Da “UNA VITA IRRELIGIOSA”. Una vita semplice parte 1

Una volta guardai un film insieme a mia moglie in cui c’era una scena buffa nella quale il protagonista esclamava: “E’ solo un divano!!”. Da lì in poi l’abbiamo adottata utilizzandola a vicenda per ricordarci ogni volta che notiamo che stiamo diventando troppo attaccati alle cose materiali o troppo stressati riguardo un certo progetto o traguardo. Recitare quella frase ci aiuta a fermarci per un attimo e ricordare le cose che sono davvero importanti. La nostra cultura non appoggia ne vieta il vivere una vita dove si mettono in pratica delle discipline spirituali come il pregare o il meditare. Il problema si pone quando si cerca di mettere in atto uno stile di vita semplice perché ci saranno molti che cercheranno di convincerci che “non è solo un divano ma un super divano e che ne abbiamo assolutamente bisogno di uno nuovo!”. Decidere di non voler fare degli acquisti eccessivi significa allontanarsi dal messaggio con cui veniamo bombardati ogni giorno, ma per non esserne influenzati, bisognerebbe rafforzare la nostra forza interiore per poter scegliere uno stile di vita contro culturale e non dare retta al messaggio che ci viene dato.
In questa serie di studi stiamo approfondendo ciò che comprende una formazione spirituale cioè, non solo cercare di vivere come Gesù viveva, bensì lasciare che il nostro cuore sia conformi al cuore di Cristo e poter avere la Sua stessa disposizione verso gli altri, il Suo stesso atteggiamento verso il Padre, le Sue stesse emozioni e i Suoi stessi pensieri. Un’esperienza che parte dall’interno del nostro cuore e poi ci trasforma. Il mondo in cui viviamo cercherà sempre di farci indietreggiare riguardo alla nostra scelta di vivere con semplicità. Se non mettiamo in pratica questo principio, allora quest’area della nostra vita ci bloccherà e andremo fuori strada attratti dalla forza esercitata dalla nostra cultura. Si rischia di fare bene sotto molti aspetti e di peggiorare sotto questo aspetto. Richard Foster, teologo cristiano e autore di fama della tradizione quacchera disse: “L’obbiettivo del bombardamento dei media su di noi è quello di aumentare il nostro desiderio. Il piano del marketing è quello di tramutare pensieri del tipo: ‘Quel prodotto mi sembra troppo per le mie tasche’ in ‘farò in modo di averlo!’ Successivamente quel pensiero si trasforma in: ‘Ne ho proprio bisogno!’ per poi concludere con ‘Devo acquistarlo per forza!’ La cultura alla quale apparteniamo ci trasmette quel tipo d’informazione regolarmente con una forza, un impegno e un appoggio finanziario tale che non ha paragone con i messaggi di natura spirituale. Da questo punto di vista la linea di battaglia è chiara e vivere la vera controcultura del vangelo diventa proprio necessario.
In scala globale, vivere con semplicità è un bisogno per la sopravvivenza del nostro mondo”. Il nostro pianeta non è in grado di contenere o di sopravvivere all’avido consumo del mondo occidentale (circa il 12% della popolazione mondiale consuma il 60% delle risorse di questa terra).
Per il bene del pianeta il nostro obbiettivo non può limitarsi ad alzare il livello di vita di chi è svantaggiato per il semplice motivo che se anch’essi iniziassero a consumare delle risorse mondiali già limitate, le risorse finirebbero ancora più in fretta e ciò sarebbe un disastro per l’umanità. Gli scienziati hanno calcolato che in quel caso ci sarebbero voluti dieci anni per esaurire tutte le risorse a livello mondiale. Perciò si deve ammettere che il nostro obbiettivo per il bene del pianeta e per l’amore verso il prossimo non consiste soltanto in aiutare i bisognosi ma nel diminuire il nostro consumo. Se l’occidente accetterà questa sfida, si accorgerebbe che potrà vincerla, solo “crescendo spiritualmente”. Per quello che riguarda la nostra comunità di fede, ci dovremmo chiedere se siamo pronti a mettere in pratica non soltanto i principi che ci vengono facili (come la preghiera, la meditazione, il leggere e l’imparare delle cose belle contenute nella Bibbia ed a sperimentare l’emozione il sostegno di una fratellanza)ma anche a fare qualcosa di contro culturale come il vivere in semplicità poiché sappiamo che è la via più salutare sia per noi che per il nostro pianeta per avere un futuro più giusto e sano. Quando abbiamo i fondi e le risorse per acquistare qualcosa e diciamo di no, scegliendo invece d’investire quella somma nell’aiutare gli altri, ciò rappresenta un momento di crescita spirituale intensa. Io consiglierei a tutti noi di sbarazzarci da tutto ciò che ci trattiene o ci ostacola. Questo pensiero è tratto dalla Bibbia, cerchiamo d’essere determinati e focalizzati sulla persona di Gesù. Mettere in pratica questo principio non è limitato a qualcosa di natura religiosa, sappiamo bene che esistono diverse espressioni estreme di religiosità, si tratta invece di seguire Gesù con fervore. Cristo non è un semplice “condimento” nella nostra vita o un nostro guru di sostegno personale. Come si diventerebbe se si seguisse Gesù in maniera radicale? Si diventerebbe delle persone più compassionevoli, piu’ amorevoli e piu’ altruiste; avremmo migliorato negli aspetti spirituali che contano di più. Perciò, cerchiamo di liberarci da tutto ciò che ci ostacola dal focalizzarci su Gesù, l’Autore e il Compitore della nostra fede. (Lettera agli Ebrei 12:2).
Il problema si pone quando questo principio di liberarci di tutto ciò che ci ostacola rimane nella nostra mente come un mero concetto. Quando parliamo in termini generici sappiamo bene che dovremmo essere più semplici e rimuovere dalla nostra vita le cose che sono d’intralcio. I concetti sono facili da capire ma alla fine non sono di grande aiuto se non li colleghiamo e non li traduciamo in modi pratici nella nostra quotidianità. Le nostre vite non sono vissute in una realtà concettuale ma nella realtà delle scelte dettagliate che facciamo ogni giorno. Se non faccessimo il passo di collegare il concetto alla nostra realtà avremmo sempre dei problemi con la nostra connessione spirituale. La sfida consiste nel non limitarci ad insegnare soltanto dei concetti ma invece prenderl, cercando di applicarli a dei potenziali scenari che si potrebbero affrontare nelle scelte di natura pratica che facciamo sempre.
Qui spesso si presenta un secondo problema. L’ essere specifici potrebbe farci cadere nel legalismo. Quando diciamo a qualcuno: “Secondo me dovresti fare così…” si rischia che l’altra persona lo percepisca come una sorte di “legge”. Frasi del tipo: (“Me lo ha detto il pastore…”, “Penso che un vero cristiano non dovrebbe possedere quel tipo di mentalità “…., oppure; “Ho sentito dire che…”), potrebbero essere parole cariche di giudizio. Legalizzare l’aspetto pratico delle cose è sbagliato. Ci rendiamo conto che ciò accade spesso all’interno dei gruppi religiosi e perciò tendiamo sbagliando, a non essere specifici rimanendo nell’area della concettualità. Dovremmo sforzarci spiritualmente e osare ad essere precisi e di applicare ciò che si insegna se si desidera che ciò abbia rilevanza nella nostra vita. Ribadisco, precisi ma non legalisti. E’ importantissimo avere questo in mente quando dobbiamo affrontare questioni di natura pratica e precisa riguardo come gestire le nostre finanze e il rapporto che abbiamo con il materialismo nella nostra cultura. Non vorrei che diventassimo legalisti a causa di ciò che potremmo imparare da questo studio.
La Bibbia comunica in modi precisi e si prende quel rischio dando delle istruzioni specifiche e degli esempi pratici su come applicare i principi dell’amore che nascono dal cuore di Dio. La Bibbia ci dà delle regole e delle istruzioni precise e spesso ci fissiamo su di esse pensando che per forza dovremmo comportarci o fare esattamente ciò che l’esempio ci dice di fare mancando spesso il bersaglio. La Bibbia sin dal principio ci dà un ampio quadro che ci mostra il cuore d’amore di Dio e di amare il nostro prossimo come a noi stessi. Le Scritture prendono il concetto d’amare Dio con tutto il nostro cuore, tutta la nostra mente e tutta la nostra forza e poi lo traduce in migliaia di modi in cui potremmo applicarlo in modi specifici. Non dovremmo prendere quegli esempi facendoli diventare dei comandamenti o delle leggi.
Il libro di Levitico 19:9 dice che se uno ha un campo non dovrebbe mietere i margini, un comandamento dettato dalle Scritture. In altre parole, al momento della raccolta si dovrebbe mietere tutto tranne i margini su tutti i lati del campo lasciandoli incolti per permettere a chi è povero di prendere ciò di cui ha bisogno. Dio con questo comandamento stava cercando di assicurarsi che i bisognosi non fossero dimenticati e quindi rispondere alle loro necessità in modo pratico. Se dovessimo attenerci soltanto a seguire dei precetti contenuti nelle Scritture e di eseguire ciò che la legge ci comanda di fare dopo aver letto un versetto del genere potremmo concludere: “Io non ho un campo quindi, questo versetto non si applica a me perché è inteso per i contadini”. Un contadino moderno dopo la lettura dello stesso versetto potrebbe pensare: “Io ho un campo ma non ci sono così tante persone bisognose dalle mie parti che girano in campagna alla ricerca di qualcosa da mangiare. Perciò, questo versetto non si applica a me”. Entrambi ragionamenti non sarebbero giusti perché non avremmo capito che detto esempio rappresenti un’applicazione pratica di un principio di portata eterna. Se invece dopo aver letto un versetto di quel tipo prendessimo del tempo per chiederci come potremmo applicare il principio dietro quell’applicazione pratica specifica alla nostra vita in un contesto moderno, faremmo molto meglio. Cosa significa “non mietere i margini del nostro campo” in un contesto attuale dove i poveri si trovano più che altro all’interno delle grandi città? Cosa potremmo imparare dal principio di rendere onore agli emarginati e agli oppressi? Applicare delle scelte pratiche alla nostra vita nel settore degli affari e dei nostri mezzi di sostentamento assicurandoci di fare delle decisioni pratiche che benediranno i bisognosi sarebbe un ottimo modo di vivere il principio contenuto in quel versetto.
Visto che alcuni pensano che il discorso che abbiamo appena affrontato si applichi soltanto all’Antico Testamento e che si dovrebbe seguire il Nuovo Testamento alla lettera, di seguito discuteremo un passo dal Nuovo cercando d’applicare gli stessi principi. La prima lettera di Pietro 3:3 dice: “Il vostro ornamento non sia quello esteriore: intrecciare i capelli, portare i gioielli d’oro o indossare belle vesti”. Perciò, seguendo questo passo alla lettera in modo legalistico tutte le persone che indossano qualcosa d’oro, sono vestiti bene o portano degli indumenti non utili tipo una sciarpa o un cappello particolare o una cravatta o donne o uomini che si sono fatti delle trecce sarebbero “fuori strada”. Se questo stesso passo si leggesse invece cercando di capire il principio che c’è dietro, si comprenderebbe che si tratta di un’applicazione pratica alla vita quotidiana di quel tempo in un certo contesto culturale e indirizzata ad un certo gruppo di persone. Tutta un’altra cosa. La domanda che ci dovremmo porre dopo la lettura di quel versetto è: In quale modo potremmo applicare il principio della modestia e di non cercare d’attirare l’attenzione verso noi stessi in un contesto attuale? La risposta a quella domanda sarebbe ciò che dovremmo applicare alla nostra vita. Una verità che trascende qualsiasi cultura e che può essere un insegnamento applicabile in diversi contesti che va al di là degli esempi specifici citati. I nostri insegnamenti di natura spirituale devono osare di essere precisi se sono da considerarsi rilevanti. La nostra sfida è quella di essere precisi senza per questo diventare legalisti.
a seguire parte 2