L’ecclesiologia è lo studio sulla Chiesa, la comunità dei credenti in Cristo. L’enfasi di questo studio sarà sul tema dell’unità e sugli aspetti pratici di ciò che significa metterla in pratica sia tra di noi che a livello globale con il resto delle altre chiese e denominazioni appartenenti al corpo di Cristo. Approfondiremo come possiamo apprezzare la vastità e la bellezza della chiesa che Gesù ha radunato insieme. Cercheremo di rispondere alla domanda: “qual è il mio posto in tutto questo?”

Giovanni Calvino e John Wesley sono due teologi esemplari. Giovanni Calvino enfatizzava l’importanza della verità a tutti costi. John Wesley affrontando lo stesso tema decise di enfatizzare l’unità; sul cuore che abbraccia i fratelli e le sorelle che non sono necessariamente d’accordo con la posizione dottrinale di fede che uno sostiene. Con queste parole non intendo dire che a Giovanni Calvino non interessasse l’unità o che la verità non fosse importante per John Wesley. Giovanni Calvino scelse di evidenziare l’importanza di combattere per la verità al punto di dividersi dagli altri se necessario. La posizione di John Wesley invece divergeva sostenendo che anche nei momenti di disaccordo quando si ritiene che l’altro fratello sbaglia la croce di Cristo può comunque unirci. Secondo Wesley è importante cercare delle opportunità per esprimere l’unità anche quando non siamo d’accordo su ciò che sia per noi la verità. Noi come anabattisti appartenenti alla denominazione “Essere in Cristo” abbiamo scelto di attingere più dagli insegnamenti di John Wesley. Anche se apprezziamo il pensiero di Giovanni Calvino e ciò che ha contribuito al corpo di Cristo ed alla teologia cristiana non siamo calvinisti. Per noi enfatizzare l’unità è importante anche se questo ovviamente non a costo della verità o facendo finta di concordare su tutto. Riteniamo che anche se non siamo d’accordo con certe cose possiamo essere d’accordo sul fatto che la croce di Cristo ci unisce come famiglia. Ciò verrà riflesso nei nostri insegnamenti.

Wesley disse che la chiave verso l’avvicinarci a detta unità per un cristiano è avere un cuore giusto. L’ortodossia o credo, fu un tema che Giovanni Calvino ebbe molto a cuore; l’ortoprassi è la dimensione “pratica” della verità cristiana, cioè come viviamo la nostra fede. L’ortocardia o l’ortopatia nelle parole di Wesley consiste nell’avere un cuore giusto ed è l’anello mancante per tanti. Vivere in Cristo non si limita all’imparare o al fare ma considera anche la forma che prende il nostro atteggiamento verso gli altri, com’è stata modellata la nostra attitudine dalla croce di Cristo? Questo è un principio che desideriamo tenere al centro di questo studio.

La parola “chiesa” deriva dal termine “ecclesia” in greco originale. La chiesa è il raduno di persone con un proposito; sono delle comunità di fede che agiscono come ambasciate del Regno di Cristo. Noi rappresentiamo la cultura, il Regno e la nazione di Gesù al resto del mondo. Vorremmo essere delle comunità dove le persone possono toccare con mano com’è il Regno di Dio; dove possono sperimentare la cultura, il sapore e l’ethos di ciò che significa vivere all’interno del governo di Cristo. Essere una chiesa in salute è parte della missione della chiesa perché ci aiuta a funzionare meglio e a compiere la nostra missione di invitare gli altri a stare insieme a noi. Siamo imperfetti e spesso sbagliamo ma allo stesso tempo si dovrebbe vedere come Gesù ci sta aiutando a vivere in un modo diverso.

L’idea dell’ecclesia è qualcosa che Gesù ha dato vita nel nostro intendimento. Il termine “ecclesia” significa il raduno di qualsiasi gruppo di persone con un proposito; il proposito potrebbe essere di natura politica o di qualsiasi altro tipo. Gesù però ha infuso questo termine di un altro significato. Sono cosciente del fatto che quando utilizzo la parola “chiesa” che alcuni di voi pensate che mi stia riferendo all’istituzione della chiesa o ad una organizzazione ma non è il significato che Gesù gli ha dato. Secondo gli insegnamenti di Cristo la “chiesa” è il raduno delle persone e ciò può prendere diverse forme; c’è chi lo vive in modo strutturato e chi no ma l’importante è ricordare che dove due o tre sono radunati con l’intenzione di riconoscere di essere “famiglia”; è lì che Gesù desidera stare e far sì che la sua benedizione possa fluire dall’uno verso l’altro. Dio è amore e relazionalità in un unico essere. Dio si esprime tramite le relazioni con i portatori della Sua immagine e desidera operare tramite la chiesa. Abbiamo spesso sbagliato e Dio non ci ha mai mollato. La chiesa diventa il proposito e il mezzo tramite il quale Lui cerca di portare dei cambiamenti in questo mondo.

Il seguente versetto parla a riguardo ciò che la croce di Cristo compie: “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due popoli uno e ha demolito il muro di separazione, avendo abolito nella sua carne l’inimicizia, la legge dei comandamenti fatta di prescrizioni, per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo, facendo la pace,  e per riconciliare ambedue con Dio in un sol corpo per mezzo della croce, avendo ucciso l’inimicizia in se stesso” (Efesini 2:14-16). Le differenze religiose furono cancellate dalla croce e ora possiamo essere famiglia gli uni con gli altri. Un messaggio molto rilevante per i nostri giorni. Gentili ed ebrei siamo uniti e riconosciamo che la nostra separazione sia un’illusione; la nostra unione esiste grazie a Gesù. Questo concetto si applica a qualsiasi divisione possiamo covare dentro di noi, tutti abbiamo qualcuno o qualcosa che tendiamo a tenere lontano; potrebbe essere un certo gruppo di persone o di individui che non ci piacciono perché di nazionalità diversa o perché non appartengono alla nostra classe sociale o perché non ci stanno simpatiche. Di solito si tende a giudicarle o stereotiparle…la croce di Cristo demolisce quei muri di divisione e ci aiuta ad esprimere la nostra diversità come parte di un’unica famiglia, che è il Suo obbiettivo. L’espiazione di Cristo dovrebbe essere espressa in comunione salutare della chiesa (gruppo dei credenti).

La chiesa diventa un corpo, una sposa, una famiglia, un tempio e una tribù nella misura in cui le persone e le chiese vivono questi principi. Se non si vive l’unità stiamo in realtà trattenendo la missione di Gesù nel mondo oggi. La chiesa tristemente non ha agito nel modo giusto da tanto tempo cercando di isolarsi l’uno dall’altro. Ci sono delle persone che affermano di amare Gesù e Dio e che dichiarano di non aver bisogno del corpo della chiesa per vivere la loro fede. Sono cosciente che molti sono stati feriti dalle chiese e perciò hanno bisogno di una pausa lontano da tutti e tutto e ciò è comprensibile. E’ importante non rimanere impallati in quella posizione però, farlo porta a chi segue quella strada in una avventura a mancare il bersaglio. Lo scopo della croce non è limitato ad aiutarci a relazionarci con Dio in modo individualistico ma ad aprirci e relazionarci con tutti, almeno con il corpo di credenti che chiamiamo chiesa.

La chiesa ha sempre trovato dei modi per dividersi nel corso della storia. Siamo stati chiamati a lavorare insieme, questa è una priorità per Dio. La Bibbia parla dell’importanza delle Scritture e siccome uno può facilmente acquistarne una, come mai c’è bisogno di una comunità di fede o chiesa? Le Scritture non rappresentano ciò che ci nutre e ci fortifica? I protestanti e i cattolici hanno dei concetti diversi riguardo il ruolo della relazione tra la chiesa e la Bibbia.

Prima di andare avanti vorrei dire che noi anabattisti siamo un gruppo di cristiani piccolissimo confronto al mondo cattolico, protestante o ortodosso. Ciò che abbiamo in comune è la croce di Cristo che ci unisce come famiglia. Tutti questi gruppi di cristiani hanno diversi punti in comune e delle diversità. Alcuni di voi vi chiederete se noi anabattisti siamo stati parte del cerchio protestante; vorrei chiarire che non lo siamo. Al tempo della Riforma eravamo considerati una terza via cioè, ne cattolici ne protestanti, lo sappiamo benissimo perché sia i cattolici sia i protestanti ci uccidevano. Non eravamo benvenuti da nessuno dei due. Era chiarissimo che eravamo diversi.

Tornando al discorso di prima, abbiamo qualcosa in comune sia con i protestanti che con i cattolici. Sul tema della relazione tra le Scritture e la chiesa i nostri fratelli protestanti ritengono che le Scritture devono avere la priorità nella formazione spirituale. Per esempio “Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera” (2 Timoteo 3:16). Come possiamo essere “completi”? Tramite lo studio delle Scritture. La dottrina della sufficienza delle Sacre Scritture nacque da quel principio, ciò significa che le Scritture bastano per completarci. Il versetto che abbiamo appena letto è la fondamenta dello slogan protestante di “Sola Scriptura”. Secondo loro mettere la Bibbia alla portata di tutti avrebbe “completato” gli uomini e li avrebbe attrezzati spiritualmente.

I nostri fratelli cattolici evidenziarono che i protestanti stessero leggendo quel passo dal punto di vista dei goyim o gentili (persone non ebraiche) invece di prendere in considerazione la veduta dei credenti ebraici del primo secolo e di come avrebbero interpretato quelle parole. Timoteo dopo aver ricevuto quella lettera avrebbe compreso che l’apostolo Paolo stesse ricordando loro che le Scritture sono in grado di completarci ma in quale modo? Consideriamo che la maggior parte dei cristiani del primo secolo erano analfabeti e non possedevano una Bibbia. Gli unici a possederle erano le persone ricche. Perciò “completarsi” con le Scritture per loro significava frequentare una comunità di credenti o una chiesa dove poter imparare le Scritture insieme agli altri fratelli e sorelle. Un concetto ovvio in quel contesto storico. Il compito della chiesa in quei giorni era quello di scrivere le Scritture sotto l’ispirazione dello Spirito Santo; di fare delle copie e di preservarle. Più tardi la chiesa canonizzò le Scritture, le stampò e le tradusse. La Bibbia è sempre esistita all’interno della comunità dei credenti; l’idea di prendere delle Scritture individualmente era un concetto lontano dalla mentalità di quei giorni. I cattolici hanno voluto sottolineare il bilancio a quel passo biblico menzionando il versetto che Paolo aveva scritto a Timoteo nella sua prima lettera: “affinché, se dovessi tardare, tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Timoteo 3:15). Il tipo di linguaggio utilizzato in questo passo con riferimento alla Chiesa è lo stesso tipo di linguaggio che i protestanti utilizzano per parlare delle Scritture. Cioè per i cattolici la colonna e sostegno della verità è la chiesa e per i protestanti le Scritture. Su questo punto in particolare noi come movimento la pensiamo come i cattolici. Ciò che è diverso è che noi a differenza dei cattolici abbiamo una comprensione diversa di ciò che significa essere chiesa. Per i cattolici la chiesa è pienamente espressa tramite una esteriorizzazione istituzionale. Per noi invece “chiesa” è ovunque due o tre sono riuniti nel nome di Gesù ovunque essi si trovino. Perciò come movimento abbiamo una comprensione organica del termine “chiesa”; anche se definiamo “chiesa” in un modo diverso da gran parte delle altre denominazioni. Concordiamo che la chiesa sia un concetto fondamentale per la nostra crescita spirituale. La chiesa è dove ci raduniamo attorno le Scritture cercando di applicare il concetto dell’ermeneutica comunitaria. Desideriamo dare ascolto al corpo di Cristo ed essere il corpo di Cristo insieme mentre approfondiamo la Bibbia.