Dalla serie “UNA VITA IRRELIGIOSA”. Mangiare le Scritture parte 2
Gesù ci ha chiesto di utilizzare le Scritture per venire a Lui.
N.T. Wright, teologo di fama mondiale scrisse: “Non riesco a concepire la mia comunione giornaliera con Dio senza le Scritture al centro”. Anch’io la penso così, cioè, sia che si tratti di preghiera, di meditazione o di qualsiasi momento faccia a faccia con Dio, le Scritture diventano il punto d’incontro attorno al quale lasciamo che Lui stabilisca il programma; le Scritture servono anche come protezione salvaguardandoci dai nostri programmi di natura egoista.
Se il proposito di leggere le Scritture non è quello di concentrarci sulle dottrine ma piuttosto d’essere formati spiritualmente e di cambiare, qual è il modo giusto di farlo? L’Antico Testamento ed il Nuovo Testamento parlano di un modo in cui possiamo invitare la Parola di Dio a penetrarci ed a diventare parte di noi piuttosto che solo leggerla per aumentare la nostra conoscenza. La Bibbia ci incoraggia a “mangiare i testi” e ad “assimilare” i concetti all’interno del nostro essere facendoli diventare parte di noi stessi e poi ci incoraggia a mettere in pratica questi concetti, nelle nostre relazioni con gli altri. Il libro di Geremia 15:16 dice: “Appena ho trovato le tue parole, le ho divorate; la tua parola è stata per me la gioia e l’allegrezza del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, o Eterno, DIO degli eserciti.” Il libro di Ezechiele 3:1 dice: “Quindi mi disse: Figlio d’uomo, mangia ciò che tu trovi; mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele”. Se il nostro compito consiste in dover proclamare un certo messaggio agli altri, allora dovremmo per prima cosa assicurarci d’averlo assimilato noi stessi, d’averlo digerito bene e d’averlo fatto diventare parte del nostro essere. Specialmente se desideriamo trasmettere questo messaggio agli altri dovremmo imparare a “mangiare”. Il capitolo continua: “Così io aprii la bocca e Lui mi fece mangiare quel rotolo. Poi mi disse: «Figlio d’uomo, ciba il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti do». Così io lo mangiai e fu nella mia bocca dolce come il miele” (Ezechiele 3:2,3). Nel capitolo 10 dell’Apocalisse l’apostolo Giovanni descrisse la visione di un angelo gigantesco che gli mostrò delle cose incredibili. Quando l’apostolo espresse il desiderio di scrivere ciò che stava vedendo, Dio gli disse di non farlo chiedendo a Giovanni d’ingerire il concetto piuttosto che metterlo per scritto per poi tramandarlo agli altri. “Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo e disse: «Va’, prendi il libretto aperto, che si trova nella mano dell’angelo che sta sul mare e sulla terra». Io allora andai dall’angelo, dicendogli: «Dammi il libretto». Ed egli mi disse: «Prendi e divoralo ed esso renderà amare le tue viscere, ma nella tua bocca sarà dolce come miele». Così presi il libretto dalla mano dell’angelo e lo divorai, e mi fu dolce in bocca come miele; ma dopo che l’ebbi divorato, le mie viscere divennero amare. Quindi egli mi disse: «Tu devi profetizzare ancora intorno a molti popoli, nazioni, lingue e re»” (Apocalisse 10:8-11). Qualcosa di faticoso fu aggiunto a questa esperienza a differenza dell’esperienza del profeta Ezechiele perché non fu solo dolce come il miele ma divenne amaro nelle viscere. Il simbolismo sembra essere che le Scritture sono dolci quando vengono ingerite, ma se sono trattenute nel nostro interno marciscono. Il messaggio contenuto nella Bibbia non è mai stato concepito come informazione da tenersi per se. Qualsiasi analogia messa sotto analisi non regge e anche questa se viene troppo approfondita non dice esattamente come dovrebbe “uscire” il messaggio, dice semplicemente che l’apostolo dovette andare a profetizzare. Il punto è che il messaggio non è stato concepito per essere trattenuto. L’apostolo Giovanni ci dice che prima di proclamare un messaggio il primo passo da fare consiste in ingerirlo e metabolizzarlo noi stessi. Ovviamente il messaggio non dovrebbe rimanere fermo dentro di noi e basta. Eugene Peterson, studioso, scrittore e poeta disse: “Mangiare un libro significa riuscire ad “ingerire” o metabolizzare un concetto fino a penetrare il tessuto corporeo delle nostre vite. I lettori diventano ciò che leggono quando il messaggio delle Sacre Scritture viene interiorizzato. Un’altra delle sue citazioni dice: “I cristiani trovano sostentamento nelle Scritture. Le Sacre Scritture nutrono la sacra comunità come il cibo nutre il corpo umano. I cristiani non dovrebbero limitarsi ad imparare, studiare o ad utilizzare le Scritture ma ad assimilarle facendole diventare parte della nostra vita. Dovremmo metabolizzarla in atti d’amore, bicchieri d’acqua fresca, missioni in tutto il mondo, guarigioni, evangelismo e azioni del genere.” Queste citazioni provengono dal suo libro “Eat this book”, (“Mangia questo libro”).
Approfondiamo alcuni modi pratici su come leggere la Bibbia con il proposito di crescere e formarci spiritualmente. Spero che possiamo implementare da subito questi principi su come leggere la Bibbia, su come approcciare il testo lasciando che certi misteri rimangano dei misteri e su come trovare delle risposte ai nostri interrogativi. I seguenti, non sono dei dogmi assoluti da fare. Sono solo delle idee che potrebbero assisterci nel “mangiare la parola”, provenienti da una tradizione antica di centinaia d’anni fa chiamata “lectio divina”. Noi facciamo parte di un modo d’approcciare le Scritture che la chiesa ha utilizzato per generazioni. La lectio divina è un modo tradizionale di pregare la Bibbia codificato, scritto e solidificato nel secolo XII. In quel periodo furono individuate le quattro tappe più importanti della lettura biblica:
– lectio (lettura). Si comincia con la lettura di un brano breve della Bibbia lentamente e con attenzione (scrutatio).
– la meditatio (meditazione). Durante questa tappa si riflette sul testo scelto e si ha un momento di comunicazione faccia a faccia con Dio.
– la oratio (preghiera), cioè il momento di pregare su ispirazione della nostra riflessione sul brano letto.
– la contemplatio cioè la contemplazione, in silenzio. Una volta che si chiude il libro si riflette su come mettere in pratica quel tipo di mentalità nel quotidiano e su come fare per invitare Dio ad essere partecipe nella nostra vita. Contemplare il testo in questo senso è permettere che il messaggio appena letto prenda piede in noi e abbia un’influenza sulle decisioni che dovremo prendere.
Una cosa da tenere in mente quando leggiamo le Scritture è capire bene il contesto. Il contesto di cui stiamo parlando non si riferisce solo ai versetti o ai capitoli prima e dopo la Scrittura che si stia approfondendo ma alla metanarrativa. Il contesto per qualsiasi cosa che leggiamo consiste nell’ avere una conoscenza onnicomprensiva o complessiva della storia che si sta approfondendo. La storia completa. Qualsiasi versetto o Scrittura che leggiamo potrebbe essere la risposta ad un quesito formulato centinaia d’anni prima in un altro libro della Bibbia. Quando conosciamo bene la storia che c’è dietro, capire il contesto ci aiuta ad incastrare insieme i capitoli o i versi e dare ad essi il giusto significato.
Ma come fa una persona normale a sapere tutto quanto? Come si fa a capire sempre tutto il contesto di tutto? La verità è che non saremmo mai all’altezza, Dio lo sà. Tutto ciò che Dio ha creato è stato concepito con il proposito di avvicinarci gli uni agli altri, alle relazioni. Questa è la spiritualità relazionale implacabile di Gesù. Gesù ci ha sempre guidato sia in direzione trasversale (verso Dio) che longitudinale (verso gli altri) aiutandoci a crescere e a sviluppare spiritualmente le nostre relazioni. La Bibbia è stata concepita in modo che l’intero percorso della nostra vita fosse sperimentato in comunità dove possiamo imparare costantemente da altri fratelli, sorelle, insegnanti , etc. Durante i momenti di lettura della Bibbia Lui è presente e possiamo chiederGli di guidarci. Poi mentre leggiamo possiamo cercare di utilizzare il potere della nostra immaginazione per visualizzare e “vivere” ciò che stiamo leggendo invece di limitarci a leggere in modo distaccato. Sarebbe ottimo riuscire a “rinfrescare il testo”. Mi spiego meglio: le storie e gli eventi che leggiamo nella Bibbia una volta erano “freschi” perché erano accaduti da poco e si potevano percepire in più di una dimensione; si potevano vedere, sentire, odorare e sperimentare in prima persona. Sono state delle esperienze empiriche che facevano sì che chi le testimoniasse le potesse ricordare con facilità. Perciò, se ci limitiamo a leggere e basta, il nutrimento e la sostanza ci sono ma ciò che manca è il contesto; la versione in carne ed ossa di ciò che successe. Perciò dovremmo lasciare che lo Spirito Santo, (lo stesso Spirito che era presente in quei giorni e che ora si trova dentro di noi) ci aiuti a “rinfrescare” il testo aiutandoci a sperimentare in prima persona tramite una connessione vivida mentale ciò che è accaduto nei tempi biblici e così farlo diventare una realtà pratica. Quindi, leggiamo le Scritture non solo per acquisire una conoscenza mentale ma per rinfrescarci e sperimentare nelle nostre menti ciò che è accaduto in modo personale. Poi sarebbe molto buono prendere del tempo per pregare e dialogare con Dio mentre si legge facendo delle pause durante la lettura; una specie di preghiera conversazionale con Dio. In seguito meditare sarebbe il prossimo passo da fare. Prendere del tempo per visualizzare e chiedere a Gesù di mostraci come applicare ciò che stiamo leggendo a noi stessi; in quali modi dovremmo cambiare e in quale modo cambierebbe la nostra vita se questa settimana iniziassimo a vivere ciò che abbiamo appena imparato dal testo. Questa è la parte più importante del tempo che impieghiamo a studiare le Scritture. Quando chiudiamo il libro e finiamo di leggere è quando si vede se ciò che abbiamo appena letto è rimasto classificato come mera informazione di natura mentale utile a vincere dei dibattiti o se invece lasceremo che la nostra vita sia modellata in modo olistico. Quando smettiamo di leggere cerchiamo di portare con noi ciò che abbiamo imparato chiedendo a Dio di mostrarci chi diventeremo se dichiariamo d’essere d’accordo e di applicare ciò che leggiamo. Dovremmo cercare d’invitare Dio ad essere il nostro compagno durante la nostra giornata.
A Seguire parte 3
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