Da “UNA VITA IRRELIGIOSA”. Una vita semplice parte 2

La storia che leggeremo a seguito viene raccontata nei vangeli di Matteo, Marco e Luca. E’ la storia del giovane ricco che si avvicinò a Gesù volendo sapere cosa doveva fare per ottenere la vita eterna. Il vangelo di Matteo 19:6 dice: “Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro buono, che devo fare di buono per avere la vita eterna?». (Relatore: Il giovane era religioso e desiderava sapere quali passi doveva fare per poter andare in Paradiso. Una domanda religiosa affascinante. Gesù cercò di allontanarlo dalla religione e d’indirizzarlo verso Se stesso.) Ed egli disse: «Perché mi chiami buono? (Gesù utilizzò quella domanda per fargli notare ciò che nel suo cuore lo stesse spingendo a rivolgersi a Lui. Gesù li chiese il perché fosse venuto da Lui sapendo che solo Dio fosse in grado di rispondere a quella domanda.) Nessuno è buono, se non uno solo, cioè: Dio. Ora, se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Egli gli disse: «Quali?». Gesù allora disse: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre e ama il tuo prossimo come te stesso». Quel giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza; che mi manca ancora?» (Relatore: Interessante, il giovane era assai soddisfatto del suo status religioso ma qualcosa gli mancava. Lui stava cercando di seguire il programma religioso ma sentiva ancora un vuoto interiore. L’attenersi a seguire soltanto delle regole religiose non era abbastanza e questo lui lo intuiva). Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».”. Il termine “perfetto” nel greco originale è “teleios” che significa “l’obbiettivo finale” o “il proposito per il quale facciamo tutto ciò che facciamo”. In altre parole, tutte le cose che sono create per raggiungere un certo scopo in greco si definiscono “teleios”. Il cellulare compie la funzione per cui è stato creato quando è fermo ma raggiunge il suo “teleios”, il suo obbiettivo finale quando squilla, premiamo il tasto per rispondere e dialoghiamo con la persona dall’altra parte della linea. In quel momento esso ha raggiunto lo status di “perfezione”. Gesù disse al giovane che ciò che stava facendo andava bene ma se desiderava raggiungere il suo obbiettivo finale, trovare il suo proposito e il suo vero scopo su questa terra doveva fare certi passi. Gesù lo mise davanti a delle scelte difficili e poi gli chiese di seguirLo. Notiamo che non si tratta di liberarci delle cose materiali solo per farlo ed obbedire ancora ad un altro comandamento. In questo caso Gesù aveva compreso che la dipendenza al materialismo del giovane lo stesse ostacolando e così gli propose di sbarazzarsene per poter seguirLo. Anche in questo caso l’atto che fu chiesto al giovane aveva come proposito l’avvicinarlo a Gesù che piano piano stava cercando di allontanarlo dalla religiosità cercando di aiutarlo a stabilire una connessione faccia a faccia e cuore a cuore con Lui stesso. Un’applicazione molto pratica e precisa nella vita di questa persona in particolare.
Prendendo spunto dal passo appena letto si potrebbe benissimo trasformare in un legalismo affermando che il primo passo da fare per seguire Gesù consiste sempre nel vendere tutto ciò che uno ha. Questo non sarebbe vero perché in altri capitoli nella Bibbia come nella storia di Zaccheo nel vangelo di Luca 19 scopriamo che lui scelse di dare via metà di tutti i suoi averi ai poveri e Gesù non lo rimproverò dicendo che avrebbe ottenuto la salvezza a metà, anzi lo incoraggiò dicendo che la salvezza fosse arrivata a casa sua. Gesù riconobbe che Zaccheo stava facendo del suo meglio secondo la sua fede. Quello era ciò che doveva fare per seguire Gesù. Perciò non bisogna diventare legalisti con nessuna di queste cose. E’ evidente anche che Gesù sfidava le persone in modi specifici, applicava la precisione senza il legalismo.
Per alcuni di noi forse questo rappresenta un buon punto di partenza. Non esiste uno standard unico che rappresenti il primo passo che bisogna fare per seguire Gesù. Il primo passo non è per forza rispondere ad una chiamata all’altare, fare la preghiera della salvezza, vendere tutto ciò che uno ha o comportarsi in un certo modo. La prima esperienza che uno ha con Dio può variare grandemente da persona a persona ma tutte quelle manifestazioni o espressioni dovrebbero riflettere qualcosa che discuteremo in seguito. Il vangelo di Marco 8:34, 35 dice: ” Poi chiamata a sé la folla con i suoi discepoli (Relatore: c’erano presenti sia i discepoli che la folla. Come nei nostri incontri ci sono persone che hanno scelto di seguire Gesù e altre che stanno investigando e considerando se per loro sia l’opzione giusta. Gesù chiamò a se tutti volendo che sentissero ciò che aveva da dire per aiutarli a decidere il prossimo passo da fare), disse loro: «Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua…” In altre parole, Gesù chiese loro di rinunciare a tutto ciò che ambivano, di prendere la croce sulle loro spalle, un simbolo di camminare verso la loro morte e poi di seguirLo. Il passo continua: ” perché chiunque vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e dell’evangelo, la salverà.. “ . Si doveva essere disposti a lasciare tutto per il messaggio radicale e irreligioso allontanandosi dai paradigmi particolari religiosi seguendo la Persona di Gesù, Dio venuto a noi. L’unico criterio da seguire come primo passo quando seguiamo Gesù consiste nel non considerare tutte le altre opzioni. Gesù è molto grafico e utilizzò l’immagine della crocifissione. E’ interessante perché in un certo senso è simile a ciò che accade quando una persona s’innamora. Quando le persone parlano d’innamorarsi si riferiscono allo spostamento dallo stato opzionale allo stato dove tutte le altre opzioni svaniscono nel cuore e la mente dell’individuo. Di solito quando uno dichiara d’essersi innamorato di qualcuno non continua a dire che sia aperto ad altre relazioni amorose. Ciò che Gesù ha detto corrisponde all’analogia dell’innamoramento, quando tutte le altre opzioni non contano e svaniscono. Gesù non sarebbe un fidanzato in più per noi ma il nostro tutto. Questo include in certi casi, anche rinunciare a dei piani della nostra vita perché Gesù ci ha chiesto di seguirLo.
Continuando con la storia del giovane ricco, il vangelo di Matteo 19:22,23 dice: “Ma il giovane, udito questo parlare, se ne andò rattristato, perché aveva molte ricchezze. Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli”. Gesù ha detto questo perché è vero, quando si ha tante ricchezze è una distrazione. In questo caso Gesù cercò d’aiutare quel giovane ma non ci riuscì perché le ricchezze erano troppo radicate nel suo cuore. Se quel giovane fosse stato povero e li fosse stato chiesto di rinunciare alle sue possessioni e di seguire Gesù pensate che avrebbe avuto difficoltà a decidere ciò che era giusto? Più ricchi si è e più grande è la distrazione. Conseguentemente seguire Gesù diventa davvero difficile. Non è impossibile ma è molto difficile. Il passo continua, Matteo 19:24: “…E ve lo ripeto: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»”. Ci fu un’interpretazione da parti di certi cerchi cristiani che diceva che “la cruna di un ago” in realtà fosse una porta così stretta nei muri di Gerusalemme che chi avesse un cammello carico, per attraversarla, doveva spogliarlo perché se no non passava. Detta interpretazione si è rivelata una bufala o una fake news. Gesù utilizzò quell’analogia per descrivere qualcosa d’impossibile. Matteo 19:25 : “All’udire ciò, i suoi discepoli, furono grandemente sbigottiti e dissero: «Chi dunque può essere salvato?». E Gesù fissando lo sguardo su di loro, disse: «Per gli uomini questo è impossibile, ma per Dio ogni cosa è possibile”. In altre parole, per chi è distratto dalle ricchezze e dal materialismo risulta quasi impossibile cercare allo stesso tempo di condurre una vita spirituale. Ma anche in uno scenario impossibile Dio può fare ogni cosa, per Dio ogni cosa è possibile. Dio ci può aiutare e forse uno dei modi in cui sceglierà di darci una mano è donandoci la forza interiore per liberarci dalle cose materiali nella nostra vita. Ad alcuni li verrà chiesto di rinunciare a tutto ad altri la metà o di meno ma ciò che importa è rinnovare e riorganizzare il modo in cui viviamo. Chiediamoci, la nostra vita è vissuta anche per il bene degli altri o soltanto per il beneficio della nostra propria crescita spirituale?
La prossima disciplina spirituale che discuteremo è la semplicità e come potremmo deliberatamente semplificare la nostra vita e allo stesso tempo vivere una generosità radicale e incarnata. La lettera agli Ebrei 13:3 dice: ” Ricordatevi dei carcerati come se foste loro compagni e di quelli che sono maltrattati, sapendo che anche voi siete nel corpo.” Il paradigma del Nuovo Testamento per affrontare qualsiasi dolore, miseria, malattia, morte, disastro fisico o finanziario, l’imprigionamento o qualsiasi altra cosa è quella di radunarsi con il corpo di credenti unendosi intorno a quel dolore cercando di affrontare insieme le difficoltà. Altre filosofie o fili di pensiero spingono le persone a staccarsi e sostengono che il miglior modo per affrontare i dolori è quello di allontanarsi da tutto e tutti. Il Nuovo Testamento insegna qualcosa di molto diverso, la spiritualità implacabile e relazionale di Gesù dice che se desideriamo avvicinarci a Dio dobbiamo avvicinarci ad altre persone nel mezzo delle loro gioie e dolori condividendoli insieme. Le Scritture ci chiedono di non pregare per le persone in prigione in modo distaccato ma di cercare di sentire ciò che essi sentono rendendoli onore. Gesù desidera che troviamo dei modi per sviluppare l’empatia nei confronti di altre persone. Dio attraverso Cristo s’incarnò e venne sulla terra per così sentire il dolore del mondo e farsi uno con noi. Dio non scelse di stare in una posizione distaccata cercando d’insegnarci dei principi per aiutarci ad avvicinarci a Lui ma scelse di avvicinarsi a noi per guarire le nostre ferite partendo dall’interno del nostro essere. Questo è il Dio di cui parla la Bibbia. Dio ci ha chiesto di fare lo stesso gli uni verso gli altri e ciò significa che la nostra generosità non dovrebbe limitarsi a donare qualcosa ad un certo progetto con scopo benefico ma dare in modo radicale al punto di sentire “dolore” nel farlo. Come potremo intervenire nella vita di una persona bisognosa al punto tale di sentirci anche noi poveri? Anche se all’ inizio faremo dei piccoli passi, può darsi che ci siano delle cose che vorremo fare ma non potremo perché avremo dato via troppo o forse ci saranno delle cose che vorremo fare o cose che vorremo acquistare ma non potremo per lo stesso motivo. In quel caso la generosità ci porterebbe al punto di esperimentare anche noi cosa significa non poter avere qualcosa e sarebbe una cosa intenzionale perché in realtà volendo uno potrebbe dare meno e continuare ad acquistare o fare ciò che vorrebbe. L’essere bisognosi non significa essere spirituali. Anche molte persone bisognose sono attaccate ai soldi e alle loro possessioni. Quando uno ha la possibilità di avere delle cose in più ma sceglie volontariamente di non averle scegliendo di mettere in pratica una generosità radicale per poter aiutare e benedire qualcun altro, quel momento rappresenta la prova di fuoco e di grande crescita spirituale.
a seguire parte 3