Da ” Una vita irreligiosa”. Vetrate colorate parte 1.
Il più grave incidente occorso ad un sottomarino fino ad oggi è quello del Thresher. Il 10 aprile del 1963 il sottomarino nucleare aveva segnalato alcuni problemi tecnici minori prima di inabissarsi in pochi minuti durante una serie di test sulla navigazione in profondità. Impossibilitato a riemergere, il sommergibile in seguito affondò sotto il limite di rottura accartocciandosi ed implose per le eccessive pressioni assoluta negativa a cui fu sottoposto lo scafo, determinando la morte dei suoi 129 uomini di equipaggio. Dopo una vasta ricerca subacquea furono ritrovati solo dei frammenti dello scafo del Thresher a circa 2600 m sotto la superficie. I detriti si erano diffusi su un’area di circa 134 chilometri quadrati.
La storia di questo sommergibile rappresenta una buona illustrazione della pressione alla cui siamo sottoposti. La pressione è pericolosa, perché anche se si è in grado di resisterle, quando è troppa ci può schiacciare, come nel caso del sottomarino. Tutte le cose hanno un punto di rottura. Quando la pressione è troppa alcune persone scoppiano perdendo il controllo di loro stessi imbestialendosi. Altri invece implodono sprofondando nella depressione assoluta, isolandosi e perdendo la loro connessione con gli altri scegliendo di svanire nel nulla. Entrambi scelte sono lontane dal piano che Dio ha per noi.
L’incidente del sottomarino Thresher rappresenta una illustrazione metaforica di ciò che spesso dobbiamo combattere. In questo momento ci sono delle persone che devono affrontare delle situazioni tali che sentono come se il peso di tutto il mondo stesse sulle loro spalle e li schiacciasse. Se sentiamo che le cose non sono a posto in questo mondo, avete ragione. Siamo stati creati per vivere in un mondo perfetto frutto della Sua creazione e perciò siamo sempre alle prese con il senso di non accettare la pressione e l’ansia intorno a noi. Cosa dovremmo fare per sopravvivere in un ambiente del genere fino alla nostra redenzione?
E’ interessante sapere che qualche anno dopo fu inventata un’imbarcazione in grado di sommergersi a livelli di profondità assai superiori a quella del Thresher. Gli scienziati costruirono una palla d’acciaio spessa che fu sommersa con una corda anch’essa d’acciaio. Al suo interno c’era spazio per una sola persona. La palla d’acciaio aveva anche una finestra spessa di vetro tramite la quale lo scienziato era in grado d’osservare il fondo del mare. Ciò che la scienza scoprì fu affascinante: c’era della vita marina in fondo al mare. Quale tipo di pesce riesce a sopravvivere a simili profondità? Dei pesci che possiedono un’armatura forte in grado di sopportare la pressione dell’acqua? No, tutt’altro, i pesci dell’abisso sono dei pesci normali e bellissimi. Come mai riescono a sopravvivere sotto una pressione talmente grande? Grazie ad una uguale ed opposta pressione dell’acqua. Applicandolo a noi, invece di cercare di costruire un guscio esterno sempre più spesso per difenderci dalla pressione, dovremmo chiedere a Dio di aiutarci a rinforzare la nostra essenza interiore. Questo ci aiuterebbe a creare una forza uguale ed opposta che regolerebbe la pressione nella nostra vita. Il proposito delle diverse discipline spirituali non è quello d’aiutarci a sviluppare una pelle più spessa per sopravvivere, focalizzarci solo su quello ci farebbe diventare insensibili alle persone intorno a noi e non sarebbe salutare per le nostre relazioni. Lasciamo che Dio ci rinforzi partendo dal nostro cuore per poi esteriorizzarlo.
In questo studio approfondiremo la disciplina della meditazione. Queste discipline spirituali non sono da praticare in modo isolato e si complimentano a vicenda. La preghiera, la meditazione e il leggere le Scritture sono tutti diversi aspetti di ciò che potrebbe essere un’esperienza della nostra routine giornaliera. Analizzeremo ciò che comprende la meditazione in modo separato soltanto con il proposito di comprenderla meglio. Per esempio, se andiamo in palestra di solito si lavora su un gruppo di muscoli alla volta ma poi quando si gioca la partita si utilizzano tutti.
La religione di solito promuove lo sviluppare il guscio esterno e a concentrarsi sui limiti esterni per stabilire chi è dentro e chi è fuori. Invece d’invitare Dio ad occuparsi degli affari del cuore aiutando le persone a crescere, spesso in quei cerchi se qualcuno dà dimostrazioni di santità allora gli viene riconosciuto d’essere maturo spiritualmente soltanto perché fa delle cose giuste.
Sono cresciuto in una chiesa che ora è maturata molto da quando ero giovane. Se uno voleva diventare membro di quella chiesa in quel tempo bisognava firmare un patto dove si dichiarava di smettere di fumare, di bere, di ballare e di andare al cinema. Tale dichiarazione serviva per aiutare agli altri membri della chiesa a sentirsi al loro agio con quella persona. Il perimetro della nostra chiesa era molto ben definito e noi lo chiamavamo “santità”. Riflettendo, non so come ho fatto a sopravvivere tutti quegli anni…ma se ci penso bene lo so, era perché l’ingordigia non era vietata…stavo proprio bene anche spettegolando sugli altri, mamma mia. Eravamo grassi ma sobri.
Non dovremmo focalizzarci nel fare la guardia al perimetro, dovremmo invece lavorare sul nostro cuore; una formazione spirituale che parte dal nostro intimo e che poi si esteriorizza.
Kirkegaard, (1813-1855) il filosofo, teologo e scrittore danese riscontrò lo stesso problema con la chiesa di quel periodo. Lui disse che la chiesa le faceva ricordare i ragazzi nella scuola quando devono fare un compito di matematica e per farlo invece di risolvere il problema scelgono di copiare le soluzioni alla fine del loro testo scolastico. La chiesa ha acquisito una mentalità sbagliata di dover dare sempre delle risposte corrette. Kirkegaard ribadiva che in quel modo si perdesse il senso. Come si fa ad imparare la matematica? Non soltanto dando delle risposte giuste ma tramite il fare degli esercizi, a volte bene e a volte male ma in quel modo s’impara attraverso il processo della lavorazione sulla risoluzione del problema. La persona che studia e si esercita anche nel caso di non riuscire ad ottenere un ottimo voto nell’esame finale avrà imparato di più in confronto a chi si è limitato a copiare delle risposte superando l’esame e dando l’impressione d’essere intelligente, quando in realtà non lo è. In chiesa questo succede spesso, invece di percepire la difficoltà della nostra crescita come un modo per onorare Dio, ragioniamo male pensando che avere un’apparenza di fare tutto giusto sia il modo per poter essere classificati come “santi”. Noi onoriamo Dio tramite le difficoltà delle nostre vite con i nostri successi e con i nostri fallimenti.
Il proposito di studiare tutte queste discipline spirituali non è quello di poter finire questa serie, imparare a memoria tutto il processo, applicare tutte le discipline e dichiarare alla fine di finalmente essere in grado di onorare Dio perché viviamo uno stile di vita che lo compiace. Un genitore è felice nel vedere i loro figli applicare ciò che stanno imparando, bene o male, purché siano impegnati nella loro crescita. L’impegno che i figli mettono ad imparare ciò che i loro genitori stanno insegnando onora quest’ultimi come nient’altro. Anche noi onoriamo Dio mentre applichiamo ciò che stiamo imparando e cresciamo tramite questo processo.
Mentre leggiamo il primo capitolo del libro dei Salmi cerchiamo d’applicarlo a noi stessi rispecchiandoci nel testo, il capitolo dice: “Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, (Relatore: Nel versetto appena letto possiamo notare una sequenza: camminare, fermarsi e poi sedersi. In altre parole, mentre si cammina s’inizia ad andare fuori strada, successivamente ci si ferma smettendo di andare avanti rallentando la marcia e conseguentemente aprendo le porte a un input contrario alla chiamata che Dio ha per noi e per la nostra crescita. Alla fine si finisce per sedersi in compagnia degli schernitori perché ormai quel tipo di ambiente ci è comodo e s’inizia a deridere tutto ciò che fino a quel punto si ha imparato o costruito con l’aiuto di Dio) ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che fa prospererà”. (Salmi 1:1-3). Cosa significa “prosperare” in questo contesto? Ci sono tante persone che amano Dio e cercano d’applicare questi principi ma che devono affrontare molte difficoltà nelle loro vite. Da un punto di vista secolare prosperare significa che dall’apparenza tutto vada bene nella vita. Dal punto di vista di Cristo l’esteriorità non è il cuore della nostra esistenza. La prosperità e la crescita spirituale per Gesù si manifestano in una vita cambiata partendo prima dal nostro cuore e riflettendosi poi nelle nostre azioni. Infatti, uno potrebbe avere migliaia di problemi esterni ma continuare a “prosperare” nonostante tutto. Da un punto di vista esteriore Gesù non sembra aver avuto una vita di successo. Sappiamo che alla fine risorse e che tutto andò a finir bene ma il fatto rimane che Lui cercò di parlare agli altri dell’amore di Dio ed essi lo uccisero. La maggior parte dei primi cristiani dopo aver parlato della loro fede persero delle amicizie, delle famiglie furono separate, furono perseguitati e molti furono messi a morte. Secondo le Scritture questa persecuzione fu un’opportunità per i primi cristiani, in quanto li aiutò a prosperare in un cambiamento dall’interno che poi si esteriorizzò. Il primo capitolo del libro dei Salmi continua: “Non così sono gli empi; ma sono come pula che il vento disperde (Salmi 1:4)”. Gli empi non hanno la sostanza e perciò vengono facilmente spazzati via. Desideriamo essere il tipo di persona che medita e che è radicata come un albero in ciò che Dio ha da dirci dalle Scritture e particolarmente nella vita di Gesù. Ciò ci incoraggia ad andare oltre la semplice lettura della Bibbia cercando di connetterci alla Persona di Cristo e a non limitarci a leggere o a basarci soltanto sulle Scritture.
Se fossimo delle persone fissate solo sulla Bibbia potremmo considerarci dei farisei. Gesù li sfidò affermando che essi fossero radicati nelle Scritture ma che avessero dimenticato di mettersi in connessione con l’Autore. La Bibbia è stata disegnata per introdurci alla Persona che desidera comunicare con noi. Nel vangelo di Giovanni 5:39 Gesù disse ai farisei: “Voi investigate le Scritture, perché pensate di aver per mezzo di esse vita eterna; ed esse sono quelle che testimoniano di me. Ma voi non volete venire a me per avere la vita”. La vita eterna non si ottiene attraverso un testo. Il nostro desiderio è che possiamo applicare la disciplina della meditazione ogni volta che apriamo la Bibbia. Perciò, il dunque non consiste in fare la preghiera della salvezza, dedicarci a Cristo e poi limitarci ad imparare delle lezioni dalle Scritture e basta. Ogni volta che apriamo la Bibbia dovremmo imparare e studiare il testo ma poi andare oltre cercando di ricongiungerci con la Persona della quale le Scritture ci parlano.
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