Una volta che affermiamo che il male esista nel mondo dovremmo chiederci, come si fa a sapere che il male esista? Da dove proviene quell’impulso? Cosa ci fa pensare che qualcosa sia cattiva o sbagliata? Ad esempio non si pensa che il regno animale sia buono o cattivo, corrotto moralmente o giusto; si ritiene che il comportamento animale sia quello che è e che, quando si uccidono tra di loro, tutto questo sia naturale. Noi esseri umani possediamo un senso innato del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e questo presenta un problema, al problema del male. Una volta che si ammette che il male esista dobbiamo chiederci da dove provenga quel concetto. A quale arbitro dovremmo appellarci?
Anche il bene presenta un problema, è giusto chiamare qualcosa, buono? A livello intuitivo però, tutti possediamo un senso che ci dice che il male ed il bene esistano. Quando qualcuno ci aggredisce o ci tradisce sentiamo che ci è stato fatto un torto, non si pensa che sia un comportamento naturale come nel caso del regno animale. Crediamo che ci sia il bene ed il male il giusto e lo sbagliato in questo mondo, e abbiamo l’impressione che qualcosa non vada. Si può percepire che qualcosa sia sbagliata soltanto se si ha la concezione di dove dovremmo essere o di quale sia la cosa giusta da fare. Da dove proviene questo senso? C.S. Lewis (uno scrittore) disse che quando una persona cade nell’acqua, essa si sente bagnata perché non è un animale acquatico e che quella sensazione non potrà mai essere percepita da un pesce. Seguendo lo stesso parallelo, noi esseri umani siamo “caduti nell’acqua” di questo mondo, un mondo che non era stato progettato per noi, un mondo dove desideriamo ardentemente il bene e ci si accanisce contro il male. Se l’evoluzione fosse l’unica fonte da cui trarre una spiegazione per la nostra esistenza allora quei concetti non avrebbero più senso; dovremmo essere dei pesci nell’acqua che pensano di vivere in un mondo normale che non è né buono né cattivo.
Da un punto di vista cristiano comprendiamo che il Dio che invochiamo, che interroghiamo o che magari stiamo accusando, Colui a cui ci rivolgiamo in preghiera e al cui urliamo è il Dio che ha scelto di diventare la vittima più grande, del male. Lui è il Dio che ha sofferto insieme a noi infinitamente. L’immagine e la comprensione che abbiamo di Dio è fondamentale nella nostra percezione del dolore e della sofferenza. Avendo un’immagine sbagliata di Dio, sperimenteremmo una disconnessione emotiva nonchè un’onda demotivante di separazione, se pensassimo che Dio sia un Dio indifferente, al nostro dolore. Dovremmo acquisire una giusta comprensione di Colui che infonde in noi passione e desiderio di avvicinarci a Lui, mentre andiamo avanti.
“La risposta migliore al problema del dolore non meritato è questa: con Gesù, Dio è venuto a noi per condividere il nostro dolore. Dio non è un accademico assente che scrive libri riguardo al tema della sofferenza in modo distaccato, ma si è coinvolto sperimentando il dolore più estremo. Noi adoriamo un Dio sofferente”. (Michael Green, scrittore, teologo e apologeta inglese).
Questo concetto non risponde a tutti gli interrogativi ma è la migliore risposta che si possa dare.
Spesso si ha difficoltà a credere che Dio stesso abbia sofferto attraverso la Persona di Cristo. La Bibbia evidenza questo fatto in molti versi. “Poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione” (2 Corinzi 5:19). In quel momento Dio era “in Cristo” mentre riconciliava il mondo a sé. “Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio” (Giovanni 1:1). La Parola era una figura distinta da Dio ma allo stesso tempo era Dio. “Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere ” (Giovanni 1:18, Nuova Riveduta). Gesù è in Dio, contenuto in Lui. L’unigenito Dio è nel seno del Padre, fuoriuscito dal Suo petto, Gesù è il cuore di Dio. E’ il Dio all’interno di Dio che fuoriesce dal Padre e viene a noi. Altre traduzioni della Bibbia dicono “l’unigenito Figlio” invece di “l’unigenito Dio”, qual è la traduzione giusta? Dopo una profonda ricerca si scoprì che il testo originale delle traduzioni che dicono “unigenito Figlio” è un testo di una traduzione greca del Nuovo Testamento fatta più tardi. I manoscritti più antichi del Nuovo Testamento di cui esiste un grande numero, confermano la traduzione che dice che Gesù è Dio nel seno del Padre. E’ molto probabile che gli scribi abbiano cambiato quella parola per allineare questo versetto al passo di Giovanni 3:16 che parla dell’unigenito Figlio di Dio. In un modo o nell’altro questo passo afferma la deità di Cristo e la Sua origine. Chiamarlo il Dio all’interno del Padre è qualcosa di affascinante. In altre parole, questo passo dimostra che il mito che la Prima Chiesa ritenesse che Gesù fosse stato un Messia ebraico, un Re, un governatore, un bravo maestro, un profeta, qualcuno che insegnava la verità e che più tardi la chiesa istituzionale lo deificò facendolo diventare un Dio non sia vero. Gesù è “nostro Signore e nostro Dio”. Il Dio che fuoriesce da Dio e viene a noi.
“Gesù gli disse: «Da tanto tempo io sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai dici: “Mostraci il Padre”?” (Giovanni 14:9). Queste parole sono state pronunciate dopo che Gesù aveva passato del tempo inginocchiato ed impegnato a lavare i piedi dei Suoi discepoli. Gesù ci ha chiesto di tenere i nostri occhi su di Lui, Gesù è il ritratto di Dio per noi. ” Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura” (Colossesi 1:15). Possiamo comprendere come sia Dio, quando guardiamo Gesù. “Poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Colossesi 2:9). “Egli, che è lo splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver egli stesso compiuto l’espiazione dei nostri peccati, si è posto a sedere alla destra della Maestà nell’alto dei cieli” (Ebrei 1:3). Possiamo conoscere la natura ed il cuore di Dio quando osserviamo la vita ed il carattere di Cristo.
Dio ha sofferto tramite Cristo sulla croce? Certo che sì. Poi c’è stata la sofferenza secondaria del Padre stesso. Dio non ha solo sofferto tramite il Figlio ma ha anche patito il dolore di un padre che testimonia il tormento terribile di Suo figlio. Dio soffre insieme a noi.
“Dio può evitare il male ma non vuole, e allora non è buono, oppure vorrebbe evitarlo ma non può, e allora non è onnipotente. Se Dio è buono e onnipotente il male non dovrebbe esistere”. (David Hume). Valutiamo questo punto di vista; se Dio fosse onnipotente dovrebbe avere il potere di togliere il male, se fosse buono dovrebbe desiderare di togliere il male, perciò il male non dovrebbe esistere. Ma il male esiste. Come si fa a conciliare questi concetti? Quale di questi tre fili di pensiero dovremmo accantonare? E’ ovvio che non è logicamente possibile sostenere tutti tre perché creerebbe una contraddizione. Parte del mondo panteista ha scelto di non considerare la conclusione finale di Hume sostenendo che il male non esiste perché tutto è uno; secondo loro il dualismo del bene e del male è un’illusione. Quel filo di pensiero non suddivide la realtà ma comprende che Dio sia l’universo nella sua totalità, pur non essendo nessuna delle cose in quanto da esse, tutto trascende; Dio è al tempo stesso in tutte le cose in quanto ragione di essere in ciascuna. Tutto è una cosa sola, La nostra individualità, e il classificare le cose come si fa con il bene e il male per loro è “maya” o un’illusione.
L’ateismo accantona le premesse che esista un Dio benevolo e onnipotente ma ammette l’esistenza del male, della sofferenza e del dolore. Di solito la conclusione alla quale si arriva seguendo questa logica è che data la presenza del male, Dio non esista.
Parte del mondo teista che segue il finitismo (atteggiamento estremo di costruttivismo) considerando Dio un essere finito, ha scelto di affermare che Dio sia buono ma non onnipotente; Dio desidera sradicare il male ma non ci riesce, anche se sta facendo del Suo meglio. Altri teisti hanno scelto di tralasciare la premessa che Dio sia buono sostenendo che Dio sia onnipotente e capace di sradicare il male se volesse ma non lo fa e per questo motivo lo odiano. Comprensibilmente sono persone in grande conflitto interiore con Dio.
La Bibbia invece sostiene tutte e tre le premesse: il male esiste, Dio è onnipotente, Egli è buono. Le Scritture ci incoraggiano ad affrontare questo tema senza scappatoie. Questi fatti dovrebbero essere causa di sconcerto e disturbo. La Bibbia è fonte di tanti esempi su come pregare ed esprimere il nostro disaccordo e ci mostra come incorporare questo tipo di dubbi provocatori, nella nostra spiritualità quotidiana. “Fino a quando, o Eterno, griderò, senza che tu mi dia ascolto?” Io grido a te: «Violenza!», ma tu non salvi. Perché mi fai vedere l’iniquità e mi fai guardare la perversità? Davanti a me stanno rapina e violenza, c’è contesa e cresce la discordia. Perciò la legge non ha forza e la giustizia non riesce ad affermarsi, perché l’empio raggira il giusto e la giustizia ne esce pervertita” (Abacuc 1:2-4). Il profeta stava chiedendo come mai Dio non intervenisse e fino a quando avrebbero dovuto aspettare. Da questi passi si evidenza la frustrazione che questo dilemma fa sorgere e si percepisce l’indirizzo verso una posizione teologica che potrebbe offrire alcune risposte. Il profeta Habacuc, come tanti altri profeti e autori del Vecchio Testamento, iniziò ad indicare il futuro. Non si limitò all’evento presente chiedendo il perché, ma si pose la domanda: “Signore, Fino a quando dovremmo aspettare?” Nel Nuovo Testamento c’è la “maràna tha” (“Signore vieni” in aramaico, una invocazione o formula di preghiera). “Sì, vieni, Signore Gesù” (Apocalisse 22:20). Comprendiamo che questo mondo non è affatto come Dio lo desideri, quindi la nostra preghiera potrebbe diventare: “Signore, sappiamo che metterai tutto a posto nel futuro, quindi la nostra domanda è: quanto dovremmo attendere prima che questo avvenga?”
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