E’ importante come famiglia interagire insieme; per essere famiglia non basta soltanto abitare sotto lo stesso tetto. Tanti pensano che si stia vivendo ciò che significhi essere famiglia soltanto perché si abiti nella stessa casa; oggigiorno la nostra vita è piena di distrazioni derivate soprattutto dalla tecnologia, inoltre le nostre case sono più attrezzate per avere un luogo dove passare il tempo e svolgere attività ludiche, di crescita intellettuale, di intrattenimento, TV, video giochi e quant’altro. A volte si può anche essere nella stessa stanza ma senza comunicare l’uno con l’altro perché ogni persona è immersa nel suo mondo virtuale.
C’è qualcosa di molto bello nell’essere famiglia quando un’eventuale discussione, porta i componenti a sforzarsi per comprendersi, a trovare una soluzione, continuando ad amarsi. Ciò insegna ai figli di Dio, come imparare ad adoperarsi per l’unità. In questa serie abbiamo parlato di ciò che significhi vivere insieme come famiglia e non solo rimanere sulla teologia di ciò che significhi essere parte di una famiglia globale di fede chiamata chiesa, ma di imparare a metterlo in pratica, uniti. “Ecco, quanto è buono e quanto è piacevole, che i fratelli dimorino assieme nell’unità!” (Salmo 133:1). Non si tratta di un concetto teologico sull’unità e basta, la cosa straordinaria è quando i fratelli e le sorelle dimorano veramente insieme in unità; questo è il vero miracolo, dove il concetto dell’unità si concretizza. Cerchiamo di pensare a modi in cui possiamo applicare queste cose nelle nostre chiese in casa, e non solo.
Domanda: Ho difficoltà con ciò che è stato presentato in questi studi riguardo alla chiesa quando è stato detto che essa sia la fondamenta della verità e non le Scritture o Gesù. Potresti chiarire questo concetto? Gesù è perfetto e anche le Scritture, ma sappiamo bene che la chiesa non lo sia, perché avete affermato una cosa del genere?
Risposta: innanzitutto diciamo che noi abbiamo soltanto citato delle Scritture, ciò che abbiamo detto non è stata un’idea nostra. Nella prima lettera di Timoteo leggiamo che l’apostolo stia parlando della casa di Dio che è la chiesa del Dio vivente, “il pilastro e la fondamenta della verità”.
La domanda giusta, sarebbe: come mai le Scritture ritengono che la chiesa sia il pilastro e le fondamenta della verità? L’apostolo Paolo va più nel dettaglio su questo argomento in questi passi: “Voi dunque non siete più forestieri né ospiti, ma concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Gesù Cristo stesso la pietra angolare, su cui tutto l’edificio ben collegato cresce per essere un tempio santo nel Signore, nel quale anche voi siete insieme edificati per essere una dimora di Dio nello Spirito” (Efesini 2:19-22). Gesù fa parte delle fondamenta come pietra angolare e tutto ciò che Lui ha compiuto e compie lo fa collaborando con il Suo popolo. Gesù desiderava rivelare la Sua verità agli altri, così istruì gli apostoli e poi li mandò a predicare il vangelo. Dio non ha fatto cascare dal cielo il Suo libro sacro ma ci è stato dato tramite delle persone sante con cui Dio, ha collaborato. Dio avrebbe potuto dare ad ognuno di noi la nostra propria Bibbia per studiare da soli nella nostra lingua; avrebbe potuto creare la Bibbia in un modo miracoloso, ma non è stato così. Dall’inizio Dio scelse di operare tramite le persone fragili ed imperfette aiutandole a produrre, gestire, tramandare, tradurre e alla fine stampare la Bibbia. Dio ha deciso di rivelare le Scritture a noi tramite la comunità dei santi. L’unico motivo per il quale abbiamo la nostra propria Bibbia è perché la chiesa per duemila anni ha fedelmente lavorato in modo ispirato dedicandosi a preservare, tradurre e a stampare la Bibbia. Senza la chiesa la Bibbia non sarebbe esistita.
Sin dall’inizio, Dio, ha sempre scelto di operare tramite il Suo popolo. Noi siamo infatti collaboratori di Dio (1 Corinzi 3:9), un grande privilegio! Perciò non cerchiamo di incoraggiare le persone a leggere la Bibbia e basta ma piuttosto a stabilire una relazione con la comunità di fede che si raduna intorno alla Bibbia. Chi ha preservato leggendo le Scritture, continua ad imparare da esse e dagli altri. Cerchiamo di non separare mai l’approfondimento delle Scritture, dalla comunità di fede. Le Scritture non sono mai state concepite per essere studiate individualmente, ma come corpo.
Domanda: Se dovessimo considerare la nostra comunità di fede come una famiglia, non pensi che sarebbe giusto chiamare chi è alla guida “padre” o in qualche titolo del genere?
Risposta:
Non c’è nulla di sbagliato con i termini come “padre”, “insegnante” o “pastore” ma Gesù ci ha avvertiti che i leader religiosi sarebbero stati tentati ad utilizzare detti titoli per esaltare loro stessi elevandosi al di sopra della gente comune.
Gesù disse che sarebbero stati tentati a ritenersi soltanto loro, speciali; aggiunse che non sarebbe stato il massimo, in un’esperienza famigliare avere qualcuno che si innalzasse come guida o che prendesse potere sugli altri. Diversi storici sostengono che Gesù fu un fariseo ma che si distinse da loro, in tanti aspetti. Gesù sperava in un cambiamento da parte dei farisei dato che essi amavano molto, le Scritture. Infatti Gesù chiese ai Suoi discepoli di dare ascolto ai farisei ma di non seguirne il loro esempio;essi insegnavano le Scritture e ciò era positivo, ma erano ipocriti nella loro applicazione. Gesù incoraggiò i discepoli ad imparare ciò che potevano dai farisei, ma senza copiare i loro comportamenti. “Fanno tutte le loro opere per essere ammirati dagli uomini; allargano le loro filatterie e allungano le frange dei loro vestiti. Amano i posti d’onore nei conviti e i primi posti nelle sinagoghe, e anche i saluti nelle piazze, e di sentirsi chiamare dagli uomini rabbi, rabbi” (Matteo 23:5-7). Le tre cose che Gesù evidenziò in quei passi era che i farisei ci tenevano ad indossare dei vestiti particolari, ad avere dei posti a sedere riservati a loro e dei saluti speciali. Non c’è niente di sbagliato nel vestirsi in un certo modo, nel sedersi in un posto particolare o nell’ utilizzare certe parole ma erano tre cose che i leader religiosi stavano utilizzando per esaltare loro stessi. I loro vestiti avevano degli ornamenti particolari che denotavano che fossero degli uomini santi e speciali, avevano dei posti a sedere riservati a loro nelle sinagoghe dove potevano guardare dall’alto verso il basso, il resto della congregazione ricordando a tutti chi fosse alla loro guida; per ultimo avevano dei saluti particolari ai quali ci tenevano molto e anche ad essere chiamati con certi titoli. Desideravano essere chiamati “rabbi” o “signore”. Alcuni protestanti criticano i cattolici perché essi chiamano i sacerdoti “padre” non considerando che anche loro chiamano i loro leader “pastore” o qualsiasi titolo uno possa dare agli altri per distinguerli dal resto delle persone. Posso sempre capire la provenienza religiosa di una persona che ci frequenta, di solito gli è stata inculcata l’importanza d rivolgersi sempre al loro leader precedendo il loro nome con un titolo. I cattolici di solito non hanno questo problema perché non vedono nelle nostre comunità di fede la figura di un prete. Invece chi proviene da un passato protestante si rivolge a me di solito dandomi del “pastore”. Io di solito chiedo loro di chiamarmi soltanto con il mio nome perché penso che sia ridicolo chiamare le persone precedendo il loro nome con un titolo, “cameriere Giovanni”, “infermiera Susanna”, “giardiniere Simone”, e via dicendo. Io svolgo un ruolo pastorale e di insegnamento in questa chiesa ma non ho bisogno di essere salutato in modo speciale o di indossare dei vestiti particolari o di sedermi in un certo posto per innalzare me stesso. Gesù ci avvertì al riguardo perché non è salutare che i leader si comportino in quel modo. “Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: Il Cristo, e voi siete tutti fratelli” (Matteo 23:8).
Domanda: C’è una differenza tra l’essere parte del corpo di polizia o dell’esercito? Uno si dedica alla difesa interna ed è utile per la nostra società mentre l’altro è una forza offensiva che combatte contro altre nazioni.
Risposta: Penso che sia una domanda interessante. Forse ad un certo punto alcuni hanno differenziato nelle loro menti un corpo dell’ordine dall’altro, ma ritengo che non sia giusto questo confronto. Pensare che il corpo della polizia si occupi di servire la comunità e di proteggerla mentre ritenere che chi faccia parte dell’esercito desideri soltanto aggredire gli altri ed ucciderli sarebbe sbagliato. La maggior parte di chi fa parte dell’esercito sono delle persone che hanno a cuore mantenere la pace e spesso desiderano partecipare a missioni di difesa e di stabilizzazione della società. Io non farei delle distinzioni per quei motivi.
All’interno dei circoli della “terza via”, abbiamo sempre ritenuto che fosse giusto morire per una causa, offrire la propria vita ma mai uccidere per essa. Comprendiamo che non siamo d’accordo con la maggior parte del mondo cristiano ma è la nostra convinzione. Cerchiamo lo stesso di essere famiglia però insieme a coloro che non la pensano come noi.
Domanda: Se siamo sposati, dobbiamo per forza avere dei figli? Il comandamento contenuto nel libro della Genesi riguardo la procreazione si applica ancora a noi?
Risposta:
Su questo tema esiste un’enorme varietà di opinioni. La nostra comprensione è che il comandamento sulla procreazione della Genesi fosse stato sostituito da un nuovo comandamento. Nel Nuovo Testamento ci è stato dato il grande mandato e l’enfasi non è posto sull’avere dei figli fisici ma nell’avere dei figli spirituali e a vivere il grande mandato come famiglia insieme. Il matrimonio sotto il Nuovo Patto non è più il mandato del Vecchio Patto; infatti lo status di single viene esaltato tanto come il matrimonio. Se uno è sposato ha la scelta di avere dei figli o no, non siamo sotto la legge ma sotto la grazia e va sotto un Nuovo Patto. Dato che lo status di single è stato incoraggiato da Gesù e dall’apostolo Paolo certamente l’assenza dei figli non è una mancanza nel vivere il mandato cristiano.
Domanda: Il matrimonio è qualcosa che sperimenteremo soltanto in questa vita o qualcosa che continueremo a vivere per l’eternità?
Risposta: Per rispondere a questa domanda prima volevo commentare un passo che si trova nel vangelo di Matteo. Il passo parla dei sadducei, un gruppo religioso del primo secolo che si distingueva dai farisei in diversi punti. Uno di questi punti era la loro veduta delle Scritture; i sadducei ritenevano che soltanto i primi cinque libri dell’Antico Testamento fossero Scrittura (il Pentateuco di Mosè). Essi non accettavano i libri dei profeti o gli altri libri scritti dopo. Le loro dottrine erano molto limitate perché erano ristrette soltanto a quei cinque libri. L’enfasi dei primi cinque libri della Bibbia sta sul come vivere la vita presente e come la legge data a noi tramite Mosè dovrebbe essere vissuta nella vita quotidiana. I sadducei non credevano in una vita dopo la morte perché le loro Scritture non ne parlavano; una rarità all’interno dei movimenti religiosi mondiali…un gruppo di teisti che non credeva in un esistenza dopo la morte. Loro insegnavano che la vita presente fosse il tutto e che Dio ci avesse creati per vivere le nostre esistenze nel momento presente; quindi che si doveva servire Dio e ricevere le Sue benedizioni o punizioni soltanto in questa vita. La vita presente dimostrava se uno fosse benedetto o maledetto. I sadducei spesso prendevano in giro i farisei e chiunque credesse nell’eternità e così spesso usavano dei rompicapi per ribadire il loro credo ed evidenziare la “sciocchezza” di credere nell’eternità. ” In quello stesso giorno vennero da lui i sadducei, i quali dicono che non vi è risurrezione, e lo interrogarono, dicendo: «Maestro, Mosè ha detto: “Se qualcuno muore senza avere figli, suo fratello ne sposi la moglie, per dare una discendenza a suo fratello”. Ora, c’erano tra noi sette fratelli, il primo dopo essersi sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo e il terzo, fino al settimo. Per ultima, morì anche la donna. Alla risurrezione, dunque, di chi dei sette costei sarà moglie? Poiché tutti l’ebbero come moglie». Ma Gesù, rispondendo, disse loro: «Voi sbagliate, non comprendendo né le Scritture né la potenza di Dio.
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