Dio parla con noi? E se parlasse con noi, in quale modo lo farebbe? In questi studi abbiamo cercato di approfondire come discernere la voce di Dio nei nostri cuori e a comprendere come capire se Dio ci stia parlando personalmente dandoci delle istruzioni, guida, un rimprovero o una sfida. Uno dei modi è attraverso la voce della nostra comunità di fede che ci aiuta a saper discernere la Sua voce. Un altro modo è attraverso la voce delle Scritture, pregando mentre si legge e stabilendo un dialogo con Dio in quel modo. In questo studio rifletteremo sul come stabilire un dialogo con Lui proprio attraverso la preghiera. Dio comunica con noi sempre, anche in questo momento. La comunicazione fa parte della natura divina. “Parlare con Dio viene chiamato preghiera; invece quando Lui parla a noi viene chiamato schizofrenia” (Willy Tomlin). Affermare che Dio comunichi con noi ha il potenziale di dare l’idea sbagliata, riconosciamolo. A volte l’affermare che Dio abbia comunicato ad un certo individuo ha avuto delle conseguenze disastrose terribili lungo la storia, particolarmente quella religiosa. Questo concetto è stato spesso manipolato dalle persone al potere per sottomettere le masse, affermando di essere a conoscenza della volontà divina. Il loro ego esagerato rafforzato dal fatto che presumibilmente Dio avesse parlato tramite loro ha sempre peggiorato la situazione. Perciò sarebbe giusto affrontare una serie di studi come questo per approfondire veramente cosa significhi sentire la voce di Dio e guardare in faccia anche i pericoli che ciò potrebbe comportare. Questo è un tema che ha il potenziale di diventare pericoloso come nel caso della setta di Jonestown. Il loro leader affermava di sentire la voce di Dio ed esigeva che tutti gli dessero ascolto. Quindi quando si parla di sentire la voce di Dio dobbiamo essere certi di ciò che significhi. La tentazione sarebbe quella di lasciar perdere tutto, sostenendo che Dio non comunichi con nessuno, ma quando approfondiamo gli insegnamenti di Cristo, scopriamo che Lui ci ha incoraggiato a stabilire una relazione con il divino. Gesù ci ha dimostrato che Dio ha una natura relazionale, Dio è amore e l’amore è relazionale in maniera innata, non lo si può negare. L’antidoto di una relazione sbagliata non è il non coinvolgersi più in nessun’altra relazione, ma è nel credere in una relazione salutare e buona, fatta di più intimità. È importante essere consapevoli che Dio comunichi a tutti, non soltanto agli eletti in posizione di autorità come ad un pastore, ad un sacerdote, ad un un profeta o a dei leader. Dio parla proprio a tutti. Gli insegnamenti biblici che sostengono che Dio comunichi a tutti non sono la premessa per un disastro, il contrario. Dio non parla soltanto ad un individuo in particolare, ma a tutto il corpo della chiesa. Perciò l’ermeneutica comunitaria, l’ascoltarci a vicenda e il metterci sullo stesso livello sono azioni che ci aiutano a prevenire problemi. Mentre impariamo insieme a discernere la voce di Dio, allo stesso tempo ci proteggiamo ed evitiamo di cadere in situazioni di pericolo. Non dovremmo darci per vinti scegliendo di dare ascolto ad un individuo in particolare, che afferma di ascoltare la voce di Dio, solo lui. Il mio ruolo in questa chiesa consiste nell’incoraggiare tutti ad approfondire la loro relazione con Dio in modo personale, nonché insieme, come comunità di fede. Nei prossimi passi delle Scritture che leggeremo noteremo che Gesù a volte si alzava molto presto all’alba per stare da solo e pregare. Sospetto che quei passi siano stati inseriti dal diavolo…(scherzo!!) Poi ci sono altri versetti dove scopriamo che Gesù si appartava di sera a pregare da solo e che a volte restava sveglio tutta la notte. Trovo interessante che Gesù spesso desse priorità alla preghiera quando aveva delle decisioni da prendere e avesse bisogno di discernere la volontà di Dio. Gesù desiderava essere in armonia con Dio come quando diceva che i Suoi insegnamenti non provenissero da Lui ma dal Padre e che stesse compiendo la Sua volontà. Perciò Gesù era sempre in ascolto, il Suo ascoltare era lo stare in preghiera. Gesù rimase sveglio una notte intera prima di scegliere i Suoi discepoli, si allontanò per pregare prima di decidere a quale città indirizzarsi e della loro missione in quella città, Gesù prendeva del tempo per ricaricare le sue batterie e la Sua visione; Lui sentiva la voce di Dio in preghiera. La preghiera non consiste solo nel comunicare i nostri bisogni a Dio ma anche nel lasciare spazio a Lui per parlare a noi, cioè, nell’avere una conversazione insieme al nostro Creatore. Gesù parlava e ascoltava al Padre nei Suoi momenti di preghiera. “E avvenne che egli si trovava in un certo luogo a pregare e, come ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli»” (Luca 11:1). I discepoli testimoniarono che la preghiera avesse un ruolo prominente nella vita di Gesù e che Lui li guidasse verso delle cose buone, così furono motivati a desiderare di pregare come Lui. Giovanni Battista aveva insegnato come pregare ai suoi discepoli perché era parte del lavoro che svolgeva come mentore. “Discepolo” significa “studente” e perciò se uno seguiva qualcuno, quel mentore doveva insegnare tante cose, tra l’altro anche come pregare. Questo rappresenta una sfida per noi che tendiamo a privatizzare tutto nella nostra cultura occidentale, particolarmente nell’area della preghiera. Ci sono delle cose che impariamo in comunità più facilmente come l’approfondire le Scritture e pregare in gruppo. Invece come si fa a pregare quando siamo da soli? Consiste per caso nell’appartarci da soli cercando di pregare e poi discutere insieme se abbiamo avuto un buon tempo o no, tutto senza che nessuno ci insegni come fare? In questo studio cercheremo di dare una risposta. Vogliamo imparare come si faccia a pregare quando siamo da soli affrontandolo come comunità così che possiamo imparare l’uno dall’altro e poi applicarlo nei nostri momenti di preghiera in solitudine. I discepoli avevano chiesto a Gesù d’insegnare loro come pregare. Gesù gli diede dei contenuti precisi nel Padre Nostro, per dare una specie di struttura e poi raccontò loro una storia per fare il punto. La versione del vangelo di Matteo è più lunga di quella del vangelo di Luca. Leggiamo insieme.”Poi disse loro: «Chi è fra voi colui che ha un amico, che va da lui a mezzanotte, dicendogli: “Amico, prestami tre pani, perché un mio amico in viaggio è arrivato da me, e io non ho cosa mettergli davanti”; e quello di dentro, rispondendo, gli dice: “Non darmi fastidio, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me; non posso alzarmi per darteli”? Io vi dico che anche se non si alzasse a darglieli perché gli è amico, nondimeno per la sua insistenza si alzerà e gli darà tutti i pani di cui ha bisogno” (Luca 11:3-8). Diciamo che al primo impatto dopo aver letto questa parabola in modo superficiale ho pensato che la morale della storia fosse: “Bisogna importunare Dio in preghiera fino a farlo cedere e così ottenere ciò che vogliamo perché il fatto che ci voglia bene non significa che ci dia ciò che vogliamo se non insistiamo”. Riflettiamo, come mai il vicino di casa in questa storia ha avuto la sfacciatezza di presentarsi nel pieno della notte a casa del suo amico per chiedere del pane? Notiamo che ciò che chiedeva non era per se stesso ma per il viaggiatore. C’era qualcun’altro coinvolto in questa faccenda e lui stava chiedendo aiuto per l’amico viaggiatore. L’essere centrato sugli altri diede a quell’individuo la carica di energia di cui aveva bisogno per essere spudorato nel chiedere. Se il bisogno fosse stato rilegato a lui è molto probabile che l’amico le avesse chiesto di andarsene via. Siamo chiari, se uno andasse a casa del suo amico nel cuore della notte e svegliasse la sua famiglia solo per chiedere loro uno spuntino è molto probabile che l’amico reagisse dicendo: “Sei davvero uno sciocco, vattene via, torna domani!”: Se lui fosse andato dal suo amico a chiedere cibo solo per se stesso sarebbe stato considerato un atto di abuso della loro amicizia. Invece il fatto che il favore fosse per qualcun altro cambiò tutto. Gesù in questa parabola inserì un principio di altruismo alla nostra preghiera, una sorte di sfrontatezza per gli altri, un uscire da noi stessi e pregare per ciò che fa piacere a Dio e per ciò che c’è bisogno nella vita degli altri. “Perciò vi dico: Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa” (Luca 11:9, 10). Dopo la lettura di questi passi si potrebbe concludere: “posso ottenere ciò che voglio!” ma ricordiamo che il contesto nel quale troviamo questi versetti è di natura altruistica. “E chi è tra voi quel padre che, se il figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra? O se gli chiede un pesce gli dà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli dà uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono»” (Luca 11:11-13). Alla fine, l’obiettivo di ogni preghiera dovrebbe essere quello di chiedere più di Dio e del Suo Spirito. Il cercare, chiedere e bussare si riferisce al chiedere di avere più di Dio nella nostra vita. Dio ce lo ha garantito, donarci più di Se è il Suo obiettivo. A volte si prega per delle richieste specifiche come per una relazione amorosa chiedendo a Dio di benedirla e di farla prosperare; per una promozione al lavoro o per una richiesta particolare di natura economica quando siamo in difficoltà; altre volte ci rivolgiamo a Dio chiedendo la guarigione per uno dei nostri cari o per noi stessi chiedendo un miracolo. L’importante è che al cuore di ogni preghiera per noi che siamo seguaci di Cristo ci sia un desiderio forte di avere più di Dio e del Suo Spirito. Se si fosse pregato per una guarigione fisica o per una relazione o per un miracolo di natura economica o qualunque altra richiesta e Dio rispondesse: “Potrei concederti quella richiesta di preghiera specifica ma se scegliessi di non farlo, il mio “no” aprirebbe le porte per aiutarti ad sperimentare più di Me”. Siamo onesti, considereremo una risposta del genere come qualcosa di positivo ed una risposta alla nostra preghiera? Se la nostra risposta fosse negativa allora dovremmo rivalutare ciò che la preghiera è per noi perché Lui dice: “A volte direi di sì e a volte di no basandomi su ciò che alla fine vi aiuterà a sperimentare più Me”. Il dunque di tutto è lo Spirito Santo che si introduce nelle nostre vite tramite la preghiera.Come comunica Dio e come è fatta la Sua voce? Come si fa a riconoscere e a sentire la voce di Dio? “. Il vangelo di Giovanni dice che le Sue pecore “…conoscono la Sua voce” (Giovanni 10:4). In quale modo? La Bibbia dice: “poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito” (Filipesi 2:13). Un’altra traduzione dice: “Perché Dio, nella sua bontà, agisce dentro di voi e vi rende capaci non soltanto di desiderare, ma anche di fare ciò che egli vuole” (Bibbia della Gioia). Un altra ancora dice: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (C.E.I.). Dio ci aiuta a volere e a metterci all’opera e ci ha donato la Sua potenza per fare la Sua volontà. Come fa a comunicare con noi? Lui influenza la nostra volontà in modo diretto. La rivelazione della Sua volontà in noi influenza la nostra. Perciò nel corso della nostra vita potremmo sentire l’impulso, il desiderio o una spintarella interna che ci fa voler fare una scelta che poi ci conduce a mettere in atto un’ opera o a prendere una decisione consona a Cristo e alle Sue vie. Allo stesso tempo sentiremo la “spintarella della carne” che in modi molto creativi ci farà venire in mente delle scuse per le quali non sarebbe giusto fare ciò che lo Spirito ci sproni a fare. Se l’azione che stiamo considerando è altruista e amorevole Dio farà in modo di inserire la Sua volontà all’interno della nostra, aiutandoci a desiderare di metterla in atto. Segue…