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La “zoeologia” (tradotto letteralmente dal inglese “zoeology”) significa lo “studio della vita”. E’ un termine che proviene dal greco, “zoe” significa “vita” e “ologia” “lo studio di”. Riteniamo che non basti limitarsi a studiare un concetto astratto, ma che sia fondamentale vivere e applicare, ciò che studiamo. Allo stesso modo, crediamo che studiare la Bibbia non sia sufficiente, se non la applicassimo poi, alla nostra vita, ovvero se non imparassimo a divenire come Gesù per poter poi, vivere come Lui visse. Questo principio è tra i più importanti nella nostra interpretazione teologica.
Di seguito riporterò la testimonianza di Jarrod Mckenna, un ragazzo australiano molto in gamba che vive la sua fede in modo particolare.
(Jarrod: ) Ho appena vissuto una settimana formidabile insieme a James Lawson, un ottantacinquenne eccezionale! Martin Luther King alla vigilia della sua morte chiamò James Lawson il più grande tattico e stratega della non-violenza nel mondo. Lui diresse i workshops, nei quali Martin Luther King applicò in modo pratico nella vita, la sua conoscenza riguardo la non-violenza. James Lawson ritiene che la nostra formazione avviene sul “fronte di battaglia”, ovvero nella nostra quotidianità in modo pratico; così vorrei approfondire questo concetto applicandolo a noi. Cosa si intende con “il rispondere sul fronte” alla chiamata di Dio?
La mia valigia è un’ottima illustrazione per il concetto che vorrei presentare. Una valigia serve per trasportare gli indumenti che poi ci servono, indossandoli. Nello stesso modo, Dio desidera vederci rivestiti di Cristo.
John Dear, gesuita, nominato come premio Nobel per la pace dall’arcivescovo Desmond Tutu è un mio caro amico. Un giorno venne a visitare l’Australia e io sono andato a trovarlo. Lui era uno di miei eroi, quindi, fu un momento speciale per me. I gesuiti sono considerati gli intellettuali dei cattolici, così, approfittai dell’occasione per fargli delle domande: “Come spiegherebbe lui la storia del Vangelo in poche parole?” “Cosa vuol dire seguire Gesù?” Mi aspettavo una risposta molto complicata e altamente filosofica. Eravamo sulla sponda di un lago e John mi rispose con i piedi immersi nell’acqua: “Jarrod, io rivolsi la stessa domanda a mio fratello Daniele”. Una risposta sorprendente dato che come gesuita mi sarei aspettato una risposta molto più elaborata. Diversamente da quello che mi aspettassi, lui fece riferimento al suo mentore nonostante la sua vasta preparazione teologica e poi aggiunse: “Si tratta di trovare la nostra storia nella storia di Dio e la storia di Dio nella nostra”. Cioè, quando apriamo la valigia delle Scritture e le approfondiamo, in un certo senso troviamo noi stessi in esse. L’unica Scrittura che la maggior parte delle persone leggerà, siamo noi. La nostra vita dovrebbe essere un esempio vivo di ciò che significhi mettere in pratica i principi che sono contenuti nella Bibbia.
Il punto di vista ellenistico greco mette al centro della ricerca filosofica l’essenza e se ciò fosse rappresentato da un cerchio, essa sarebbe il suo nucleo. Grandi opere letterarie venivano riassunte e si cercava di estrapolare il concetto fondamentale da esse. Direi che si trattasse di un buon principio da seguire. Cioè, se qualcuno ci chiedesse di voler sapere di più riguardo a Dio e noi cercassimo di presentargli il Vangelo non sarebbe una buona idea leggergli tutta la Bibbia dall’inizio alla fine.
La visione del mondo contenuta nelle Scritture è una visione ebraica, dato che gli autori e la maggior parte dei personaggi erano di quella nazionalità. La visione del mondo ebraico diverge dalla visione greca perché se la ricerca filosofica fosse rappresentata da un cerchio, loro invece di concentrarsi sul nucleo, si concentrerebbero sulla circonferenza. Questo perché per loro ciò che si trova nel mezzo del cerchio, è il mistero di Dio che poi si apre alle persone. Invece di estrapolare l’essenza di un discorso gli ebrei cercano di argomentare utilizzando esempi da diverse parti, dei loro libri sacri. Per esempio, se un rabbino cercasse di convincere gli altri rabbini del suo pensiero, lui si limiterebbe a citare parti dei loro testi sacri per sostenere la sua visione. Chi non la pensasse in quel modo argomenterebbe utilizzando citazioni degli stessi testi sacri per cercare di presentare il pensiero opposto. Perciò, penso che il meglio sarebbe adottare degli elementi positivi da entrambe queste posizioni. Cioè, estrapolare l’essenza del pensiero cristiano concentrandolo in Cristo (visione ellenistica greca) per poi partire dal punto di convergenza (Gesù) e aprirci agli altri (veduta ebraica).
Un’ottima illustrazione del pensiero ebraico è quando il re Salomone disse: “Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza, per non diventare anche tu come lui” (Proverbi 26:4) e il passo seguente disse: “Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza, perché non creda di essere saggio” (Proverbi 26:5). Questi versetti che sembrano contraddirsi sono stati inclusi uno dopo l’altro perché (per il pensiero ebraico), entrambi i concetti sono uniti dal mistero di Dio, cioè, dalla Sua saggezza. Nei primi due capitoli del libro della Genesi si approfondisce la verità della realtà della bontà di Dio in una lettura poetica dove si studia il mistero della vita.
“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, poiché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Giovanni 4:7,8). Alcuni pensano che tutto si possa riassumere in quelle parole: “Dio è amore” ma non è proprio così. L’autore era ebraico e perciò voleva comunicare che il mistero che è Dio è l’amore, e che quel mistero non sia qualcosa che si possa comprendere da un punto di vista umano; ma dalla Sua contemplazione, rimanerne stupiti. “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati” (1 Giovanni 4:8-10). In questa lettura di Giovanni possiamo vedere come l’autore avesse abbracciato la visione greca, ovvero di concentrare tutto un concetto in un nucleo, affermando che “Dio è amore”. In un altro passo invece trasmise la visione ebraica dicendo: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli” (1 Giovanni 3:16). Un’applicazione pratica di come vivere ciò che Dio ha fatto per noi. Quindi, la storia di Dio diventa la nostra, così che le persone possano dare uno sguardo alla loro vita e si possano domandare, “Come mai siete così diversi?” “Perché avete adottato un modo di vivere così particolare?” “Come mai includete nella vostra famiglia persone di ogni tipo?'” “Come fate a parlare con quella persona che non è vista bene dalla nostra società?”. Dovremmo essere sempre “pronti a rispondere alla nostra difesa a chiunque ci domandi spiegazione della speranza che è in noi” (1 Pietro 3:15). La nostra vita dovrebbe essere vissuta in un modo così bello da suscitare curiosità nelle persone.
In Australia la mia famiglia è alla guida di un progetto chiamato Home Project (Progetto casa). Ci era stato chiesto di aprire una casa famiglia che potesse dare un buon esempio di accoglienza agli immigrati. L’Australia come nazione è stata condannata dall’ONU negli ultimi anni per il maltrattamento verso gli immigrati e molto criticato a livello mondiale per le misure istituite ai minori non accompagnati.
Al momento la nostra famiglia ha accolto diciassette immigrati nella nostra proprietà. Vorrei approfondire come Dio ha operato nella nostra vita e famiglia. Sappiamo bene che la salvezza avviene soltanto tramite Cristo perciò la mia famiglia e io siamo consapevoli che non siamo i salvatori di nessuna delle persone che abbiamo accolto. Una persona che ora è con noi si chiama Agnes e lei ama Gesù tantissimo. Il suo più grande bisogno, è di trovare dei fratelli e delle sorelle, con le quali poter riversare questo Amore e sentirsi in empatia con loro. Quando Agnes aveva dieci anni lei era solita raccogliere dei funghi mentre andava a scuola; lei lo faceva perché suo padre gli aveva detto che quell’anno sarebbe stato il suo ultimo anno di scuola. La sua famiglia aveva bisogno di lei per mungere le capre. Perciò, dopo aver finito le faccende in casa il sabato mattina all’alba lei usciva di corsa verso il mercato prima che i suoi genitori iniziassero a lavorare per vendere i funghi che aveva raccolto durante la settimana. Alla fine dell’anno, Agnes aveva messo da parte abbastanza soldi per pagare per la sua propria educazione e così scappò di casa e si diresse in Ruanda. In quella nazione raggiunse suo zio e sua zia; loro la ospitarono e lei tornò a frequentare la scuola. Agnes non ha bisogno di un salvatore umano perché ha dimostrato di essere una persona eccezionale e forte. Questo, nonostante l’aver presenziato impotente alla morte di uno dei suoi bellissimi bambini durante la grande guerra dell’Africa. Lei loda, balla e ringrazia Dio di continuo. Io non sono il salvatore di Agnes, in realtà lei è parte della mia salvezza. Vivere vicino a lei mi ha permesso di sperimentare il Vangelo tramite la sua persona. Ho realizzato che la nostra esistenza non si dovrebbe incentrare sul diventare delle persone brave e meravigliose ma piuttosto sul “compiere la nostra salvezza” (Filippesi 2:12). Il segreto del nostro successo consiste nel divertirci mentre lavoriamo insieme. Confesso che non è facile ma posso garantirvi che ne vale la pena perché siamo veramente felici. “Se siete venuti qui pensando di darmi una mano, vi devo dire che state perdendo il vostro tempo. Invece se la vostra presenza qui è frutto della realizzazione che la vostra liberazione è collegata alla mia, allora possiamo lavorare insieme”. (Lily Watson, rappresentante degli aborigeni australiani). Cristo ci salva e siamo salvi per grazia con il proposito di poter metterci all’opera. Non siamo salvi per mezzo delle opere ma siamo salvi per grazia e questa grazia ha il compito di aiutarci a darci da fare per Dio.
Quando diciamo di sì a Gesù e decidiamo di fare ciò che ci chiede possiamo essere tentati a pensare che tutto sia molto difficile e che il costo sia troppo alto. Prima di un viaggio, di solito, si sperimenta la gioia della preparazione perché si pensa al divertimento che si avrà; quando si arriva di solito si tira fuori il contenuto delle nostre valigie per poter utilizzare ciò che abbiamo portato per quel viaggio. Quella illustrazione rappresenta molto bene ciò che dovremmo fare con le nostre dottrine, come con i vestiti, dovremmo indossarle. Dovremmo rivestirci di Cristo e divertirci.
Un giorno Sofo, il figlio di Agnes di sei anni, uscì insieme a mia moglie per andare in farmacia. Sofo e sua madre vengono dal Congo. Un anziano si avvicinò a lui e gli chiese “Da dove vieni?” e lui rispose a voce alta: “sono cinese!”. L’anziano dopo aver riso insieme a lui gli diede una monetina. Mia moglie chiese a Sofo cosa avrebbe fatto con i suoi soldini e lui rispose che avrebbe comprato tantissimi palloncini. La bellezza dei bambini!
La proprietà dove abitiamo è un ex laboratorio di cristalli di metanfetamina che abbiamo ristrutturato. Il lunedì alle nove del mattino facemmo un deposito per firmare il contratto. Lo stesso giorno una banca ci chiamò per dirci che per motivi di ristrutturazione stavano cambiando tutta la loro mobilia, quindi che potevamo prendere tutto ciò che ci servisse. Perciò nello stesso giorno abbiamo dato la cauzione per la proprietà e ottenuto la mobilia che ci serviva tranne i letti. Quando ho aperto il mio portatile trovai due messaggi da parte di miei cari amici dall’altra parte dell’Australia che mi dicevano che stavano lasciando il loro ministero come noi, per aprire una casa famiglia…la stessa cosa che stavamo facendo anche noi. Questo è ciò che significa aprire la nostra valigia e “indossare” i vestiti. Mentre eravamo ancora lì a leggere i messaggi, il campanello della porta di casa suonò e si presentò una persona che non conoscevamo dicendo che il Signore le aveva messo nel cuore di donare 5000 dollari per la nostra causa. Noi eravamo stupiti.
A quel punto eravamo sicuri che le banche ci avrebbero dato il via per un mutuo ma non è stato così; la nostra richiesta fu rifiutata da ben quattordici banche. Io ero in lacrime, perché avremmo perso la cauzione e non avremmo potuto realizzare il nostro sogno. Quando ci siamo riuniti quella sera per pregare qualcuno ricevette dal Signore che quel momento era un “momento Lazzaro” e che anche se sembrava che tutto fosse buio e senza speranza, avremmo presto testimoniato la risurrezione specificando anche che la gloria del Signore avrebbe brillato ancora di più nell’undicesima ora. Il miracolo è che due settimane dopo tramite i mezzi filantropici delle reti sociali di raccolta fondi abbiamo ricevuto l’intera somma di cui avevamo bisogno per il mutuo! La cosa incredibile è che 5 minuti prima dello scadere del tempo abbiamo ricevuto una donazione che coprì l’intera somma proprio nell’undicesima ora.
Non so quale potrebbe essere il vostro “momento Lazzaro” ma portare con voi una valigia spirituale con tutto ciò che vi occorre per il vostro viaggio della vita è un buon inizio. Le Scritture ci invitano a vedere oltre, tramite gli occhi della fede; le persone analfabete possono avere accesso all’educazione; le poche monete possono moltiplicarsi nel bisogno; i luoghi brutti possono diventare belli e i reietti della società ai nostri occhi sono dei preziosi figli di Dio. Dio ha fatto lo stesso con noi. Apriamo le nostre valigie, imbarchiamoci nell’avventura del discepolato!
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