostra giornata continua interagendo con Gesù. Anche in quei momenti Dio comunica con noi. Come fa Dio a comunicare con noi? “Poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito” (Filippesi 2:13) Dio opera in noi per aiutarci a volere e ad essere in grado di compiere la Sua volontà. Dio impianta in noi un impulso, un desiderio e una voglia di fare ciò che è giusto. La nostra volontà è influenzata dalla Sua. Con questo non intendo che la volontà di Dio debba sovrastare o forzare la nostra, non siamo delle marionette nelle Sue mani. La volontà di Dio nei nostri cuori datoci dallo Spirito Santo in comunione con la nostra, accende in noi il desiderio di compiere ciò che Lui vuole. Dio ci parla tramite la nostra volontà, spesso la Sua voce si manifesta tramite quell’impulso interno che ci spinge verso il bene e verso l’altruismo, verso un desiderio di agire in amore. Qual è il tono di voce di Dio? La Bibbia ci descrive alcune delle qualità del Suo Spirito, della Sua voce e della Sua saggezza. “Ma la sapienza che viene dall’alto prima di tutto è pura, poi pacifica, mite, docile, piena di misericordia e di frutti buoni, senza parzialità e senza ipocrisia” (Giacomo 3:17). ” Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. Contro tali cose non vi è legge” (Galati 5:22, 23). Questi passi ci dipingono un quadro abbastanza chiaro del tono di voce che Dio utilizza per comunicare con noi. Perciò la Sua voce sarà sempre accompagnata da questo ethos, tonalità e personalità. Un altro punto da tenere presente è che quando abbiamo già un’idea di come Dio comunichi, questo ci aiuta a discernere meglio la Sua voce. L’essere consapevoli di alcune caratteristiche elementari della Persona di Dio e di certe cose specifiche nella Bibbia che sappiamo siano la Sua volontà per la nostra vita rappresentano un filtro in più che possiamo utilizzare per discernere la Sua voce. Per esempio, la Bibbia ci indica che Dio desideri la salvezza dell’intera umanità, sappiamo che abbia un interesse particolare nel soccorrere i reietti e le persone in difficoltà, gli orfani e le vedove; la Bibbia ci dice che Dio sia appassionato nell’aiutarci a costruire delle relazioni ed a promuovere l’unità tra il Corpo di Cristo. Con questo in mente, nel caso ci trovassimo a partecipare ad un evento sociale e ci spuntasse un desiderio nel cuore dal nulla dove ci sentissimo spinti a parlare con qualcuno di Gesù, l’essere a conoscenza che Dio desideri salvare l’intera umanità ci aiuterebbe a riconoscere che detta spinta proviene da Lui. Quando ci sentiamo spinti ad aiutare qualcuno che è in difficoltà o nel bisogno durante un incontro o in altre situazioni, quella spinta, molto probabilmente viene da Dio. Se proviamo il desiderio di dare una mano o di costruire dei ponti di unità con delle persone di altre denominazioni o anche con altre chiese nella nostra comunità di fede che si esprimono in modo diverso dal nostro, o sentiamo che non dovremmo dire qualcosa di negativo sugli altri, anche in quel caso molto probabilmente si tratta della voce di Dio nei nostri cuori. Iniziare con delle conoscenze elementari di ciò che Dio è, ci aiuta ad allenarci a riconoscere la Sua voce. Nel caso fossimo spinti dalla nostra propria voglia di parlare agli altri di Cristo, di aiutare i bisognosi o di promuovere l’unità non parlando male degli altri, ciò indica che il nostro cuore e la nostra mente stanno diventando più come Gesù, qualcosa di stupendo! “Non cessate mai di pregare” (1 Tessalonicesi 5:17), un’altra traduzione dice: “pregate incessantemente” (C.E.I.) sono parole che rendono l’idea di una preghiera continuativa, di una conversazione con Dio che uno porta avanti durante la giornata. A volte si cammina insieme a Dio senza dialogare con Lui pur essendo consapevoli della Sua presenza. E’ bello essere a conoscenza che il nostro pregare incessantemente possa consistere in una piccola frase del tipo: “Grazie per questo giorno meraviglioso!”, “Signore sei creativo e grande!”, “Grazie per avermi mostrato di parlare con quella persona, è ovvio che ha bisogno…ora mi metto in marcia, Signore aiutami”. Dialogare con Dio quando ci riporta in mente delle situazioni o delle persone è importante. “Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo” (Atti 17:28), Gesù ci è vicino come l’aria che respiriamo. Ci crediamo veramente? Questo fatto come cambia il nostro stato interiore? “…Or ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente. Amen»” (Matteo 28:20). Gesù è veramente con noi? Se lo credessimo davvero allora dovremmo allineare la nostra esperienza alla nostra teologia. “«… Il Padre mio opera fino ad ora, e anch’io opero» (Giovanni 5:17), messo nel contesto giusto, questo versetto dice che Dio Padre e Gesù stesso sono sempre all’opera nella vita delle persone per portare guarigione, aiutare le persone a comprendere i propri sbagli, promuovere l’unità ed incoraggiare tutti ad avvicinarsi alla verità. Gesù pronunciò quelle parole riguardo il Padre e se stesso in presenza dei religiosi che erano arrabbiati a causa di due motivi. Innanzitutto, Gesù aveva osato guarire un uomo nel giorno di sabato e poi dopo averlo guarito gli chiese di prendere il suo lettuccio e di camminare. La richiesta di Gesù all’uomo fu considerata da loro offensiva perché infrangeva ancora una volta le tradizioni e la legge contenuta nella Torah che vietava le persone di lavorare di sabato e precisamente di trasportare degli oggetti. Gesù trascese le regole; l’amore surclassa la legge. Gesù ha sempre favorito le relazioni e non la religione. Quando i leader religiosi affrontarono Gesù accusandolo di aver infranto la legge, Lui non cercò delle scuse, invece si espresse in modo da far capire a loro che avesse autorità sulla legge. In altre parole disse: ” mio Padre lavora di sabato e anch’io”, essere all’opera significava lavorare e quindi volle evidenziare quel punto: “Dio ha autorità sulla legge”. Gesù ha portato Dio a noi sotto la forma umana. I leader religiosi non hanno compreso ne riconosciuto chi avevano davanti ai loro occhi. Come mai non sono riusciti a capire o vedere chi Gesù fosse? La loro religione seguiva ed era fissata su un libro, invece di centrarsi sull’Autore del libro. La loro fede era diventata una fede attaccata al passato al punto di non riuscire a vedere ciò che Dio stesse operando nel presente. La loro intera religione era basata sul memorizzare e studiare come Dio operasse nel passato. Erano centrati sul preservare delle tradizioni e sul garantire una continuità legata al passato nel presente assicurandosi che non fosse dimenticato. Non era un concetto sbagliato ma piuttosto incompleto. Erano così presi, dal dover preservare il passato che quando Dio si mise all’opera nel presente facendo qualcosa di nuovo, essi non avendo nessun paradigma da cui attingere nel passato, non furono in grado di riconoscere Cristo. A volte mi chiedo se anche noi cristiani abbiamo lo stesso problema, potremmo anche noi cadere nella stessa trappola..certo, la nostra Bibbia è più completa ma spesso si sbaglia fissandoci sul voler preservare il passato invece di sperimentare Dio nel presente. La personalità di Dio nel presente ha della continuità con il passato perciò è importante studiarlo. Ricordiamo che il passato ci evidenza che Gesù è vivo, è risorto e che è presente e si relaziona con noi ora. Fissarsi con lo studio del passato porterebbe ad avere una fede intellettuale priva di esperienza, non si avrebbe una relazione con Dio viva dalla quale imparare.La nostra vita, potrebbe essere diversa soltanto perché crediamo che Gesù sia risorto. Per esempio, noi andiamo in chiesa di domenica o ci troviamo nelle nostre chiese in casa, forse prendiamo del tempo per pregare, per leggere la Bibbia, per parlare con altre persone di fede o di altro. Forse la nostra vita etica ha subito dei cambiamenti perché crediamo alla realtà di Cristo. La domanda è: in quale modo il fatto che crediamo che Gesù sia vero e che sia sempre all’opera per relazionarci con noi ha cambiato il nostro cuore? In quale modo il nostro cuore diverge da quello di un ateo? Viviamo in relazione con Dio o siamo degli atei che si atteggiano come dei cristiani? Come famiglia di fede possiamo soltanto dare degli insegnamenti, cercare di essere degli esempi con le nostre vite, possiamo approfondire delle tematiche insieme, incoraggiarci a vicenda e tanto altro ma ad un certo punto bisogna prendere in mano i nostri strumenti da soli e renderci responsabili in modo conscio della nostra crescita spirituale e della nostra relazione con Dio. Per fede sono sicuro che Dio comunichi con noi, quindi dovremmo cercare di evitare di prendere una posizione passiva pensando che se Dio non si sia manifestato, facendosi vedere a noi o non ci abbia parlato a voce alta, che Egli non ci sia. In questi studi abbiamo approfondito i modi comuni in cui Dio comunica con noi. Chiediamoci: sto disciplinando la mia attenzione rendendomi più consapevole del fatto che Dio parli con me così che la mia fede non sia una fede accademica, bensi una fede vissuta? Il re Davide, autore dei Salmi, amava la legge e fu chiamato nelle Scritture come un uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14) non perché amasse un libro ma perché lui andò oltre cercando Dio, approfondendo e sperimentando la sua relazione con Lui in modo costante. Lui scrisse dei salmi bellissimi riguardo la legge come il Salmo 119 ma anche sulla Sua profonda relazione con Dio come il Salmo 23. “L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà. Egli mi fa giacere in pascoli di tenera erba, mi guida lungo acque riposanti. Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga sono quelli che mi consolano. Tu apparecchi davanti a me la mensa in presenza dei miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca. Per certo beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni” (Salmo 23). In questo salmo si osserva che l’autore cambia dal parlare riguardo Dio a parlare con Dio. Il re Davide stava raccontando la sua esperienza e la sua fede restava sul fatto che Dio fosse insieme a lui, lo guidasse e lo accompagnasse. Aveva una connessione ed una relazione continuativa viva con Dio, anche se apprezzava e amava il libro della legge, esso era uno strumento tramite il quale lui riusciva a conoscere l’Autore. Riuscire a coltivare una relazione giorno dopo giorno con Dio era al centro della sua vita. ” E non vi inebriate di vino, nel quale vi è dissolutezza, ma siate ripieni di Spirito” (Efesini 5:18). Questo passo ci incoraggia ad essere in controllo della nostra vita evidenziando il fatto che quando ci si inebria, lo si perde. Perciò non dovremmo permettere che la nostra vita sia controllata da sostanze o cose. Il versetto appena letto dice che dovremmo essere ripieni di Spirito, è qualcosa che ci viene richiesto. Tutti i seguaci di Gesù hanno lo Spirito Santo ma qui evidenza il fatto che sta a noi il doverci riempire di esso. Ciò significa fare uscire lo Spirito dal subconscio, a volte è come se avessimo invitato lo Spirito Santo ad entrare nella nostra vita ma poi lo avessimo confinato come se fosse un inquilino a stare nella cantina della nostra mente. Cioè noi continuiamo a svolgere la nostra vita come se niente fosse, ignorando la Sua presenza ma allo stesso tempo volendo beneficiare dell’affitto che il nostro inquilino spirituale ci dà. Dio è presente ma ora sta a noi invitarlo ad uscire dalla cantina del nostro subconscio e ad occupare il resto della nostra “casa” e a vivere la nostra vita insieme come un vero matrimonio. Siamo riempiti dallo Spirito! Appena lo Spirito di Dio ci riempie, Lui ci guida verso gli altri. “Parlandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e lodando col vostro cuore il Signore” (Efesini 5:19). SEGUE…